Israele-Iran: le conseguenze umanitarie

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  Anna Pasquetto
  02 luglio 2025
  7 minuti, 15 secondi

L’origine della rivalità

L’antagonismo tra i due paesi mediorientali presenta radici profonde risalenti alla Rivoluzione islamica del 1979 in Iran, da cui scaturì una netta posizione anti-israeliana e il sostegno a gruppi armati come Hamas e Hezbollah. In risposta, Israele si pose l’obiettivo di contenere l’influenza iraniana nella regione, concentrandosi in particolare sul programma nucleare, considerato una minaccia.

Negli anni il clima non si è mitigato: al contrario, dal 2023 gli scontri sono aumentati a causa della partecipazione dell'Iran nel conflitto in Siria e del suo sostegno a gruppi armati anche nel contesto dell’attacco del 7 ottobre nel conflitto israelo-palestinese.

L’escalation della rivalità non solo mette a rischio i diritti dei civili coinvolti, ma anche la sicurezza nazionale e internazionale, rendendo chiare le cause dell'ultimo evento che ha sconvolto il Medio Oriente e il mondo intero.

Cosa è successo il 13 giugno

Il casus belli della recente guerra si ritrova proprio nella volontà di Israele e degli Stati Uniti di frenare l’ambizione nucleare iraniana, il cui programma era da loro definito come ‘’punto di non ritorno’’ nello sviluppo da parte dell'Iran di armi nucleari, parallelamente all'intento delle due potenze di cambiare il regime iraniano.

Mentre Teheran insiste sul carattere pacifico del proprio programma, Israele e i suoi alleati lo considerano una copertura per lo sviluppo di armamenti, sospetto acuitosi quando l’Iran ha messo in discussione la propria adesione al Trattato di non proliferazione nucleare, volto a prevenire la diffusione di armi nucleari, a seguito della decisione del parlamento di sospendere la collaborazione con l'Agenzia internazionale per l'energia atomica.

Passerà alla storia come la ‘‘guerra dei 12 giorni" ed è terminata con il cessate il fuoco ufficiale, inizialmente non rispettato, il 24 giugno scorso. Si tratta di una tregua raggiunta velocemente per diversi fattori, tra cui la mediazione del Qatar, la minaccia statunitense di colpire l’ayatollah iraniano Khamenei e il ridotto arsenale militare del paese islamico.

Dalle dichiarazioni successive al cessate il fuoco, il presidente americano si dice certo che l’Iran abbia esaurito le sue capacità nucleari e non ricostruirà mai il suo programma nucleare, auspicando di costringere Teheran a firmare un accordo che sancisca la rinuncia definitiva all’atomica a fini militari.

"Il raid a Fordow ha messo fine alla guerra, essenzialmente è stata la stessa cosa di Hiroshima e Nagasaki", ha dichiarato Trump dopo i bombardamenti americani su tre siti nucleari iraniani.

Netanyahu si esprime anche in favore della guerra a Gaza, sottolineando gli effetti positivi che il conflitto con l'Iran avrebbe prodotto su quel fronte: l’abbattimento di una delle principali potenze islamiche comporta, a suo avviso, il crollo dei sostegni ad Hamas e il rilascio degli ostaggi.

In questa guerra, tutti sono vincitori: Trump si è definito ‘’salvatore della pace in Medio Oriente’’, Netanyahu celebra la fine della minaccia atomica iraniana, mentre Khamenei, guida suprema della Repubblica islamica, rivendica con fierezza il valore della resistenza. Hanno vinto tutti, tranne le oltre 600 vittime civili dei bombardamenti.

I dati umanitari

In conflitti di portata così ampia è fondamentale non ignorare le conseguenze umanitarie, analizzando i numeri delle vittime civili e le violazioni dei diritti umani, garantiti da strumenti come il diritto internazionale umanitario (DIU).

Tale branca del diritto interviene regolando le ostilità per proteggere i civili, stabilendo che essi non devono mai essere presi di mira direttamente e che devono essere garantiti gli aiuti umanitari. Inoltre, sottolinea che i prigionieri devono essere trattati con dignità. La violazione di queste regole costituisce un crimine di guerra e, secondo il diritto internazionale, sia gli attacchi israeliani che quelli statunitensi contro l'Iran sono illegali, sebbene i due li definiscano ‘’operazioni di sicurezza’’.

All'attacco israeliano, Teheran ha risposto con oltre 150 missili balistici e più di 100 droni kamikaze: i suoi obiettivi erano città come Tel Aviv, Haifa, Beersheba e Gerusalemme.

La violazione dei diritti umani coinvolge anche le regioni limitrofe colpite dal conflitto, quali Gaza, Libano e Siria, dove la popolazione civile ha subito gravi sofferenze a causa di bombardamenti e attacchi di rappresaglia condotti con droni.

Secondo le autorità iraniane, almeno 400 persone sono state uccise all’inizio delle ostilità e circa 3.056 sono i feriti, ma le organizzazioni umanitarie stimano cifre più alte. Si tratta di vittime civili: tra gli obiettivi principali rientrano le università, i palazzi residenziali e gli ospedali, oltre che gli alti gradi di forze armate e gli scienziati attivi nel programma nucleare.

Questo conflitto ha di fatto causato almeno 974 morti e 3.458 feriti in Iran, secondo l'organizzazione Human Rights Activists.

Le fonti mediche israeliane contano invece circa 28 morti e oltre 3.000 feriti.

Inoltre, la violenza ha provocato migliaia di sfollati. Come evidenziato nel rapporto Global Trends 2024 pubblicato dall'UNHCR, l'Iran è oggi il Paese che ospita il maggior numero di rifugiati al mondo: circa 3,5 milioni provengono dall'Afghanistan, seguiti da Siria e Libano. Sfollati da precedenti conflitti, questi si trovano ora a condividere i flussi con cittadini iraniani in fuga verso zone interne lontane dagli obiettivi israeliani, in attesa di una de-escalation, oppure oltre i confini, verso Turchia, Iraq, Armenia e Azerbaigian, ai quali si chiede di rispettare il principio di non respingimento e garantire accesso umanitario.

A scatenare l’allarme è la minaccia del nucleare: colpire gli impianti nucleari non esclude una possibile ricaduta radioattiva. Di fatto un attacco ben riuscito potrebbe liberare contaminanti che creerebbero non solo un trauma regionale, ma una crisi ambientale, umanitaria e sanitaria globale destinata a protrarsi per generazioni. Un simile scenario, oltre ad essere inquietante, risulta espressamente vietato dalle Convenzioni di Ginevra del 1949.

I principali obiettivi colpiti e danneggiati hanno interessato la città di Isfahan, dove si trovano un impianto di conversione dell’uranio e uno di lavorazione dei metalli, il sito del reattore di Khondab ad Arak sebbene non operativo, e la centrale nucleare di Bushehr, che resta tuttora funzionante.

Il Segretario Generale dell’ONU, António Guterres, ha invocato unità all'interno del Consiglio di sicurezza e adesione alla Carta delle Nazioni Unite, esortando entrambe le parti a dare una possibilità alla diplomazia e ribadendo la necessità di una piena cooperazione iraniana con l'organismo di controllo nucleare delle Nazioni Unite, l'AIEA.

Ulteriore elemento di aggravamento del conflitto sono i Territori Palestinesi Occupati. La speranza è che il cessate il fuoco venga esteso anche a Gaza, dove il bilancio complessivo aggiornato agli ultimi giorni ammonta a 56.156 morti e 132.239 feriti, di cui 5.401 vittime e 18.060 feriti solo da marzo.

Nonostante la chiusura del fronte iraniano, Israele sta proseguendo la guerra nella Striscia di Gaza e non sembra intenzionato a chiudere il conflitto in tempi brevi.

Secondo i dati pubblicati dal Ministero della Salute della Striscia di Gaza, controllata da Hamas, 516 persone in cerca di razioni alimentari sono state uccise da colpi d'arma da fuoco o granate israeliane mentre erano in fila presso la Gaza Humanitarian Foundation (GHF), l'appaltatore statunitense nominato da Israele il mese scorso per sostituire le Nazioni Unite e le agenzie internazionali nella distribuzione degli aiuti, a seguito del blocco imposto.

Questi siti di distribuzione si configurano come una vera e propria ‘’militarizzazione’’ degli aiuti alimentari, una pratica che costituisce a tutti gli effetti un crimine di guerra.

Israele è attualmente accusato di genocidio presso la Corte internazionale di giustizia per le sue azioni a Gaza, mentre la Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto nei confronti del primo ministro Benjamin Netanyahu per presunti crimini di guerra e crimini contro l'umanità.

E l’UE?

Il Consiglio europeo si è riunito il 26 giugno per redigere una bozza di documento su Gaza e Medio Oriente, condannando la drammatica situazione umanitaria a Gaza e in Iran, chiedendo un cessate il fuoco e invitando Israele a revocare il blocco su Gaza per consentire l’accesso degli aiuti umanitari.

Nello specifico, l’Unione europea si concentra su quelle che saranno le conseguenze migratorie dei conflitti che stanno distruggendo il Medio Oriente, in particolare il potenziale esodo di un gran numero di rifugiati iraniani, e sul legame UE-Turchia.

L'Unione europea rimane fermamente impegnata a favore di una pace duratura basata sulla soluzione dei due Stati, e conferma la propria posizione contraria al programma nucleare iraniano, richiamando Teheran al rispetto del Trattato di non proliferazione. Parallelamente, l’UE intende sostenere ogni sforzo diplomatico volto a ridurre le tensioni e giungere a una soluzione negoziata della questione nucleare.

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Anna Pasquetto

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Diritti Umani

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Iran Gaza Middle East Israel Nuclear