La Cina sembra mantenere un dominio nelle esportazioni delle auto elettriche, nonostante i dazi doganali europei

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  Antonella Franzelli
  05 marzo 2025
  3 minuti, 39 secondi

Lo scorso 4 ottobre, i Paesi europei si sono ritrovati a votare in merito all’aumento delle tariffe legate all’acquisto di auto elettriche di produzione cinese. In assenza di una maggioranza qualificata, con Germania, Ungheria, Malta, Slovenia, Slovacchia contrari e altri 12 Paesi astenuti (tra cui Spagna, Svezia, Finlandia, Lussemburgo e Portogallo), la presidente von der Leyen ha però poi sciolto l’impasse esercitando il potere esclusivo della Commissione in materia di politica commerciale. Di conseguenza, dal 31 ottobre sono
entrati in vigore i nuovi dazi all’importazione dei veicoli green del gigante asiatico, che resteranno attivi per cinque anni.

L’imposizione di questa linea anti-Cina è arrivata alla fine di un anno di indagine antisovvenzioni sui veicoli elettrici a batteria cinesi commercializzati sul mercato europeo. L’inchiesta, aperta formalmente dalla Commissione il 13 settembre 2023 nel tentativo di proteggere il mercato unico da possibili distorsioni interne svantaggiose per i produttori europei, era nata dal sospetto che la competitività delle auto cinesi fosse attribuibile al loro prezzo mantenuto artificialmente basso grazie a un’ingente quota di sussidi concessi dall’alto della dirigenza del Partito.

Con le nuove tariffe, che sono andate a sommarsi a quelle già esistenti del 10% e che comunque sono state diversificate per le diverse case automobilistiche, acquistare veicoli cinesi alimentati a elettricità può costare oggi fino al 45% in più. Come previsto, il nuovo provvedimento della Commissione ha inizialmente causato un brusco calo nelle vendite di veicoli alimentati da batterie elettriche. A riprova di ciò, a ottobre è stata registrata una diminuzione del 40%, mentre a novembre è stato acquistato un quarto delle macchine elettriche rispetto all’anno prima. Tuttavia, a sorpresa, i dati pubblicati dalla China’s General Administration of Customs mostrano che, nel mese di dicembre 2024 sono stati venduti ai Paesi europei 32849 veicoli elettrici cinesi: un aumento delle esportazioni pari all’8.3% se confrontato con lo stesso periodo del 2023.

La Cina non solo è in vetta alla classifica mondiale per numero di macchine esportate, avendo declassato al secondo posto il Giappone nel 2023, ma secondo il South China Morning Post sarebbe anche destinata a mantenere il podio di principale esportatore di auto elettriche nel 2025, primato che detiene dopo aver scavalcato la Germania nell’anno appena trascorso. Secondo una previsione di Hua Chuang Securities, per il 2025 le spedizioni di macchine prodotte e assemblate in Cina potrebbero superare una cifra pari a 5,58 milioni di unità, segnando un incremento del 14% rispetto al 2024.

Per Pechino, l’accesso ai mercati internazionali è fondamentale, perché le permette di ridurre la propria sovraccapacità produttiva dell’industria automobilistica. I grandi investimenti governativi nella produzione di veicoli elettrici hanno infatti fornito lo stimolo per l'ingresso di molti attori in questo specifico mercato. Non solo sono nate compagnie specializzate nella tecnologia green, come la famosa BYD, ma anche case automobilistiche tradizionali, statali e non, hanno dedicato parte della loro produzione all’elettrico. Ricordiamo, inoltre, che aziende specializzate in altri settori, come nel caso di Huawei e di Xiaomi, hanno deciso di creare i propri modelli di auto elettrica. Per questa ragione, quindi, la Cina, non potendo assorbire a livello domestico l’offerta, non sembra avere intenzione di rinunciare ai propri affari con i Paesi europei nel settore dell’automotive. Al contrario, molte case automobilistiche stanno mettendo in campo delle strategie per stemperare, aggirare o rispondere all’impatto negativo dei dazi. SAIC Motor, ad esempio, sta diversificando la propria produzione introducendo anche modelli ibridi, essendo quest’ultimi esenti dalle tariffe. Geely Automobile Holdings, il secondo maggiore produttore di macchine cinesi, è invece convinto che le tariffe del 18,8% imposte da Bruxelles non ostacoleranno le sue vendite sul mercato globale, che addirittura supereranno quelle del 2024. Per questo motivo, punta invece su una strategia asset-light che mira a costruire delle partnership con attori locali.

Sarà quindi interessante e utile monitorare l’evoluzione delle conseguenze delle barriere tariffarie imposte dall’UE e gli esiti delle strategie di risposta delle aziende automobilistiche cinesi.

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Antonella Franzelli

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Asia Orientale

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