La decarbonizzazione è troppo costosa?

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  Redazione
  03 ottobre 2022
  8 minuti, 35 secondi

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, membro del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

L’umanità è stata storicamente sensibile alla gestione e utilizzazione serena e proficua delle risorse e beni ambientali di questa terra. Molto cambia nel secondo dopoguerra con la nascita dei primi movimenti ambientalisti di massa. Da allora si è detto, scritto e comunicato davvero di tutto, colorando la comunicazione e la pubblicistica di opinioni e posizioni fortemente condizionate e spesso artefatte dalle più varie tendenze e ideologie politiche, comprese quelle estremistiche.

Sul tema attualissimo del contrasto ai cambiamenti climatici, le tre narrative più diffuse sostengono, il più delle volte in termini apocalittici, che la transizione verso le energie rinnovabili determinano un aumento delle bollette delle famiglie, comportano enormi quantità di ausili finanziari governativi e determinano disoccupazione a sei cifre un po’ dovunque.

Per fortuna, queste tre posizioni e preoccupazioni sono tutte false.

Nel mondo, negli ultimi 40 anni, sono documentabili quei casi nei quali i governi europei maggiormente illuminati (Francia, Paesi scandinavi ed altri) hanno proficuamente utilizzato importanti investimenti pubblici. Seguendo un severo sistema di regolamentazione essi hanno aumentato in tempi rapidi la diffusione nel territorio di impianti e tecnologie in campo energetico da applicarsi nel contesto delle fonti rinnovabili come, ad esempio, i pannelli solari e le turbine eoliche.

Si è scoperto che l'approccio tradizionale alla politica energetica – come, ad esempio, la semplice effettuazione ed elaborazione delle analisi costi-benefici – tendeva a impedire l'introduzione nel mercato delle energie rinnovabili perché identificava erroneamente il sistema economico tradizionale come qualcosa di statico capace di funzionare sempre in modo ottimale.

La necessità di un'azione urgente e su larga scala sul cambiamento climatico si basa sulla grave entità del rischio climatico, sulla necessità di ridurre molto rapidamente le polluzioni atmosferiche nocive e sul dato di fatto che esiste una reale opportunità di creare una nuova, attraente e più proficua forma di crescita e sviluppo delle popolazioni e del territorio mondiale.

L'analisi deve basarsi su un approccio dinamico e positivo all'economia delle politiche pubbliche e investimenti privati, ambientato in un mondo da considerare virtualmente complesso, imperfetto e pertanto incerto.

L'economia relativa al cambiamento climatico deve cambiare per rispondere alla sfida di come promuovere una rapida trasformazione. È tempo che anche l'economia e gli economisti si facciano avanti come in piccola parte stanno già facendo. Questa prospettiva presuppone che la grande politica possa fare ben poco per sconvolgere la struttura dei mercati oggi esistenti.

L'ascesa fulminea di settori completamente nuovi nell'ultimo decennio, come il mercato globale dei veicoli elettrici e l'eolico offshore, dimostra che la politica può invece effettivamente guidare i cambiamenti radicali che occorrono in questa fase storica di cambiamento dell’ordine energetico mondiale.

Per tali ragioni è tempo di sfatare le principali falsità che cercano in tutti i modi di frenare la dipartita dai combustibili fossili.

Nei tre casi citati si tratta di falsità eclatanti:

Uno: la decarbonizzazione renderà l'elettricità troppo costosa

Per decarbonizzazione s’intende la riduzione della produzione e polluzione nell’atmosfera di anidride carbonica (CO2), portandola in prospettiva fino alle emissioni pari a zero

È dimostrabile che il sovvenzionamento della tecnologia a bassa emissione di anidride carbonica (CO2) è un investimento valido nella sua progettazione e dal rendimento proficuo. Giammai un costo. È stato anche stabilito che gli investimenti nell’economia climatica possa avere un potenziale ritorno economico globale di ben 12 trilioni di dollari.

Le politiche governative, come l'offerta di sovvenzioni alle aziende ai fini della ricerca e lo sviluppo che sperimentano (ad esempio) batterie più capaci e potenti oppure migliori garanzie sui prestiti per le imprese che sviluppano tecnologie più pulite, avanzate e rischiose, come l'energia solare concentrata, creano un ulteriore incentivo per le aziende private a investire anche in nuove iniziative in questo stesso indirizzo imprenditoriale.

I sistemi a concentrazione solare permettono di convertire l'energia solare in energia termica sfruttando la riflessione dei raggi solari ottenuta attraverso superfici riflettenti (sostanzialmente degli specchi), per concentrarla su un unico ricevitore (caldaia di sale fuso) di dimensioni contenute. Il calore così ottenuto viene convertito in energia meccanica tramite un motore termico al cui asse motore è collegato al secondo asse di un generatore di elettricità.

Al termine di questo processo produttivo gli investimenti creano un reale punto di svolta nel mercato in quanto la scelta naturale degli investitori o dei consumatori si sposta da una tecnologia dominante come i combustibili fossili a una emergente e innovativa come l'energia rinnovabile: si scopre che quest'ultima è divenuta improvvisamente più economica e più redditizia della prima.

È proprio quanto sta avvenendo in questi mesi nella convenienza del motore a benzina per il minore costo di tale carburante rispetto a quello diesel. Una volta che ciò si realizza nel sistema sociale di base, potrà esserci una sicura crescita in forma esponenziale nella realizzazione e applicazione delle nuove tecnologie.

Questo fenomeno economico è già accaduto: il crollo dei costi di generazione di energia elettrica generata da energia solare ed eolica ha causato un aumento dei tassi di installazione dei pannelli solari sui tetti di tutta l’Europa insieme al corrispondente aumento degli investimenti in grandi parchi eolici offshore: Francia, Danimarca, Svezia, Norvegia e Spagna.

Costi ed efficienza

Negli ultimi decenni i paesi suddetti hanno avuto una classe politica di maggiore sensibilità e operatività concreta. Ma non basta: per soddisfare la crescente domanda hanno utilizzato tecnologie innovative grazie alle quali i produttori hanno potuto permettersi di costruire fabbriche più grandi ed efficienti.

Ancora: i sistemi più avanzati hanno accoppiato nuove catene di approvvigionamento con percorsi commerciali più orientati verso il mercato. E con le informazioni acquisite dalla realizzazione del lotto di un particolare prodotto, hanno ridotto sensibilmente i costi di produzione.

Sfruttando l’economia di scala, la realizzazione di un pannello solare o una turbina eolica diventa molto più economica nel tempo, il che a sua volta rende più conveniente la produzione di ogni singola unità produttiva di energia elettrica.

Tali curve di costo sono sperimentate e validate con la maggior parte delle nuove tecnologie, ma molto meno con quelle più mature (come, ad esempio, le centrali elettriche a carbone). C'è anche un costo davvero pesante legato al pressoché totale immobilismo internazionale inteso al contrasto delle mutazioni climatiche.

Stime recenti mostrano una potenziale perdita economica globale pari a 7 trilioni di dollari legata al solo e continuo perseguimento nelle opere e programmi della crescita industriale ed economica alimentata con i soli combustibili fossili.

Due: le energie rinnovabili hanno bisogno di enormi sussidi

Anche questa tesi non è supportata da alcun riscontro concreto.

Negli ultimi tre decenni le energie rinnovabili hanno già beneficiato di sussidi governativi come le tariffe feed-in.

Le “tariffe feed-in” rappresentano un “meccanismo di incentivazione” attraverso il quale è riconosciuta agli impianti alimentati da fonti rinnovabili (purché certificati come tali) una tariffa per tutta l'energia prodotta e immessa contrattualmente in rete per un certo periodo di tempo (es. 15 anni).

In pratica viene attribuito un pagamento aggiuntivo alle compagnie industriali per la generazione di energia elettrica proveniente da fonti eoliche, solari e/o altre fonti rinnovabili.

È vero che attualmente le energie rinnovabili superano in alcuni casi il costo di produzione di energia proveniente dalla combustione di materiali fossili.

Tuttavia, l'eolico offshore produce energia elettrica pari a circa un quarto del prezzo corrente (già addebitato ai consumatori nel Regno Unito), aumentato dal costo all'ingrosso del gas. Tant’è che nel Regno Unito la costruzione di nuove turbine eoliche non viene più assistita dalla finanza pubblica.

Al contrario, l'industria globale dei combustibili fossili beneficia enormemente di ausili finanziari statali, ricevendo quasi 700 miliardi di dollari nel solo 2021, secondo i dati dell’OECD.

L’ OECD è un’organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico che lavora per costruire politiche atte a migliorare la qualità della vita delle popolazioni a livello mondiale).

I finanziamenti includono incentivi fiscali alle aziende che importano o esportano combustibili fossili purché garantiscano un livello minimo di acquisti al loro interno.

La passività di questi ultimi sussidi sta nel vincolo per gli Stati all’esclusivo utilizzo di fonti di energia sempre più costose, dovuto sia al progressivo esaurimento dei combustibili fossili e sia per la necessità di richiedere strumenti e metodologie sempre più costose.

Esattamente come avviene nella perforazione oceanica ad alte profondità o il “fracking” (estrazione dei combustibili dopo frattura idraulica in profondità degli strati geologici che li contengono), che richiede sussidi in crescita per lunghi periodi di tempo.

Tre: elevata perdita di posti di lavoro

Si valuta che la transizione energetica dai combustibili fossili ai sistemi di energia rinnovabile comporterebbe la perdita di circa 3 milioni di posti di lavoro nel settore minerario, nella costruzione di centrali elettriche e in altri settori.

Ma, secondo l’autorevole IEA (International Energy Agency) si prevede di crearne circa 12 milioni di nuovi in tutti i settori dei trasporti, nella produzione e gestione dell’energia rinnovabile e nell'efficienza energetica entro il 2030.

La ricerca suggerisce che il cambiamento climatico causerà perdite di posti di lavoro anche in agricoltura e nell'edilizia, per via delle condizioni meteorologiche estreme che si creeranno in molte parti del mondo.

Tuttavia, i lavori “verdi” abbondanti sono in prospettiva. Per conto loro i governi dovranno offrire competenze e sostegno reale all'occupazione per aiutare i lavoratori a passare dalla trivellazione dei giacimenti di petrolio e gas all'installazione di turbine eoliche offshore.

Tali investimenti potrebbero produrre e sostenere posti di lavoro “verdi” in misura di oltre il 7% in più rispetto alla media dei posti di lavoro nel settore dei combustibili fossili.

L'attuale approccio alla politica sul clima e transizione energetica sia nazionale che a livello internazionale è ancora ostacolato dalla prevalenza interessata di queste falsità da parte di entità e soggetti che nutrono interessi economici opposti.

La verità è che il cospicuo investimento nell’intero sistema continentale e globale che caratterizzerà l’intera transizione verde, specie nei paesi più industrializzati, ridurrà il prezzo dell'elettricità, libererà finanziamenti da sussidi fino ad oggi radicati sui combustibili fossili e creerà nuovi e felici posti di lavoro in tutto il mondo.

E senza trascurare il lodevole fatto che si potrà respirare in una atmosfera sempre più salubre!

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