La discriminazione dei soggetti affetti da malattie mentali

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  Alessia Cominotti
  20 novembre 2022
  4 minuti, 2 secondi

La salute mentale è una componente essenziale nella definizione di salute perché consente all’individuo di realizzarsi in un contesto sociale. I dati dimostrano chiaramente che le persone affette da malattie mentali sono numerose e diffuse nel mondo e le stime dichiarano che il numero triplicherà nei prossimi trent’anni. 

Nonostante le malattie mentali siano largamente diffuse, persiste un sentimento discriminatorio verso i soggetti colpiti, ossia uno stigma. In psicologia sociale lo stigma indica l’attribuzione di una qualità negativa a una persona o a un gruppo di persone a causa della loro reputazione o condizione sociale. I disturbi mentali vengono ancora concepiti come una debolezza, qualcosa da nascondere che può potenzialmente penalizzare l’individuo. Ma da dove nasce questo stigma?

Le sue origini sembrano risalire al Medioevo, quando all'epoca, si credeva che i malati mentali fossero posseduti da essere demoniaci o che fossero sotto il controllo del diavolo. Un passo in avanti nella concezione delle malattie mentali lo si ebbe grazie allo scritto “De praestigiis daemonum” di Johannes Weyer con il quale l'autore sottolineò che i disturbi mentali non dovessero essere visti come fenomeni demoniaci ma come eventi naturali. Diversi secoli dopo, nel Novecento, Sigmund Freud diede un contributo decisivo nella storia della psichiatria. Freud iniziò a criticare l’idea di “incurabilità” del malato e basandosi sullo studio dell’inconscio, elaborò il primo approccio terapeutico: la psicoanalisi. Il suo rimase l’approccio predominante fino alla metà del XX secolo quando lo sviluppo di cure basate sull'utilizzo dei farmaci riportarono la pratica psichiatrica verso un approccio più meccanicistico. 

Lo stigma ha molti effetti negativi sulla vita delle persone che vivono un disturbo mentale tra cui: ritardo nel cercare un trattamento, maggiore solitudine, diminuzione dell’autostima. Lo stigma può danneggiare anche un terzo gruppo: coloro che non hanno ancora una storia di malattia mentale e che evitano i servizi di cura per paura di essere etichettati negativamente. La percezione degli stereotipi esistenti sulla malattia mentale può perciò impedire alla persone di ottenere assistenza rendendo la loro vita ancora più difficile. Possiamo in altro modo affermare che le persone con disturbi psichici subiscono un doppio danno: gli effetti della malattia e le conseguenze dei pregiudizi che ne derivano. Questo, specialmente nei Paesi a più basso reddito, porta all’esclusione delle vittime dalla società e alla negazione dei diritti fondamentali, come il diritto di voto, di sposarsi o di ricevere un’eredità. Secondo una ricerca di psicologia sociale, la lotta allo stigma passa attraverso tre approcci: la protesta, l’educazione e il contatto. Attraverso la prima, gli individui contestano le rappresentazioni inaccurate della malattia mentale, invitando i media e il pubblico a cessare la diffusione di tali pregiudizi. L’educazione mira invece a sfidare i miti sulla malattia mentale con i fatti; tale teoria fa leva sul fatto che una maggiore conoscenza della malattia mentale ci renda meno propensi ad assecondare la discriminazione. Il contatto è il terzo approccio per affrontare lo stigma pubblico: si basa sul concetto che chi interagisce direttamente con persone malate ha meno possibilità di avallare credenze stigmatizzanti. Uno studio ha dimostrato che l’esposizione al contatto riduce gli atteggiamenti stigmatizzanti in misura maggiore rispetto agli interventi educativi.

Certamente, se si considerano gli albori della psichiatria e i primi interventi in favore della cura mentale, negli anni sono stati compiuti ingenti progressi. Tuttavia nell'immaginario comune, la concezione negativa nei confronti delle persone affette da malattie mentali non è cambiata. Anzi, si sono insinuate forme più subdole di discriminazione che fanno leva sul fatto che le persone con una malattia psichiatrica sono tendenzialmente più vulnerabili e spesso non riescono a difendere la propria posizione. Un pregiudizio che frequentemente colpisce persone con disturbi mentali, allude alla loro presunta incapacità di rendimento in un contesto lavorativo. Numerose ricerche scientifiche affermano che il lavoro contribuisce al nostro benessere e nel caso di una persona malata, esso rappresenta un supporto sociale, incentiva l'ambizione dando all'individuo un senso di utilità, e lo motiva a seguire una routine giornaliera.

 Le principali barriere all’impiego di soggetti con problemi di salute mentale sono rappresentate sia dall'inadeguatezza delle offerte lavorative che dalla complessità di fornire supporto. Specialmente dopo la pandemia si è verificata una maggiore incidenza di disturbi mentali nella popolazione. È da qui che partono progetti come “Itaca”, un’associazione di volontari impegnati nel campo della salute mentale che intende portare avanti una visione innovativa della malattia mentale. Grazie all’avviamento di centri in tutta Italia, Itaca intende facilitare l’inserimento sociale e lavorativo delle persone che soffrono di disturbi psichiatrici. Obiettivo primario di Itaca è quello di riunire le forze della società che devono essere coinvolte per portare un messaggio di cambiamento e speranza, oltre che una vera attenzione sulla Salute Mentale.

Le fonti impiegate per la stesura della presente pubblicazione sono liberamente consultabili 

https://www.issalute.it/index.php/falsi-miti-e-bufale/salute-mentale/i-malati-di-mente-non-possono-lavorare

https://www.corriere.it/buone-notizie/22_ottobre_04/lavoro-progetto-itaca-disturbi-psichiatrici-combattere-stigma-7700cc5c-430f-11ed-992f-919085eb621d.shtml

https://www.stateofmind.it/2021/10/stigma-disturbi-mentali-effetti/

https://www.treccani.it/enciclopedia/l-ottocento-scienze-mediche-psichiatria-e-istituzioni_%28Storia-della-Scienza%29/

https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_449_allegato.pdf



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Alessia Cominotti

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Salute mentale Lavoro stigma salute e benessere Società psicologia