La parziale impotenza dell’Europa in Medio Oriente

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  Redazione
  22 dicembre 2023
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A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di Geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

Messa da parte nella regione, è improbabile che l’Europa faccia sentire la sua voce nel contesto dello scontro in corso tra Israele e Hamas. Tuttavia, la potente leva economica che l’UE sarebbe capace di esercitare potrebbe rivelarsi utile per persuadere sia Israele che una (indispensabile) leadership palestinese a negoziare l’unica soluzione davvero accettabile, ovvero una condizione di “pace” a lungo termine.

Con gli orrendi attacchi dei suoi gruppi terroristici sul territorio israeliano, avvenuti la mattina del 7 ottobre, il movimento di Hamas ha sbalordito il mondo e portato su Israele un senso di umiliazione e rabbia senza precedenti. Comprensibilmente, l’opinione pubblica israeliana chiede vendetta mentre sta prevalendo un momento di unità nazionale e le forze militari israeliane si preparano a contrattaccare nel territorio di Gaza con tutte le loro forze dopo i crimini di Hamas contro i civili israeliani.

Eppure questo momento di terrore e di totale stupore, che molti osservatori israeliani paragonano allo shock degli attacchi terroristici dell’11 settembre contro l’America, sta lasciando il posto a un insolito sentimento di vulnerabilità all’interno della società israeliana.

La tradizionale deterrenza militare di Israele sembra aver perso la sua influenza poiché Tsahal (le forze di difesa israeliane) e i servizi di intelligence sono sembrati assenti durante le prime ore di questi attacchi.

Ancor più significativa è stata l’intera strategia geopolitica messa in atto dal governo israeliano per mettere da parte la questione palestinese e sostenere le sue relazioni con i vicini arabi: essa si è rivelata persino controproducente.

La questione palestinese, che pareva irrimediabilmente caduta nell’oblio, sta infatti tornando al centro della scena, sia pure con il rischio di confusione tra i legittimi diritti del popolo palestinese e l’uso della violenza di Hamas. E con il rischio aggiuntivo di porre su un piano di parità l’Autorità Palestinese nei Territori Occupati e Hamas a Gaza.

Senza alcuna gratificazione per i palestinesi di Ramallah che erano almeno pronti a impegnarsi in un processo di pace e con una politica israeliana aggressiva di insediamenti in Cisgiordania osservata negli ultimi mesi, i moderati all’interno del campo palestinese sono percepiti come i perdenti, indipendentemente dai propri limiti e mancanze. Nel frattempo i leader di Hamas, con la loro posizione contraria a qualsiasi accordo con Israele, hanno dimostrato la loro forza militare destabilizzando per qualche ora la sicurezza dell'intero Stato israeliano. Per molti palestinesi – in particolare i più giovani – la dimostrazione di forza di Hamas, qualunque sia il suo esito finale, ha dimostrato che la violenza portata al massimo livello d’intensità può fare la differenza.

Allo stesso tempo, gli attacchi di Hamas stanno trasformando profondamente la geopolitica dell’intera regione del Medio Oriente, con gli amici dell’Iran – Hezbollah, Hamas, Libano e Siria – portandoli verso una condotta offensiva.

Le discussioni in corso sulla possibile normalizzazione di Israele con l'Arabia Saudita sono già state accantonate per qualche tempo.

E gli altri attori regionali, che si erano già impegnati a favore degli Accordi di Abramo e di un partenariato economico rafforzato con Israele, potrebbero preferire mantenere un profilo basso mentre le loro stesse popolazioni mostrano il loro sostegno alla causa palestinese. Inoltre, dal momento che i terroristi di Hamas si sono ritirati a Gaza con un elevato numero di ostaggi, sembrano pronti a costringere Israele ad una lotta inestricabile senza alcuna prospettiva di una soluzione rapida e semplice.

Le inevitabili vittime civili per le strade di Gaza e la possibile morte di ostaggi derivanti da questa lunga battaglia a venire non possono che suscitare ulteriore indignazione sia tra la popolazione araba che in quella israeliana. Tale situazione difficile corre anche il rischio di estendere il conflitto ai confini meridionali del Libano, dove il movimento Hezbollah potrebbe aprire un secondo fronte in segno di solidarietà con Hamas. La violenza potrebbe scoppiare anche in Cisgiordania, dove i coloni israeliani più radicali hanno già portato la regione a un livello di tensione senza precedenti.

Mentre si susseguono questi eventi drammatici, qual è la posizione dell’Europa? Potrebbe svolgere un ruolo utile?

Per la diplomazia europea, che negli ultimi anni sta progressivamente scomparendo dalla geopolitica della regione, non sembra esserci spazio per iniziative fattive, almeno per il momento. Inoltre, la confusione manifestatasi negli ultimi giorni a seguito dell'annuncio del commissario UE, Olivér Várhelyi, della sospensione totale di ogni assistenza europea al popolo palestinese, senza distinzione tra Striscia di Gaza e Cisgiordania, seguita da una forte opposizione da parte di diversi Stati membri, è una chiara indicazione delle profonde divisioni all’interno dell’Unione.

Nonostante le condanne pubbliche degli attacchi di Hamas da parte dell’UE in quanto tale e di tutti gli Stati membri dell’UE, l’approccio comune al processo di pace in Medio Oriente definito dall’UE a partire dalla Dichiarazione di Venezia del 1980 è scomparso, in gran parte minato dalle iniziative dell’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sulla Gerusalemme e gli Accordi di Abramo. Oggi, l’Europa è troppo emarginata nella regione per sperare di far sentire la propria voce nel contesto dello scontro in corso tra Israele e Hamas. Per il momento, qualsiasi mediazione – se ce n’è la possibilità – tra le parti in conflitto nella Striscia di Gaza proverrà in gran parte dai paesi della regione.

Tuttavia, una volta terminato il conflitto, permarrà la necessità di risolvere (finalmente) la questione palestinese con un accordo di pace tra Israele e il popolo palestinese.

Quindi, l’Europa potrebbe svolgere un ruolo significativo utilizzando la sua leva finanziaria ed economica per convincere sia Israele che una rinnovata leadership palestinese a tornare a negoziati seri e porre fine alla violenza incessante.

L’Europa non dovrebbe perdere tempo nel dichiarare questa posizione politica e dovrebbe farlo in stretta collaborazione con i suoi partner arabi per acquisire credibilità.

Questo messaggio politico potrebbe non essere ascoltato ora, ma può rivelarsi un utile riferimento quando il rumore e la furia del campo di battaglia saranno finiti.

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