La xenofobia cresce a Mosca

Le complicate relazioni tra la Russia e le sue minoranze

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  Angela Sartori
  27 aprile 2024
  5 minuti, 34 secondi

Il 22 marzo di quest’anno si è verificato un grave attentato terroristico alla sala concerti Crocus City Hall a Mosca. 140 persone hanno perso la vita e l'attentato è stato rivendicato dall'Isis-K. Il governo russo ha accusato quattro persone di nazionalità tagika e ne ha arrestate altre sei come responsabili dell'attacco. Questo ha provocato un enorme contraccolpo alla diaspora centroasiatica in Russia.

Le discriminazioni

Le conseguenze per i cittadini tagiki – e non solo – sono state drammatiche, dato che gli episodi xenofobi e gli atti di violenza nei loro confronti sono aumentati in modo esponenziale. Un bar appartenente a persone tagike è stato bruciato a Blagoveshchensk, nella Siberia Orientale, mentre altri cittadini tagiki sono stati picchiati in una città a sud di Mosca. Alcuni clienti si stanno rifiutando di salire sui taxi i cui conducenti sono tagiki. Sono aumentati i controlli condotti dalla polizia su persone con “lineamenti asiatici”, come pure i controlli negli aeroporti riguardo le persone provenienti dall’Asia Centrale: alcuni kirghisi sono stati trattenuti per due giorni nell’aeroporto di Sheremetyevo a Mosca senza cibo né acqua. Altri sono stati sfrattati dalle loro case o licenziati dal lavoro, causando loro problemi economici. Tutto questo è stato accompagnato da episodi di violenza verbale e da campagne di odio online. Le autorità tagike hanno consigliato ai loro cittadini residenti in Russia di non uscire la sera e di evitare posti affollati, mentre quelle kirghise hanno sconsigliato i viaggi in Russia.

I flussi migratori in Russia

Gran parte dei lavoratori stranieri in Russia è formata da cittadini provenienti dai paesi dell’Asia Centrale: il Ministero dell’Interno russo riporta che essi sono circa 10 milioni, ma il vero numero è probabilmente maggiore, visto che molti non vengono registrati. La maggior parte viene dal Tagikistan, dall’Uzbekistan e dal Kirghizistan. È comunque diffusa anche se la presenza di cittadini originari da altri stati post-sovietici, come Georgia e Armenia. Questa tendenza è iniziata alla fine degli anni '90, quando molte persone appartenenti a questi Paesi hanno deciso di cercare in Russia condizioni di vita economiche migliori a causa delle terribili situazioni in cui versavano nel loro Paese d'origine dopo la caduta dell'Urss; l'economia russa ha beneficiato del loro ingresso nel mercato del lavoro. Tuttavia, a partire dai primi anni 2000 si è cominciato a percepire queste persone in modo negativo e ad associarle a crimini e attacchi terroristici, legandole alle questioni di sicurezza dello stato. La loro presenza, però, si è sempre dimostrata essenziale per l’economia russa.

Questo dualismo nei confronti dei migranti continua ancora oggi, visto che gli ultimi vent'anni sono stati caratterizzati da continui cambiamenti sia delle istituzioni sulla gestione delle migrazioni, sia della burocrazia per ottenere i permessi di lavoro. Inoltre, la mutevole rappresentazione pubblica dei migranti è stata spesso influenzata da dinamiche esterne.

Il caso del Tagikistan

I cittadini tagiki, principali vittime dell’odio scaturito dall’attacco terroristico, compongono una larga parte dei lavoratori emigrati in Russia. Sono circa un milione le persone registrate ufficialmente. Generalmente, essi lavorano in settori in cui non è richiesta una formazione specializzata e sono spesso impiegati come tassisti, rider, operai edili e camerieri. Molti di essi sono lavoratori stagionali, mentre altri mirano ad acquisire la cittadinanza russa. Questo enorme flusso verso la Russia è dovuto alle scarse condizioni economiche del paese: è infatti uno dei più poveri dell’Asia Centrale, con 10 milioni di abitanti e con il 48% del PIL che deriva dalle rimesse dei cittadini all’estero. L'attuale governo dalle derive autoritarie e i precedenti conflitti etnici interni non aiutano la situazione. Etnicamente si differenziano dai russi, ma anche dagli altri paesi centroasiatici post-sovietici, in cui la maggioranza dei cittadini appartiene alle popolazioni turche. L’etnia dei tagiki è invece iranica e la loro lingua appartiene alla famiglia indoeuropea del ceppo persiano. Come negli altri paesi centroasiatici, l'Islam è la religione più diffusa.

Una società multietnica

Sebbene la popolazione tagika sia etnicamente diversa da quella russa, non è l’unica presenza “diversa” nella Federazione. Infatti, pur escludendo le diaspore che si sono formate con i flussi migratori, la Russia presenta un panorama etnico molto vario: ci sono gruppi di diverse culture e religioni disseminati in tutto paese, dato che si contano circa 200 minoranze (per esempio i Tatari o i Buriati). Non è un caso che, durante la campagna presidenziale del 2012, l’allora candidato Vladimir Putin abbia pubblicato un articolo su Nezavisimaya Gazeta, affermando che la Russia rappresenta una “società multietnica".

Queste sue minoranze, però, hanno sempre rappresentato una fonte di tensione con il Cremlino. Per esempio, lo scoppio della seconda guerra cecena nel 1999 ha portato ad un incremento della repressione di altre minoranze etniche e religiose in Russia e, di conseguenza, anche un peggioramento dell’atteggiamento nei confronti dei migranti. Dopo l’attacco terroristico di marzo, diversi politici russi hanno espresso il loro supporto per l’introduzione di visti o di controlli più serrati. Il presidente russo si è dimostrato più neutro sulla questione, richiamando la multietnicità russa come eredità della Russia imperiale e sovietica. Infatti, a parte le questioni ideologiche, la presenza di migranti è essenziale per lo sviluppo economico della Russia nei prossimi anni a causa della carenza di manodopera, esacerbata dal calo demografico che sta affliggendo la Russia. Inoltre, i cittadini centroasiatici si sono dimostrati essenziali per le truppe militari russe, dato che molti di loro sono tuttora arruolati tra le file in Ucraina.

Tuttavia, la situazione per molti tagiki rimane critica in Russia, non solo per tutte le discriminazioni ricevute, ma anche per la difficoltà di tutelarsi da esse: dall’invasione russa in Ucraina hanno dovuto sciogliersi molti centri per la protezione dei diritti umani, lasciando molte persone senza una protezione. Numerosi tagiki hanno scelto di tornare nel proprio paese per non dover essere vittime di ulteriori episodi di violenza, ma questo non fa altro che rendere ancora più instabile la condizione economica di molti cittadini tagiki.

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L'Autore

Angela Sartori

Angela Sartori si è laureata in Interdisciplinary Research and Studies on Eastern Europe (MIREES) presso l'Università di Bologna. Le tematiche che ha affrontato durante il suo corso di studi si sono concentrate principalmente sui fenomeni migratori e sulle problematiche legate alle minoranze etniche, nonché sulle relazioni lasciate dall'eredità sovietica in particolare in Ucraina, nella Federazione Russa e negli stati del Caucaso meridionale.

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