Le due risoluzioni dell’Assemblea Generale raccontano uno storia molto più lunga

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  Michele Bodei
  06 novembre 2023
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Negli ultimi giorni sono state al centro dell’attenzione mediatica due risoluzioni votate dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La prima è la Risoluzione A/ES-10/L.25 “Protezione dei civili e sostegno degli obblighi legali e umanitari” – che chiama alla cessazione del fuoco tra Hamas e Israele - esposta dai principali giornali all’opinione pubblica come una lista dei paesi che sostengono, condannano o rimangono indifferenti davanti alla violenza estrema che nell’ultimo mese sta infestando tutti i media e in cui manca una posizione unica da parte dell’Unione Europea. Pochi giorni dopo, il voto alla Risoluzione A/78/L.5 “Necessità di porre fine all’embargo economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti contro Cuba” suscita molta curiosità, in quanto i voti contrari degli Stati Uniti e di Israele con l’astensione dell’Ucraina suggeriscono dei collegamenti tutt’altro che casuali. Ma ciò che si tende a trascurare è che le posizioni assunte sono legate ai rapporti diplomatici tra diversi stati, non riducibili agli eventi recenti.

Espressioni di voto diverse: l’Europa è disunita?

Gli stati membri dell’UE avevano già espresso una posizione comune il 27 ottobre al Consiglio Europeo sulla condanna ad Hamas e sul sostegno al diritto all’autodifesa di Israele, così come si sono mostrati d’accordo sull’importanza di chiedere una pausa dal conflitto per garantire gli aiuti umanitari a Gaza. Bisogna considerare, tuttavia, che le risoluzioni delle Nazioni Unite - in cui un delegato per ogni stato membro esprime un voto – non sono vincolanti, motivo per cui gli stati dell’Unione Europea non si sono preoccupati a esprimersi all’unisono a New York. Hanno votato a favore la delegazione della Francia, della Spagna, del Belgio e dell’Irlanda. Ad astenersi con l’Italia ci sono stati i Paesi Bassi, la Germania, la Svezia, la Polonia, la Romania, la Grecia e la Slovacchia, mentre tra i contrari si contano l’Austria, la Croazia, l’Ungheria e la Repubblica Ceca – quest’ultima, storicamente molto legata a Israele e in cui è presente un’importante comunità ebraica, ha ritenuto inaccettabile la mancanza di una condanna esplicita ad Hamas. Resta comunque difficile - nella pratica – adottare una posizione comune sulla questione in Medio Oriente, considerando che l’Autorità Nazionale Palestinese è riconosciuta solo da Svezia, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Bulgaria, Malta e Cipro tra i paesi UE e manca un riconoscimento formale da parte di Bruxelles.

L’embargo contro Cuba all’Assemblea Generale: una storia che si ripete da decenni

Il voto favorevole alla fine dell’embargo statunitense su Cuba – in vigore ormai dal 1962 - è stato quasi unanime, con i soli voti contrari di Israele e degli Stati Uniti con l’astensione dell’Ucraina. Risoluzioni molto simili sono state votate diverse volte in passato – questa in particolare sarebbe la trentesima - e con un maggioranza che è cresciuta dai 59 voti favorevoli del 1992 all’esito del 2010, in cui per la prima volta gli Stati Uniti e Israele si sono ritrovati da soli. Quando Washington riallacciò i rapporti diplomatici con Cuba, Obama promise di porre fine completamente all’embargo, ma nel 2016 con l’elezione di Trump la posizione statunitense tornò quella di prima.

Da cosa dipende invece la posizione di Israele?

Da un lato pesa sicuramente l’alleanza con gli Stati Uniti, irrinunciabile per Tel Aviv, non solo per la situazione conflittuale che vive nella regione e che prosegue da oltre 70 anni ormai, ma anche per l’isolamento di cui soffre nel Medio Oriente – oltre che dalla Palestina, lo stato non è riconosciuto dal Libano e dalla Siria tra gli stati confinanti, mentre gli accordi di normalizzazione con la vicinissima Arabia Saudita erano stati quasi conclusi prima dello scoppio del conflitto del 7 ottobre. Il motivo principale della posizione di Israele riguarda comunque i rapporti diplomatici con Cuba. Castro nel 1973 mandò quattromila combattenti dall’Avana a sostegno delle truppe siro-egiziani nel Sinai e nel Golan nella guerra dello Yom Kippur, causando l’interruzione dei rapporti con Israele – tutt’ora non riallacciati.

E l’Ucraina?

Anche l’Ucraina ha bisogno del sostegno degli Stati Uniti contro la Russia – ora più che mai – ma si era già astenuta alla votazione del 2021, ancora prima dell’invasione del 2022. Dal crollo dell’Unione Sovietica, l’Havana ha mantenuto solidi gli ottimi rapporti che aveva con Mosca. La Russia è tutt’ora uno dei pochi paesi al mondo che non richiede il visto per gli abitanti dell’isola e proprio quest’anno hanno stretto un accordo per aumentare gli investimenti russi a Cuba.


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