L'inizio della fine per Putin?

Una ribellione conclusasi rapidamente fa emergere tutte le debolezze del Cremlino

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  Redazione
  01 luglio 2023
  9 minuti, 27 secondi

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, membro del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

La guerra della Russia contro l'Ucraina ha distrutto una certa mistica che aleggia da tempo sul presidente russo Vladimir Putin, in qualità di autocrate augusto ed intoccabile. Prima del 24 febbraio 2022, Putin poteva sembrare cinico e aggressivo, ma attraverso le sue mosse tattiche in Siria, Crimea e oltre, a certuni poteva sembrare persino uno stratega capace.

Poi, in un colpo solo, ha mostrato i suoi limiti di comandante invadendo un paese che non rappresentava in alcun modo una minaccia per la Federazione Russia e ha assistito a un fallimento dopo l'altro della sua impresa militare, l'ultima delle quali è la recente quanto breve ribellione armata effettuata dal leader mercenario Evgenij Prigozhin alcuni giorni fa.

Putin ha favorito l'ascesa di Prigozhin e ha ignorato i segnali di avvertimento su Wagner, la compagnia militare privata fuori controllo di Prigozhin.

Mentre l'esercito russo lottava in Ucraina, la stella di Prigozhin è aumentata, raggiungendo il culmine allorché Wagner prese la città di Bakhmut per la Russia nel mese di maggio. Prigozhin ha sfruttato l'ultimo spazio politico non censurato rimasto in Russia – l'app di social media Telegram – per rivolgersi direttamente al pubblico russo.

Per mesi, aveva apertamente pianificato un colpo di stato: portando avanti discussioni pubbliche e asserendo critiche nei confronti della leadership militare russa, offrendo argomentazioni di carattere populista allo sforzo bellico della Wagner e mettendo in forte dubbio le giustificazioni ufficiali espresse dal leader Putin per il conflitto che egli stesso aveva fortemente voluto e articolato.

Eppure, il Cremlino è parso colto di sorpresa quando Prigozhin ha chiesto ai suoi militari di sollevarsi e unirsi a una ribellione contro il Ministero della Difesa russo.

L'arroganza e l'indecisione di Putin sono state la storia della guerra. Ora sono diventate la storia della politica interna russa.

Qualunque siano le motivazioni e le intenzioni di Prigozhin, la sua ribellione armata ha messo in luce un'acuta e pericolosa vulnerabilità del regime di Putin: il suo disprezzo per l'uomo comune.

Putin è stato troppo intelligente per consentire che la guerra colpisse Mosca e San Pietroburgo o per lasciare che colpisse negativamente le influenti popolazioni d'élite che albergano in queste città.

Eppure, la sua stessa astuzia ha imposto una guerra di scelta alle popolazioni non elitarie del paese. Sono stati trascinati in un'orribile lotta coloniale, e quando Mosca non è stata spericolata con le loro vite, è stata spesso insensibile. Molti soldati sul fronte bellico non hanno ancora idea per che cosa stiano combattendo e morendo. Prigozhin è venuto a parlare in termini altisonanti in difesa di questi uomini. Infatti, egli non ha alcun movimento politico dietro di sé e non persegue alcuna ideologia strutturata e chiaramente identificabile.

Ma contraddicendo direttamente la propaganda del governo, egli ha continuato caparbiamente la sua azione, evidenziando la miserabile situazione dei suoi uomini al fronte e il visibile quanto indisponente distacco di un Putin spietato e fuori dal mondo, che invece dal Ministero della Difesa declama la gloria militare russa.

Se il disprezzo di Putin e la rabbia dei soldati russi convergono e diventano il simbolo del paese governato da Putin, il Cremlino è comunque nei guai anche senza un colpo di stato in corso.

L'ammutinamento di Prigozhin potrebbe essere la prima grande sfida al regime di Putin, ma tutto fa presagire che non sarà l'ultima. La sua ribellione sarà probabilmente seguita da un'intensificazione della repressione in Russia.

Per l'Occidente, c'è poco da fare se non lasciare che questo dramma politico – che presenta alcune tagliole tipiche di una farsa – si svolga in Russia. L'Occidente non ha alcun interesse a preservare lo status quo putinista, ma non dovrebbe nemmeno perseguire un improvviso rovesciamento del regime di Putin.

Per l'Occidente, lo sconvolgimento in Russia può essere importante soprattutto per ciò che significa in Ucraina, dove il potenziale di instabilità in Russia potrebbe aprire nuove opzioni militari.

Oltre a sfruttare queste opzioni in tandem con Kiev, l'Occidente può prepararsi a gestire con prudenza l'instabilità che si stabilirebbe sia all'interno che all'esterno dei confini della Russia.

UN CASTELLO DI CARTE?

Il fondamento del potere di Putin è stata una popolazione russa in buona parte pro-Putin o quanto meno quiescente nei suoi confronti. Oltre a questa solida base, ci sono sempre state fazioni rivali tra le élite e i servizi di sicurezza, che Putin ha messo l'una contro l'altra, basandosi sui vantaggi politici dell’antico “divide et impera”.

Per mantenere la stabilità di questa struttura politico-sociale, Putin ha dovuto prevenire il malcontento popolare e tenere il controllo dell'élite politica. Ha preferito lavorare con uomini che aveva conosciuto dai suoi giorni di impiego da dirigente nelle fila del KGB nel 1980 e dai suoi nei giorni del governo di San Pietroburgo nel 1990, che è servito come punto d’inizio per la sua folgorante carriera politica.

Questi uomini erano leali perché potevano godere di ricchezza e potere esclusivamente con Putin al timone. Un rischio maggiore per Putin erano coloro che avevano avuto accesso ai servizi di sicurezza e ai militari ma non erano amici di Putin da molto tempo.

Questi dovevano essere supervisionati e controllati attraverso macchinazioni così costanti da diventare una provvidente routine.

Altri paesi hanno un mercato azionario che va su e giù. Anche il Cremlino ha un suo mercato azionario interno, nel quale però le fortune politiche dei potenti salgono e scendono perdendo tutto. Soprattutto in Russia.

GUARDA IL TRONO, GUARDATI LE SPALLE

Gli eventi degli ultimi giorni fanno presagire un futuro oscuro per la Russia. In poche ore, la ribellione armata di Prigozhin ha generato un enorme caos. La guerra ha ridotto la capacità dello stato russo e la rivolta l'ha estesa ulteriormente, presentando a Mosca una nuova sfida interna.

Per anni, il Cremlino ha escogitato modi diversi per scongiurare una rivoluzione urbana liberale. Salvo poi scoprire in quest’ultimo frangente che la minaccia maggiore poteva provenire da una rivoluzione illiberale: una rivolta populista altamente militarizzata guidata non da riformatori cosmopoliti ma da nazionalisti russi.

Il nazionalismo dall'alto verso il basso coltivato nella guerra potrebbe risultare ostile al regime di Putin, e Prigozhin potrebbe non essere l'ultimo della sua specie. Ma solo uno dei tanti possibili sostituti.

Prigozhin ha dimostrato che la fortezza politica espressa dal putinismo può essere assaltata. Durante questa brevissima ribellione, le espressioni di lealtà delle élite a Putin erano quasi uniformi, ma sono apparse notevolmente piatte, quasi di noiosa maniera.

Altri attori politicamente più perspicaci potrebbero imparare da Prigozhin, fondendo il suo populismo con un programma politico più concreto ed avanzato, capace di attrarre un maggiore sostegno all'interno dell'élite russa.

Le élite in questione non sarebbero disposte tanto tra l'intellighenzia e/o il mondo degli affari, quanto collegate agli ancora potenti servizi di sicurezza.

Le loro motivazioni potrebbero essere il bottino del potere, la percezione della debolezza di Putin e/o la paura di una prossima epurazione.

Se un’eventuale “Notte dei Lunghi Coltelli” si svolgesse tra le élite russe, potrebbero consolidarsi figure di per sé già potenti dietro un piano per sostituire il gruppo di potere di Putin.

Le conseguenze potrebbero paralizzare l’azione di governo e indebolire la posizione militare della Russia in Ucraina.

Prepararsi al peggio

Putin e i suoi compari potrebbero cercare di attribuire la ribellione di Prigozhin a fattori estranei. Ma anche per un regime che ha imparato l'arte di incolpare l'Occidente, questa sarebbe una ingenua forzatura.

L'instabilità all'interno della Russia non è qualcosa che gli Stati Uniti e l’Unione Europea possono accendere o spegnere a proprio piacimento, come se si trattasse di manipolare un interruttore. Può, tuttavia, essere utilizzata con successo sui campi di battaglia dell'Ucraina.

Ciò che seguirebbe a questa ribellione potrebbe risultare una parentesi di distrazione arricchita da recriminazioni varie e grande incertezza, ma anche dall'umiliazione che gli è stata appena inflitta e dall’ “animus” di vendetta che probabilmente potrebbe seguire successivamente. Niente di tutto ciò passerebbe rapidamente.

Sebbene l'Ucraina abbia lanciato una controffensiva a lungo attesa nelle ultime settimane, non ha conseguito alcun grande progresso militare dal novembre 2022.

Pronta ad attaccare le posizioni russe, l'Ucraina ha il morale alto, una serie di sostenitori importanti e un chiaro corso strategico da seguire.

Senza instabilità politica, la posizione militare della Russia in Ucraina è intrinsecamente precaria. Con l'instabilità politica, potrebbe crollare.

Per gli USA e per l’Unione Europea

L'esperienza di pre-morte di Putin equivale a un paradosso per gli Stati Uniti e i loro alleati europei. Il suo regime rappresenta un immenso problema di sicurezza per l'Europa, e la sua uscita dalla scena internazionale, quando arriverà, non sarà mai rimpianta.

Tuttavia, una Russia post-Putin, che potrebbe arrivare molto prima di quanto ci si aspettasse solo una settimana fa, richiederebbe grande cautela e una prudente pianificazione.

Per esempio, è improbabile che l'instabilità in Russia rimanga contenuta all'interno della Russia.

Mentre si spera per il meglio, che sarebbe la fine della guerra in Ucraina con una Russia meno autoritaria, ha senso pianificare il peggio: un leader russo più radicale di Putin e più apertamente reazionario, qualcuno forse con più esperienza militare di quanto Putin abbia mai avuto, qualcuno che è stato plasmato dalla brutalità della guerra.

Gli Stati Uniti e i loro alleati dovranno gestire e mitigare le conseguenze dell'instabilità in Russia. In tutti gli scenari realisticamente immaginabili, l'Occidente dovrà conseguire una concreta trasparenza sul controllo delle armi nucleari russe e sulla potenziale proliferazione delle armi di distruzione di massa, segnalando che non ha alcuna intenzione, tanto meno il desiderio, di minacciare l'esistenza dello stato russo.

Allo stesso tempo, per la sola tutela della propria sicurezza, l'Occidente deve inviare un forte messaggio di convincente deterrenza, concentrandosi sulla protezione della NATO e dei suoi partner. È improbabile che l'instabilità in Russia rimanga confinata al solo territorio della Federazione Russa. Ma potrebbe diffondersi in tutta quella vasta area che va dall'Armenia alla Bielorussia.

L'ammutinamento di Prigozhin ha già ispirato la citazione di numerose analogie storiche. Si va alla piccola rivoluzione russa del 1905. O forse si tratta della Russia del febbraio 1917, sotto intensa costrizione politica in pieno corso della Prima guerra mondiale, come lo stesso Putin ha alluso in alcune sue esternazioni.

Oppure è l'Unione Sovietica del 1991, che ha trasformato Putin in una stretta versione di Gorbaciov, dunque qualcuno destinato a perdere un intero impero.

Un'analogia migliore e più ardita colloca Prigozhin nel ruolo di Stenka Razin, un famoso ribelle contro il tirannico potere zarista, che radunò un esercito di contadini, tentando poi di marciare su Mosca dalla Russia meridionale nel 1670-71.

Razin fu infine arrestato e squartato sulla Piazza Rossa. Ma è diventato un appuntamento fisso del folklore politico russo.

Egli aveva rivelato coraggiosamente le numerose e insopportabili debolezze nel governo zarista del suo tempo, e nei secoli a venire, altri si ispirarono alla sua storia.

Per gli autocrati russi, Razin dà una chiara lezione: anche una ribellione fallita pianta il seme per futuri tentativi.

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