L'Unione Europea adotta un regime sanzionatorio globale per la tutela dei diritti umani

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  Redazione
  25 maggio 2021
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Bisogna partire da un dato di fatto, ovvero che, purtroppo e spesso, coloro che commettono abusi dei diritti umani restano impuniti.

Il Ministro degli Esteri olandese è solo una delle diverse personalità europee di rilievo che si sono espresse a riguardo, ritenendo che molte volte questi individui “la fanno franca”. I Paesi Bassi difatti, nel 2018, hanno posto le basi per un regime sanzionatorio regionale, partendo dal fatto che molti sono stati i progressi fatti nel campo dei diritti umani ma altrettanti sono i passi ancora da fare.

La “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” adottata poco più di 72 anni fa, il 10 dicembre 1948, è la base di partenza. Ad essa, nei vari anni, sono seguite diverse iniziative che hanno visto i Paesi del mondo impegnarsi o meno nella difesa e nella promozione dei diritti dell’uomo.

Anche la “Dichiarazione di Helsinki” del 1975 è da ricordare quando si vuole approfondire l’essenziale legame tra cooperazione internazionale e diritti umani, vista la necessità di promuovere strumenti globali e concreti di giustizia.

Pochi mesi fa, esattamente il 7 dicembre 2020, l’Unione Europea ha formalizzato l’adozione di un Regolamento interamente diretto a colpire gli individui responsabili di gravi violazioni dei diritti umani.

Si tratta del Regolamento del Consiglio Europeo (EU) 2020/1998 e della Decisione (PESC) 2020/1999.

L’atto dell’Unione Europea ha fatto seguito a quello che abbiamo conosciuto come “Global Magnitsky Act”, ossia la legge degli Stati Uniti che sanziona chiunque sia responsabile di violazioni dei diritti umani e di atti di corruzione indipendentemente da dove ha luogo il fatto.

Prima di arrivarci, a novembre 2020 si è giunti alle conclusioni riguardo il Piano d’azione dell’UE per i diritti umani e la democrazia per il periodo 2020-2024. In tale occasione è emerso come essenziale e inevitabile un maggiore investimento sui diritti umani.

In tale Piano, il Consiglio ha posto l’obiettivo di istituire un regime di sanzioni che serva a contrastare gravi abusi e violazioni dei diritti umani. È così che si è giunti alla Decisione (PESC) 2020/1999 e al Regolamento 2020/1998.

Questo importante provvedimento nel concreto dà in mano all’Unione Europea il potere di bloccare fondi e risorse economiche dell’interessato e la possibilità di vietare la circolazione dello stesso all’interno dell’area UE, ma è bene capirlo meglio.

Il quadro di applicazione viene chiarito esattamente all’art. 1 della Decisione e all’art. 2 del Regolamento: ad essere interessati sono coloro che hanno compiuto gravi violazioni dei diritti umani come genocidio, tortura, trattamenti inumani o degradanti, schiavitù, detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate, esecuzioni e uccisioni extragiudiziali, ma non solo. Altri tipi di abusi dei diritti umani e altre violazioni possono vedere applicate le sanzioni se si tratta di violazioni gravi, diffuse o sistematiche.

L’iniziativa ha dato vita a un vero e proprio sistema di sanzioni volto a punire chiunque. Che si tratti di persone fisiche o giuridiche, entità, organismi, viene sanzionato chiunque sia responsabile di violazioni dei diritti umani, indipendentemente da dove abbiano luogo le violazioni.

Le misure prevedono che ai soggetti ritenuti colpevoli possano essere congelate le proprietà e imposto il divieto all’ingresso nell’UE. Inoltre, il Regolamento studiato dall’UE prevede anche la possibilità di imporre ai propri cittadini di non mettere a disposizione risorse o fondi a tali soggetti.

Nello specifico, come riportato nel Regolamento e come spiegano esperti di Giurisprudenza Legale, con il “congelamento di risorse economiche” si dispone il “divieto di utilizzare risorse economiche per ottenere fondi, beni o servizi in qualsiasi modo, anche attraverso la vendita, la locazione e le ipoteche”. Invece, per “congelamento di fondi” si intende il “divieto di movimentazione, trasferimento, modifica, utilizzo o gestione dei fondi o di accesso a essi così da modificarne il volume, l’importo, la collocazione, la proprietà, il possesso, la natura, la destinazione o qualsiasi altro cambiamento che consente l’uso dei fondi, compresa la gestione di portafoglio”.

Nella pratica, spetta al Consiglio stabilire e modificare le sanzioni, dietro la proposta dell’Alto Rappresentate dell’UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza o di uno Stato membro.

Per chiudere, pare che anche altri Paesi nel mondo, come ad esempio l’Australia e il Giappone, si stiano impegnando ad adottare regimi sanzionatori di questo tipo. Certamente, più Paesi si impegneranno in tale direzione maggiore sarà il senso di responsabilità attorno ai diritti umani.

Fonti consultate:

a cura di Sofia Abourachid 

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