Morire per un po' di farina

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  Giorgia Milan
  05 marzo 2024
  3 minuti, 28 secondi

Nella giornata di giovedì 29 febbraio dei carri armati israeliani avrebbero aperto il fuoco contro i civili in attesa di ricevere gli aiuti umanitari da alcuni camion. Le versioni di Hamas e Israele divergono: delle indagini sono quindi in corso per far luce sui fatti.
Tra i due litiganti ne fanno le spese i civili, come in ogni guerra. Il bilancio è tragico: si parla di 115 palestinesi uccisi e 760 feriti, e la situazione gravissima. Aprire il fuoco contro convogli umanitari e civili in attesa di ricevere gli aiuti loro spettanti è una violazione delle norme internazionali. L’ennesima violazione alla quale il mondo sta assistendo.

È piuttosto evidente come all’arrivo di camion trasportanti aiuti alimentari un popolo affamato e allo stremo si precipiti verso di essi, creando una folla di importanti dimensioni. Avrebbero mai potuto costituire una minaccia? Possibilmente no. Ma un obiettivo? Quello certamente sì. Un grandissimo punto rosso palestinese a cui mirare per l’esercito israeliano.

Le dichiarazioni di Israele dipingono un quadro ben diverso rispetto a quello che si può pensare. I vertici israeliani, infatti, hanno affermato che alcune persone sono morte a causa della calca, altre invece sono state investite dai camion degli aiuti umanitari. Il contrammiraglio Daniel Hagari ha infatti affermato che “decine di residenti di Gaza sono stati uccisi a causa del sovraffollamento, e i camion palestinesi li hanno sfortunatamente investiti durante un tentativo di fuga”. Decine di residenti. Sfortunatamente.
Peter Lerner, portavoce militare israeliano, ha spiegato che gli incidenti sono stati due, tra loro separati. Da un lato, i civili deceduti a causa della calca intorno ai convogli umanitari; dall’altro lato, invece, decine di persone si sono radunate intorno alla postazione dell’esercito. Dopo qualche colpo in aria di avvertimento, i militari hanno sparato in direzione di chi rifiutava di allontanarsi.

Israele dunque nega le colpe, attribuendole indirettamente ai palestinesi che si sono accalcati. Tuttavia, il direttore dell’ospedale di Gaza (Mohammed Salha), nel quale sono stati trasportati la maggior parte dei feriti, ha dichiarato che almeno l’80% aveva ferite da arma da fuoco. Su 176 feriti, 142 avevano ferite da arma da fuoco. Non si tratta quindi di ferite da schiacciamento, per lo meno non la maggioranza.

Quanto accaduto il 29 febbraio, stando alle dichiarazioni di Ben Gvir, ha “provato che il trasferimento di aiuti umanitari a Gaza non solo è follia, ma danneggia anche i soldati dell’esercito. L’incidente è un’altra chiara ragione per la quale dobbiamo fermare il trasferimento di questi aiuti”. 

La comunità internazionale non è rimasta totalmente inerme di fronte all’ennesima strage di civili, anche se le reazioni sono state abbastanza contrapposte tra loro. Da un lato gli Stati Uniti hanno posto il veto su una risoluzione ONU di condanna nei confronti di Israele. Dall’altro lato, il Regno Unito ha chiesto l’apertura di un’indagine, così come la Francia ha richiesto un’indagine indipendente per chiarire le circostanze di questa strage. Alcuni leader europei, tra l’altro, hanno preso una netta posizione riguardo l’accaduto. Il presidente francese Macron ha dichiarato che “i civili sono stati presi di mira dai soldati israeliani”. A Macron si è unita la Ministra per gli Affari Esteri tedesca Annalena Baerbock, che ha chiesto spiegazioni direttamente all’esercito israeliano.
Garantire quindi trasparenza sull’accaduto è l'obiettivo solo di alcuni membri della comunità internazionale. Certo, come si sia arrivati a questo punto appare secondario.

Le richieste di un cessate il fuoco sono sempre maggiori; tuttavia, si teme che questa strage possa compromettere qualsiasi tentativo di negoziato. 

Se le indagini dovessero confermare che l’esercito israeliano ha effettivamente aperto il fuoco contro i civili in fila per un po’ di cibo, sarebbe ancora più evidente il dramma che si sta consumando nella striscia di Gaza, come se le 30.000 vittime civili non lo avessero già dimostrato abbastanza.

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L'Autore

Giorgia Milan

Giorgia Milan, classe 1998, ha conseguito una laurea triennale in “scienze politiche, relazioni internazionali e governo delle amministrazioni”, con una tesi riguardo la condizione femminile in Afghanistan, e successivamente una laurea magistrale in “Human rights and multi-level governance”, con una tesi riguardo la condizione delle donne rifugiate nel contesto dell’attuale guerra Russo-Ucraina, il tutto presso l’Università degli studi di Padova.

I suoi interessi principali sono i diritti umani, in particolare i diritti delle donne. È proprio il forte interesse per questi temi che l’ha spinta a intraprendere un tirocinio universitario presso il Centro Donna di Padova, durante il quale ha avuto la possibilità di approcciarsi al mondo della scrittura e della creazione di contenuti riguardanti la violenza di genere e le discriminazioni.

In Mondo Internazionale Post Giorgia Milan è un'autrice per l'area tematica di Diritti Umani.

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Diritti Umani

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Israele Palestina Striscia di Gaza aiuti umanitari violazioni