NATO Summit 2024: potenziamento dell’industria bellica, del sostegno a Kiev e della cooperazione con Seul

Cooperazione industriale interna e partenariati strategici per adattarsi agli sviluppi geopolitici

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  Gonzalo José Pereyra Ochoa
  19 luglio 2024
  6 minuti, 34 secondi

In un contesto caratterizzato dal settantacinquesimo anniversario dell'organizzazione e da una serie di mosse geopolitiche che dimostrano uno shift nella politica estera russa, tra cui i numerosi bombardamenti sulle più popolose città ucraine e l’intesa con Pyongyang, si è tenuto a Washington il NATO Summit 2024. Durante il vertice, i capi di Stato dei 32 Paesi membri dell’Alleanza Atlantica hanno fatto un bilancio sui progressi interni in materia di investimenti militari e, insieme ad altri ospiti quali Volodymyr Zelensky e Yoon Suk Yeol, hanno discusso delle diverse minacce alla sicurezza e la stabilità internazionale poste da attori esterni (Russia in primis).

Questione budgetarie e investimenti industriali

Per le diverse nazioni, il Summit ha presentato l'opportunità di aggiornarsi sui propri progressi nel raggiungimento degli obiettivi previsti dal Defence Investment Pledge del vertice dell’anno scorso a Vilnius, tra cui il più importante è la destinazione del 2% del PIL alla difesa da parte di tutti gli Stati membri. Come confermato durante il Summit, al giorno d’oggi ben 23 Paesi su 32 investono almeno il 2% del loro PIL nella propria sicurezza, mentre sono prossimi a superare questa soglia la Croazia, il Portogallo e l’Italia. Si tratta di un dato importante se si considera che l’anno scorso erano solo 11 i Paesi a soddisfare lo standard desiderato. In questo senso, la minaccia russa ha certamente motivato la notevole crescita della spesa militare della NATO, soprattutto nel caso di Paesi come la Polonia, l’Estonia, la Lettonia, la Lituania e la Finlandia, che negli ultimi anni hanno raddoppiato i loro investimenti.

Soprattutto in Europa, però, l'aumento del PIL destinato alla difesa non è l’unico segno di una corsa al riarmo nello spazio transatlantico: è stato infatti annunciato un impegno collettivo per il potenziamento e la modernizzazione della produzione industriale di armamenti tramite il NATO Industrial Capacity Expansion Pledge¸ che mira allo sviluppo industriale bellico in tutti gli Stati membri attraverso l’implementazione di piani nazionali appositi. Altrettanto importanti risultano l’approvvigionamento e l’interoperabilità internazionale, motivo per cui sono stati stretti accordi tra la Leonardo e la Rheinmetall tedesca. Infine, è stato stipolato un contratto da 700 milioni di dollari con la Raytheon statunitense per una produzione di missili Stinger, missili terra-aria a corto raggio che sono stati forniti dall’Alleanza atlantica all’Ucraina sin dall’inizio della guerra per contrastare la superiorità aerea russa.

Ucraina: istituzionalizzazione del sostegno della NATO e il futuro della membership

Volodymyr Zelensky è rientrato a Kiev con il supporto di una NATO sempre più decisa a sostenere la resistenza ucraina e ad aprirle le sue porte. Negli ultimi mesi, all’intensificarsi dell’offensiva russa è corrisposto un sostegno sempre più marcato e proattivo da parte dell’Alleanza, che ha annunciato l'invio di un pacchetto di sostegno finanziario e di materiale bellico (soprattutto di difese aeree e missilistiche) del valore di 40 miliardi di euro, da rateizzare nei prossimi 12 mesi. Altresì, verrà creato il NATO Security Assistance and Training for Ukraine, un centro con sede in Germania dedicato al coordinamento del fornimento di assistenza e all’addestramento del personale militare ucraino, così come il NATO-Ukraine Joint Analysis, Training and Education Centre con sede in Polonia, mirante al miglioramento dell’interoperabilità tramite l’analisi delle tattiche di combattimento e l’ideazione di strategie.

Questi aiuti da parte degli Stati membri della NATO hanno spianato la strada per un eventuale ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza, ma non sono ancora stati definiti i criteri da soddisfare per garantirne l'accesso. L’ex Primo Ministro norvegese e Segretario Generale Jens Stoltenberg, in quello che sarebbe il suo ultimo Summit in carica, ha riaffermato l’impegno della NATO per l’assistenza a lungo termine Kiev, ma si è poi limitato a dire che l'Ucraina entrerebbe formalmente a far parte dell’Alleanza quando gli attuali Stati membri arriveranno a un consenso sulle condizionalità.

L’Ucraina, dunque, esce da questo vertice con risultati ambigui. Da una parte, come spesso denunciato da Donald Trump, il presidente Zelensky è tornato dagli Stati Uniti con enormi contributi monetari e militari, garantendo alle forze armate del suo Paese - sempre più numerose dati i deregolamentati sforzi di reclutamento - un altro anno per combattere l’esercito di Putin. Per di più, la NATO è andata oltre i soliti contributi economici e materiali, istituzionalizzando il suo coinvolgimento nella guerra russo-ucraina attraverso la fondazione dei centri con sede in Germania e in Polonia. D'altra parte, invece, anche se l’Alleanza ha confermato la sua disponibilità ad aprire le proprie porte all’Ucraina, la mancata chiarezza per quanto riguarda i criteri di ammissione scongiura de facto l’entrata di Kiev prima della fine della guerra: difatti, alcuni Stati sono riluttanti nel conferimento immediato della membership, mentre altri, come l’Ungheria, guardano con scetticismo le prospettive future di un’Ucraina nella NATO al di là della guerra in corso. Se l’entrata della Svezia è stata oggetto di controversie e tensioni all’interno dell’Alleanza, sarebbe da aspettarsi che i negoziati per quella dell’Ucraina portino a uno stallo molto più lungo.

Sviluppi e reazioni in Estremo Oriente

Sebbene la guerra in Ucraina sia stata di gran lunga la tematica più discussa, non è stata l’unica. La partecipazione della Corea del Sud, del Giappone, dell’Australia e della Nuova Zelanda non è stata un caso: si tratta di partners fondamentali per la sicurezza e la stabilità nell’Indo-Pacifico, un area dall’importanza strategica crescente, soprattutto in funzione degli interessi russi.

Da qualche mese le tensioni tra la Corea del Nord e la Corea del Sud si sono fortemente aggravate e la visita di Putin a Pyongyang non le ha in nessun modo placate. La cooperazione militare con la Corea del Nord si è rivelata vitale per i due mandatari, che hanno trovato nel loro isolamento internazionale un punto di unione e convergenza, soprattutto per un esercito russo che stava perdendo forza. Davanti dunque a una Russia rivitalizzata e a una Corea del Nord più incisiva, Yoon Suk Yeol si è riunito con il Segretario Generale Stoltenberg per conferire agli Stati membri della NATO l’accesso allo spazio aereo sudcoreano e per negoziare lo scambio di informazioni sugli armamenti nordcoreani utilizzati in Ucraina. Inoltre, si è parlato molto queste ultime settimane di un potenziale invio di armi sudcoreane a sostegno della resistenza ucraina, ma i termini e le condizioni non sono ancora di pubblica conoscenza. Il governo della Corea del Nord non ha tardato a reagire al partenariato tra la sua controparte meridionale e l’Alleanza Atlantica, denunciando la creazione indiretta di una “NATO asiatica”.

Infine, la Repubblica Popolare Cinese non è stata immune alle critiche. Di fatto, il comunicato finale del Summit appresenta un’abiura nelle relazioni NATO-Cina, in quanto si è denunciato per prima volta il ruolo di Pechino nel facilitare l’azione di Mosca. A queste critiche il portavoce del Ministero degli Esteri cinese ha risposto accusando la NATO di essere andata oltre il suo mandato e di sfiorare la confrontazione.

Osservazioni conclusive

Tutto sommato, il NATO Summit 2024 dimostra come l’Alleanza stia adattandosi ai recenti sviluppi geopolitici, facendo un salto di qualità nel sostegno finanziario e militare fornito a un’Ucraina che lo recepisce compiaciuta, ma non del tutto soddisfatta, in quanto la tanto desiderata membership all'Alleanza risulta ancora soggetta a una pletora di variabili. A Washington sono state anche condannate le più destabilizzanti potenze revisioniste del globo, che hanno però risposto all’espansione dell’influenza transatlantica in Estremo Oriente in maniera decisa, spargendo voci su eventuali tensioni che, però, l’Alleanza sarebbe in grado di gestire in caso dovessero aggravarsi grazie ai notevoli progressi e ai promettenti investimenti in materia di difesa.

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Gonzalo José Pereyra Ochoa

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