Obiettivi climatici e sfide economiche: il dilemma dell'Unione Europea

La riforma proposta del Patto di Stabilità Europeo solleva dubbi sulla capacità dell'UE di affrontare la crisi climatica

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  Riccardo Carboni
  07 settembre 2023
  4 minuti, 35 secondi

La proposta della Commissione Europea sulla riforma del Patto di Stabilità ha scaturito non poche critiche e suscita preoccupazione in merito al raggiungimento degli obiettivi climatici posti dall’Unione stessa. Questo sfasamento tra le politiche di Bruxelles riguardo la lotta al cambiamento climatico e l’elasticità fiscale concessa sembra minare alla possibilità di sostituire i combustibili fossili, di contenere il riscaldamento globale, nonché al posizionamento dell’Europa come leader tecnologico per la transizione verso l’industria green. In tal senso, la strada sembra ancora lunga e tortuosa considerando gli obiettivi del piano della Commissione Europea net-zero e la condizione attuale: l’Europa dovrebbe coprire lacune sostanziali di produzione di tecnologia eolica, batterie e pannelli solari entro sette anni. Rimarrà comunque difficile competere con il gigante cinese, leader in vari settori, ormai esponente dell’offerta globale di pannelli (84%) in seguito a svariati anni di sottovalutazione. Ingenti investimenti in grado di contrastare e resistere alla concorrenza sono l’unico strumento a disposizione dell’Unione. Tale strumento rischia di autolimitarsi dato l’elevato squilibrio tra gli intenti dell’UE e le future regole di bilancio. La New Economics Foundation (NEF) sostiene che solamente quattro di tutti i paesi europei si trovino senza impedimenti fiscali che gli permettano di rispettare gli impegni di Parigi sul clima (riscaldamento globale a 1,5°C).

Le norme fiscali proposte dall'UE porteranno anche a una maggiore divergenza economica tra i paesi. I paesi più ricchi, che hanno una maggiore capacità di contrarre prestiti nell'ambito delle norme fiscali, saranno in grado di far leva sugli investimenti pubblici verdi per affrontare le sfide climatiche e stimolare efficacemente la crescita economica. Le nazioni meno ricche saranno più limitate.


- New Economics Foundation report

In base alle stime attuali, almeno una dozzina di Paesi si trova nell'incapacità di finanziare anche una frazione minima, pari all'1%, della spesa destinata a iniziative ecologiche, senza violare le rigide regole del Patto di Stabilità. Queste restrizioni si applicano sia al vecchio Patto di Stabilità che al suo successore, dato che la riforma non ha influito sul limite del deficit, ancorato al 3%.

Il potenziale di un’organizzazione come l’Unione Europea è notevole: una tale struttura potrebbe arrivare a spendere centinaia di miliardi l’anno fino al 2030 a sostegno della transizione ecologica mantenendo in calo i suoi debiti pubblici. La spiegazione dietro a ciò si trova nella differenza tra debito e rapporto tra debito e Pil: quest’ultimo ci indica la capacità di ridurre nel tempo il proprio debito in relazione alla crescita economica. Di conseguenza, ridurre il rapporto debito-Pil attraverso politiche fiscali che vertano a contenere il debito è sicuramente una strategia da percorrere, ma in concomitanza a misure che possano far incrementare il Pil. Per fare ciò, sono necessarie spese per investimenti a favore della transizione verde, seppur in deficit, in quanto avrebbero un importante ritorno sul Pil riducendo il fortissimo impatto della dipendenza da gas.

Secondo la proposta avanzata dalla Commissione Europea, qualsiasi Paese che supera la soglia del 3% di deficit deve iniziare una graduale riduzione, al ritmo minimo del 0,5% annuo. Tale approccio presenta una sorta di paradossale situazione, visto che diverse analisi dimostrano che l'investimento deficitario può contribuire a ridurre il rapporto debito/PIL, stimolando la crescita economica. Un tasso di crescita superiore al 2% ha la capacità di ridurre il debito, anche quando il deficit supera il 3%. Un chiaro esempio è emerso nel periodo post-pandemico, sottolineando la possibilità di coniugare un aumento della crescita con un deficit più elevato. D'altra parte, è stato riscontrato che politiche basate su tagli ai fondi destinati al welfare, all'istruzione e alla sanità possono portare a una contrazione della crescita economica, esercitando un impatto negativo sulla domanda e sui consumi. Questo concetto è stato confermato anche dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), il quale ha evidenziato che le misure di consolidamento fiscale non conducono a una diminuzione del rapporto debito/PIL, ma tendono ad aumentare il debito complessivo. Le analisi effettuate dal NEF indicano che i Paesi che hanno attuato ampie correzioni macroeconomiche hanno sperimentato un aumento del rapporto debito/PIL, anziché una diminuzione.

Con il trascorrere del tempo, i costi associati all'escalation della crisi climatica e alle politiche per contrastarla stanno inesorabilmente crescendo. Secondo le analisi del NEF, è sempre più evidente la necessità di rivedere i parametri esistenti e di introdurre nuovi strumenti finanziari a livello comunitario per sostenere gli investimenti necessari. Questo approccio segue la scia del Recovery Plan il quale, pur destinando una quota parte dei finanziamenti alla transizione verde, ne riserva una frazione considerevolmente inferiore. Un esempio tangibile è rappresentato dall'Italia, dove dei 191 miliardi di euro messi a disposizione dal Next Generation EU, soltanto 60 miliardi sono destinati a promuovere una rivoluzione ecologica, con ulteriori risorse dirette alla mobilità sostenibile. Tuttavia, va sottolineato che una parte significativa di questi fondi è stata giustamente destinata ad altri settori cruciali, tra cui il sistema sanitario, l'istruzione, l'inclusione sociale e la coesione territoriale. Tale distribuzione, pur necessaria, rende inevitabilmente limitate le risorse disponibili per raggiungere gli obiettivi prioritari nella lotta al riscaldamento globale.

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Fonti utilizzate per il presente articolo:

https://www.huffingtonpost.it/economia/2023/09/02/news/con_il_nuovo_patto_di_stabilita_lue_fa_un_altro_bel_favore_alla_cina-13261851/

https://www.ilsole24ore.com/radiocor/nRC_02.09.2023_14.01_8510085?refresh_ce=1

https://www.ilsole24ore.com/art/pannelli-e-batterie-ue-costano-fino-sei-volte-piu-che-cina-AFd3TRi

https://www.corriere.it/economia/finanza/23_settembre_02/gentiloni-sulle-regole-ue-accordo-entro-l-anno-03019900-49c9-11ee-9bd2-accbaad86dfa.shtml

https://neweconomics.org/2023/08/new-eu-fiscal-rules-jeopardise-investment-needed-to-combat-climate-change

https://www.enel.com/it/azienda/storie/articles/2022/09/studio-decarbonizzazione-forum-ambrosetti-2022

Fonte immagine:

https://pixabay.com/it/photos/mulino-a-vento-alto-paradiso-4859176/

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L'Autore

Riccardo Carboni

Classe 1999, laureato in Scienze internazionali e Diplomatiche presso l’Università di Bologna e da sempre appassionato di affari internazionali. Studente all’ultimo anno di Master in International Relations presso la LUISS, ha approfondito tematiche riguardanti la sicurezza internazionale seguendo forum e partecipando a programmi di pianificazione militari secondo la dottrina NATO. Autore all’interno di Mondo Internazionale per l’area tematica “Organizzazioni Internazionali”.

Born in 1999, he holds a bachelor’s degree in International and Diplomatic Sciences from the University of Bologna and have always been passionate about international affairs. Currently a final-year student in the Master's degree program in International Relations at LUISS, he has delved into issues related to international security by following forums and participating in military planning programs based on NATO doctrine. Author and contributor to Mondo Internazionale for the "International Organisations” section.

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