La condizione dei minori nelle carceri

  RAISE
  Alessia Cominotti
  06 novembre 2022
  3 minuti, 54 secondi

Sono tanti i giovani doppiamente vulnerabili,in quanto minori e in quanto privati della libertà,che si trovano negli Istituti penali o in comunità alternative. Sono situazioni molto diverse tra loro ma accomunate dall’impossibilità di vedere riconosciuti i propri diritti,specialmente quelli di essere tutelati rispetto a trattamenti degradanti e inumani. Infatti, in oltre venticinque anni di esperienza sul campo, il Comitato Europeo per la Prevenzione delle Torture e delle Pene o Trattamenti Inumani o Degradanti (CPT) ha dimostrato come i minorenni siano esposti al rischio di maltrattamenti molto più frequentemente rispetto agli adulti. Troppo spesso il CPT ha constatato che i minori vengono trattati dalla polizia al pari di un adulto e che concretamente non vengono adottate procedure tali da assicurare le garanzie legali necessarie e appropriate alla loro età. I bisogni dei minorenni sono specifici e diversi da quelli degli adulti,pertanto il ricorso a misure di privazione della libertà dovrebbe essere ammesso solo come extrema ratio,ossia quando tutte le soluzioni alternative non sono percorribili o si sono rivelate fallimentari. Quando il carcere si impone come ultima risorsa,bisognerebbe tenere presente l’obiettivo ultimo: il reinserimento del minore all’interno della società e la sua riabilitazione. Occorre specificare che i minorenni beneficiano dal 1924 di diritti sanciti dalla Dichiarazione dei diritti del fanciullo ma,in condizioni di detenzione,la loro vulnerabilità li rende maggiormente esposti a possibili abusi e violenze. Il carcere costituisce di fatto un elemento nel processo di emarginazione che,potenziando l’identità del ragazzo come individuo “deviato”,non fa altro che crescere la credenza che egli riprodurrà la stessa “devianza” una volta uscito dal carcere, influenzandolo certamente anche dal punto di vista psicologico. Per poter valorare la funzione della misura carceraria è necessario definire cosa si intende con “devianza” . Generalmente si definisce come un insieme di comportamenti che infrangono valori fondanti di un contesto storico e sociale. Nella società attuale il fenomeno della devianza assume un carattere centrale all’interno dell’adolescenza,in cui l’individuo è circondato da numerose aspettative sociali ed evolutive. Comunemente siamo portati a giudicare in maniera negativa qualsiasi comportamento che violi una legge e sia lesivo dei diritti altrui;non curandoci del fatto che dietro un reato,specialmente se compiuto da un adolescente,c’è una forte manifestazione di disagio. Valutando alcune stime, il 24% dei ragazzi detenuti mostra disagi di carattere neurologico,presentando problematiche come deficit di apprendimento o attenzione ed iperattività che,unite a ambienti familiari o scolastici ostili,costituiscono un quadro preoccupante. Il 44% dei casi di devianza è dovuto invece a fattori socio-culturali come lo svantaggio sociale,famiglie deprivate e quartieri disorganizzati. Nel 32% dei casi di devianza invece,incidono fattori psicologico-relazionali. Nella fase adolescenziale i ragazzi sviluppano sentimenti di ambivalenza che li portano a necessitare da un lato d’indipendenza, dall’altro di gratificazione, in primis da parte dei genitori. Quando questa esigenza non viene soddisfatta per un atteggiamento distaccato dell’ adulto,insorge nell’adolescente l’esigenza di affermare la propria persona,talvolta sfidando le regole.

Quando si parla di carcere si crea immediatamente la dicotomia sanzione/recupero. I due concetti sembrano annullarsi a vicenda perché la sanzione presuppone l’accertamento del reato e una successiva reazione,mentre il recupero attiene a un atteggiamento comprensivo e accogliente. Nel caso specifico,una struttura penale deve essere in grado di accertare entrambe le funzioni. La punizione può essere educativa solo se contiene un senso di giustizia e mira perciò alla trasformazione della persona. In una società in cui i giovani si trovano spesso ai confini dell’ illecito,la restrizione in una struttura penale è anche restrizione della possibilità di essere. Sperimentare tutto questo porta alla consapevolezza di cos’è la libertà e qual è il suo limite : la mia libertà trova confine nella libertà dell’altro. Proprio questo manca all’adolescente “deviato” : crede di poter dettare le regole della sua vita senza avere punti di riferimento,il carcere funziona allora come un contenitore di spinte all’autoaffermazione delirante. Nella realtà italiana degli ultimi anni il numero dei ragazzi detenuti è sceso drasticamente e nel 2022 si accerta che siano solo 316 quelli all’interno di istituti penitenziari,risultando solamente il 2,3% dei giovani che hanno a che fare con la giustizia penale. Il numero medio-basso permette perciò agli educatori di proporre progetti e destinare attenzioni educative studiate precisamente su ogni singolo caso. In particolar modo le attività di gruppo sono quelle maggiormente promosse perché insegnano al giovane come creare relazioni di fiducia senza ricorrere alla violenza. Si tratta di attività che aiutano gli adolescenti a fare squadra senza essere competitivi,aiutandoli a prendere coscienza del fatto che il mondo sia un posto bello da condividere con le persone giuste.




Le fonti impiegate per la stesura della presente pubblicazione sono liberamente consultabili

  • http://www.ristretti.it/areestudio/minorile/inchieste/cimmino.htm

Silvano, C. (2012), Liberi Reclusi. Storie di minori detenuti. Padova: Camposampiero.

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Alessia Cominotti

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