Lavoro minorile e MAEJT

  RAISE
  Fabio Di Gioia
  25 marzo 2022
  5 minuti, 39 secondi

Il lavoro minorile è un fenomeno presente ancora oggi in tutto il mondo: UNICEF, insieme ad ILO (International Labour Organization) ha stimato che nel 2020, circa 160 milioni di bambini erano coinvolti in lavoro minorile, un bambino su 10, di cui 97 milioni bambini e 63 milione bambine. Ma che cosa si intende con lavoro minorile? Vengono categorizzati come bambini lavoratori i bambini troppo giovani per lavorare (in Italia sotto ai 16 anni) e/o sottoposti ad attività pericolose che possano compromettere la loro salute fisica e mentale o il loro sviluppo educativo. Quasi la metà dei bambini lavoratori, 79 milioni secondo i dati, sono coinvolti in lavori pericolosi e dannosi per la loro salute, un bambino ogni 4, nei paesi in via di sviluppo. Il settore più colpito dalla presenza di questo fenomeno è quello dell’agricoltura, che coinvolge il 70% di tutti i bambini lavoratori, 112 milioni in totale, maschi e femmine indistintamente, la maggior parte dei quali molto giovani e alla loro prima esperienza lavorativa: tre quarti dei bambini nell’età compresa tra i 5 a gli 11 anni lavora in questo settore.

È inoltre importante notare che una fetta importante di questo fenomeno avviene all’interno della famiglia: il 72% dei bambini lavoratori, e l’83% dei bambini tra i 5 e gli 11 anni, lavora in famiglia, in fattorie o in microimprese familiari. Tra questi, un bambino su quattro, nella fascia di età tra i 5 e gli 11 anni, e la metà dei bambini tra i 12 e i 14, che lavorano in contesti familiari, sono esposti a mansioni che minacciano la loro sicurezza, salute e moralità.

Ad aggravare le condizioni di questi bambini, è la stretta connessione che c’è tra il fenomeno del lavoro minorile e l’abbandono delle attività scolastiche. Un elevato numero di bambini abbandona infatti la scuola prima dell’età dell’obbligo: per precisione, un bambino su quattro abbandona la scuola nella fascia di età tra i 5 e gli 11 anni, e più di un terzo di bambini abbandona nella fascia compresa tri i 12 e i 14 anni, riducendo drasticamente le loro prospettive di un lavoro più sicuro.

Il fenomeno del lavoro infantile è regolato principalmente da tre Convenzioni Internazionali: la Convenzione n.138 dell’ILO che fissa un’età minima per l’ammissione al lavoro, la convenzione dell’ILO n. 182 pone il divieto e un’azione immediata per eliminare le peggiori forme di lavoro minorile, e la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, approvata il 20 Novembre 1989.

Un altro punto che tratta di questo tema è il target 8.7 degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 ONU, che si pone di “prendere provvedimenti immediati ed effettivi per sradicare il lavoro forzato, porre fine alla schiavitù moderna e alla tratta di esseri umani e garantire la proibizione ed eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile, compreso il reclutamento e l’impiego dei bambini soldato, nonché porre fine entro il 2025 al lavoro minorile in ogni sua forma”. L’eliminazione di ogni forma di lavoro minorile concorre alla realizzazione di diversi altri punti dell’Agenda, quale ad esempio quello di garantire un’istruzione di qualità inclusiva ed equa (obiettivo 4) o la promozione del benessere di tutti a tutte le età (obiettivo 3).

La situazione dell’Africa

In Africa, in quasi tutte le regioni, è presente la più grande popolazione di bambini lavoratori: il 26% dei bambini tra i 5 e i 17 anni, 72.1 milioni di bambini, di cui 31.5 milioni coinvolti in lavori pericolosi. Nonostante siano coinvolti in maniera paritaria bambini di entrambi i sessi, disparità di genere si possono riscontrare invece nel tipo di attività svolto da essi: le bambine sono molto più soggette a lavori non pagati, quali i servizi domestici. Questi dati sono spesso considerati solo una stima, essendo la percentuale di lavori domestici o comunque familiari, molti bambini lavoratori non vengono dichiarati e quindi non sono presenti nei numeri delle statiche, numeri che risultano quindi sottostimati. Anche in Africa, come nel resto del mondo, il settore con la più alta presenza di bambini lavoratori è quello dell’agricoltura: l’85% di tutti i bambini lavoratori, quindi 61.4 milioni di bambini, sono coinvolti in attività riguardanti principalmente l'agricoltura di sussistenza e commerciale e l'allevamento di bestiame, in circostanze spesso pericolose. La restante parte di bambini lavoratori in Africa, 8.1 milioni si trovano impiegati nel settore dei servizi e 2.7 milioni in quello dell’industria.

È in questo contesto che si è sviluppato il Movimento Africano dei Bambini e Giovani Lavoratori (MAEJT, in francese «Mouvement africain des enfants et jeunes travailleurs»), una rete di associazioni formate da bambini e giovani che lavorano in 20 paesi dell'Africa (compresi, ad esempio, Benin, Costa d'Avorio, Repubblica democratica del Congo, Burkina Faso, Senegal, Mali, Guinea-Bissau). Le Associazioni dei bambini e dei giovani (AEJT) formano questo movimento, che ha lo scopo di difendere i diritti dei bambini lavoratori, tramite dialogo con le autorità, iniziative di solidarietà e campagne di sensibilizzazione pubblica locale ed internazionale. Ufficialmente creato nel luglio 1994 a Bouake (Costa d'Avorio), dove si è tenuto il primo incontro internazionale, il movimento ha identificato 12 diritti fondamentali da promuovere e difendere:

diritto di essere rispettato;

diritto di esprimersi liberamente e di organizzare;

diritto di imparare a leggere e a scrivere;

diritto all'istruzione per apprendere un mestiere;

diritto di rimanere nel loro villaggio;

diritto di essere sentiti;

diritto a un processo equo;

diritto al riposo per malattia;

diritto all'assistenza sanitaria;

diritto al lavoro non oneroso;

diritto alla sicurezza sul luogo di lavoro;

diritto di divertirsi e il gioco.

Il 14 Dicembre 2020 si è tenuta a Mbour (Senegal), in occasione del trentesimo anniversario del Comitato africano di esperti sui diritti e il benessere del bambino (CADBE), un incontro dei membri del MAEJT. In questa occasione sono state presentate diverse soluzioni per tematiche quali il matrimonio precoce, le mutilazioni genitali e il lavoro minorile. A rappresentare tutti i bambini lavoratori e i loro diritti erano presenti circa 400 gruppi di base, che raggruppano 20000 ragazze domestiche, commesse dei mercati, bambini e giovani lavoratori indipendenti dalle strade e dai mercati. La loro strategia fa appello a esponenti politici e alla sensibilizzazione e all'accompagnamento di altri giovani sul campo, ovunque in Africa, ma anche a far conoscere la Carta dei diritti a bambini e giovani, e ad incoraggiare le istituzioni africane al fine di ottenere maggiori impegni da parte degli Stati a favorire i diritti dell’infanzia. Tutto questo è stato possibile grazie ai punti di vista dei bambini stesse sulle sfide che devono affrontare ogni giorno nei paesi africani.

I materiali usati per questo post sono liberamente consultabili presso:

https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---ed_norm/---ipec/documents/publication/wcms_797515.pdf

https://data.unicef.org/topic/child-protection/child-labour/

https://www.eda.admin.ch/agenda2030/it/home/agenda-2030/die-17-ziele-fuer-eine-nachhaltige-entwicklung.html

https://www.ilo.org/ipec/Regionsandcountries/Africa/WCMS_618949/lang--en/index.htm

https://aejt-ci.org/les-12-droits-de-laejt/

https://afrikbreakingnews.com/2020/12/17/le-mouvement-africain-des-enfants-et-jeunes-travailleurs-maejt-appellent-les-decideurs-a-mieux-prendre-en-charge-leurs-droits/


A cura di Cristina Colombini

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L'Autore

Fabio Di Gioia

Dottore in Scienze internazionali ed istituzioni europee, attualmente si sta specializzando nel corso di laurea magistrale in Relazioni Internazionali. È stato Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti, Referente di Segreteria e co-ideatore del progetto TrattaMI Bene. È ora Caporedattore e autore per la sezione Diritti Umani.

Bachelors degree in International Sciences and European Institutions, currently majoring in International Relations. He has served as Chairman of the Board of Auditors, Secretariat Liaison, and co-creator of the TrattaMI Bene project. He is now Editor-in-Chief and author for the Human Rights section.

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