Riflessioni e conseguenze dopo la storica sentenza della Corte Costituzionale polacca

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  Tiziano Sini
  25 ottobre 2021
  5 minuti, 13 secondi

I riscontri positivi della campagna vaccinale stanno garantendo ai Paesi europei un progressivo ritorno alla situazione pre-pandemica, in particolare sul piano economico, dove nonostante la minaccia inflazionistica causata dalla crescita esponenziale del prezzo delle materie prime, l’andamento sembra estremamente incoraggiante[1].

A questo si sommerà, soprattutto nei prossimi mesi, l’erogazione dei fondi provenienti dal Next Generation Eu, centrale nella strutturazione di progetti ed investimenti per il futuro.

Se il quadro di fronte cui ci troviamo sembra estremamente positivo, almeno per quanto riguarda le politiche interne all’Unione - viste anche le profonde problematicità che in maniera endemica attanagliano l’Europa in Politica Estera (vedi Afghanistan, crisi del Pacifico e crisi migratoria) - quello che in realtà sta accadendo sembra far propendere pur tutt’altra opinione.

A tal proposito, il fatto più eclatante in questa delicata situazione è quello che ha visto protagonista la Polonia, che certo non stupisce più di tanto – nonostante la gravità effettiva dell’accadimento – soprattutto se analizzato in un’ottica generale di contrapposizione ormai estremamente rilevante portata avanti dai Paesi dell’ex blocco sovietico, cosiddetto Blocco di Visegrad[2].

La decisione, infatti, da parte della Corte Costituzionale polacca di far prevalere il proprio diritto interno su quello dell’Unione, suona, se non come una vera e propria dichiarazione di guerra, come una stonatura estremamente roboante[3].

Non a caso si è parlato del primo passo verso l’uscita dalla Polonia dall’Ue, scelta che sembrerebbe quanto mai azzardata, ed oltremodo poco realizzabile, soprattutto per i benefici economici favorevoli che il paese riceve dalla propria collocazione all’interno dell’Unione. Lo stesso Primo Ministro Mateusz Morawiecki ha rapidamente smentito, continuando a portare allo stesso tempo avanti le proprie rivendicazioni[4].

In questo caso, diventa necessario ed interessante avanzare nell’analisi effettuando alcune analogie, che tentino di fornire una interpretazione più ampia agli ultimi avvenimenti: è interessante ricordare infatti come uno dei punti più alacremente dibattuti, e che hanno portato anche importanti frizioni durante il processo di definizione della Brexit, riguardava proprio la supremazia del diritto europeo, aspetto da sempre mal digerita dalle istituzioni inglesi[5].

Va però considerato che quello avvenuto in Polonia è senza dubbio un passo ulteriore rispetto a semplici posizioni politiche: il punto 3 della nota sentenza infatti afferma l’incompatibilità fra la giurisprudenza interna e gli articolo 2 e 19 del Trattato sull’Unione Europea.

Andando a scardinare due principi fondamentali: “Il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati” (art.19), che si poggia a sua volta sull’articolo 2, che pone al centro la tutela e il rispetto dello stato di diritto, di fatto, il Paese pone in essere un' “uscita giuridica” dall’Unione[6].

Uno scenario senza dubbio estremamente critico, che sembra giungere ad un punto di non ritorno, soprattutto per le conseguenze dirette ed indirette che può generare.

Il domino sembra ormai innescato, soprattutto se all’inerzia, almeno iniziale, da parte dell’Unione, si è sostituito il malumore di alcuni Paesi, che stanno assumendo una posizione intransigente nei confronti della Polonia.

Una tale situazione porta con sé però interessanti spunti di riflessione: prima fra tutti la debolezza, almeno transitoria, in cui versa l’Unione, le cui origini sono molteplici.

Da una parte, infatti, verte una situazione di fragilità di carattere politico creatasi internamente a causa della posizione defilata della Francia, al momento in piena campagna elettorale; e soprattutto della Germania, che da sempre ha giocato un ruolo di influenza e raccordo nei confronti dei paesi dell’Est Europa, dove la progressiva uscita di scena della Cancelliera Merkel e le difficoltà a formare un nuovo governo rilegano il Paese ad un ruolo per il momento meno incisivo.

Questo apparente vuoto istituzionale è stato però colmato da azioni unilaterali condotte da altre Nazioni, come ad esempio Paesi Bassi, dove il presidente Rutte ha chiesto mandato formale al Parlamento per intervenire direttamente, punendo la condotta polacca attraverso l’utilizzo del “freno di emergenza[7] inserito come clausola di salvaguardia dello stesso Next Generation Eu, la cui attivazione porterebbe ad uno stop dell’erogazione dei 36 miliardi destinati al Paese[8].

Una vicenda in evoluzione, ma che nuovamente non risparmia critiche rivolte alla strutturazione europea e alle fragilità ad essa intrinseche, dove la mancanza di stabilità istituzionale e preminenza interna - che dovrà essere trovata al di fuori dell’influenza dei singoli Stati - ne garantiscono la supremazia ed il rispetto delle prerogative fondanti, che altrimenti non sarebbero tali.

A questo proposito il posizionamento che assumeranno le Istituzioni europee nei confronti della Polonia saranno essenziali per delineare il futuro. Se infatti da una parte la Presidente della Commissione Von der Leyen ha manifestato tutta la sua preoccupazione, minacciando la possibilità di utilizzare tutti gli strumenti disponibili per punire le condotte non conformi e lesive nei confronti della stessa Ue, come ad esempio le procedure di infrazione, il meccanismo di condizionalità, ma soprattutto l’art.7, da sempre utilizzato come extrema ratio e di deterrenza nei confronti dei Paesi[9].

Dall’altro lato, risulta palese che da queste scelte e dalla fermezza con cui verranno prese si giocheranno sicuramente le sorti dell’Unione Europea, dove una risposta non incisiva potrebbe alimentare tendenze disgregazioniste, dovute sia a scontri interni fra gli stessi Paesi, sia alla progressiva erosione dei pilastri stessi su cui si poggia l’Ue.

Di fronte a questa situazione sembra preannunciarsi quindi un nuovo fronte di crisi interno, con schemi molto simili al passato, ma caratterizzato da un’intensità superiore, in grado, se non risolto in tempi brevi, di minare in profondità le radici europee.

[1] https://www.lastampa.it/economia/2021/09/07/news/eurostat-in-europa-il-pil-cresce-del-2-2-positivo-anche-il-tasso-d-occupazione-0-7-1.40676598

[2] https://formiche.net/2021/02/30-anni-visegrad/

[3] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/polonia-sfida-allunione-europea-31932

[4] https://it.euronews.com/2021/10/18/tensioni-polonia-ue-la-commissione-interferisce-nelle-questioni-costituzionali

[5] https://journals.openedition.org/tp/551?lang=en

[6] https://it.euronews.com/2021/10/07/la-corte-costituzionale-polacca-si-scontra-con-l-europa

[7] https://www.ilsole24ore.com/art/dai-rebate-super-freno-emergenza-parole-chiave-dell-intesa-ADXwAXf

[8] https://www.ilfoglio.it/esteri/2021/10/15/news/l-olanda-perde-la-pazienza-con-varsavia-torna-il-freno-di-emergenza-3163049/

[9] https://www.ansa.it/europa/notizie/europarlamento/news/2021/10/19/faccia-a-faccia-tra-il-premie-polacco-morawiecki-e-von-der-leyen-alleurocamera_be76fc00-0fcf-4ff2-8ec5-21b1e9a93d01.html

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