Taiwan e i suoi conduttori: sono davvero la prima preoccupazione di Pechino?

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  Redazione
  24 giugno 2023
  6 minuti, 19 secondi

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, membro del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale Post

Negli ultimi anni, la principale azienda nel campo delle tecnologie elevate taiwanesi, la “Taiwan Semiconductor Manufacturing Company” (TSMC), è stata al centro di attente valutazioni sulle conseguenze di un'eventuale invasione cinese di Taiwan. Al punto che alcuni analisti hanno sostenuto che il governo di Taiwan dovrebbe distruggere le proprie fabbriche di chip per evitare che cadano, insieme a tutto il know-how che detengono accuratamente, nelle mani della Repubblica Popolare Cinese (RPC).

Qualora questa tragica esperienza si realizzasse con la RPC ad impossessarsi direttamente di tali macchinari e tecnologie produttive potrebbe procedere materialmente allo sviluppo di una propria capacità alternativa di produzione di chip.

In conclusione, la Cina potrebbe emergere come una superpotenza nel campo dei semiconduttori in condizioni di quasi totale autosufficienza. Ne consegue che sotto il profilo tattico e geopolitico, minacciare di distruggere le fabbriche dei semiconduttori servirebbe a scoraggiare un'invasione.

Tuttavia, la TSMC è irrilevante?

Molto tempo prima che TSMC emergesse come colosso dei semiconduttori, i leader cinesi rivendicavano già da allora l’isola di Taiwan come territorio sovrano della Repubblica Popolare.

L'affermazione esiste indipendentemente dall'abilità economica di Taiwan. Per cui, se TSMC scomparisse in breve tempo, Pechino continuerebbe a rivendicare a sé l’appartenenza storica dell’isola di Taiwan.

Il periodo tra le due guerre prima del 1942

Qui, secondo motivazioni geostrategiche relative alla tutela ed integrità territoriale della Cina, sia la leadership nazionalista (KMT) che quella comunista (PCC), sono state sostanzialmente noncuranti di Taiwan.

I commenti delle élite politiche e civili, le pubblicazioni giovanili e i rapporti dell'intelligence governativa trattavano Taiwan come situata al di fuori del dominio tradizionale della Cina e presumevano che un giorno gli abitanti dell'isola avrebbero formato uno stato indipendente.

Alla conclusione della seconda guerra mondiale, le élite al potere in Cina hanno iniziato a valutare quali territori sarebbero stati in una posizione critica dopo il conflitto.

Il governo del Kuomintang, sotto il governo del Generale Chiang Kai-Shek, iniziò a riscrivere la storia della Cina includendo Taiwan, e i comunisti seguirono lo stesso esempio allorché presero il potere nel 1949.

Con uno zelo la cui forza è tanto grande quanto incerto è il suo fondamento storico, la leadership del Partito ha interiorizzato la storia falsificata dietro l'unificazione come obiettivo strategico chiave e irrinunciabile.

Il ruolo della TSMC

In primo luogo, le macchine litografiche avanzate – utili per la stampa dei semiconduttori - di TSMC diventeranno rapidamente inutili in caso di invasione da parte di Pechino.

Se dovessero andare offline anche solo per pochi giorni, accumulerebbero polvere con altri contaminanti dannosi, richiedendo una pulizia approfondita, ma qualsiasi conflitto che avvenga nello Stretto con ogni probabilità andrà avanti per settimane. Tali macchine offline, poiché l'elettricità, la manodopera e i sistemi idrici saranno verosimilmente collassati, diventeranno rapidamente inutili. Poi, le macchine inattive richiederebbero lo smontaggio, la ristrutturazione e infine la ricostruzione fino allo statu quo ante.

Lo status della TSMC

La TSMC dipende da catene articolate e sofisticati sistemi di approvvigionamento, che si estendono oltre i confini nazionali.

Ad esempio, sono numerose le aziende giapponesi, come la Resonac, che fornisce un composto brevettato utilizzato per lucidare i “wafer” di silicio, e la Shin-Etsu Chemical, sono di supporto nel mantenimento continuo delle complesse linee di assemblaggio. Questo flusso di importazioni materiali si esaurirebbe istantaneamente in caso di attacco cinese.

Lo stesso vale per le centinaia di aziende più piccole che popolano a monte e a valle il flusso logistico di TSMC.

Il destino dei lavoratori

Allo stato attuale tutti i lavoratori qualificati possono essere arruolati nelle forze armate di Taiwan oppure fuggire dall'isola. È previsto anche un esodo coordinato dei tecnici stranieri essenziali e dei lavoratori immigrati.

Quanti torneranno a lavorare sotto un eventuale governo autoritario dell’invasore?

Se la Cina Popolare conquista il TSMC, i suoi vantaggi tecnologici svaniranno rapidamente man mano che nuovi produttori e brevetti esclusivi di Formosa in materia di chip si trasferiranno altrove per soddisfare in egual misura la domanda globale di semiconduttori.

La Cina Popolare, per anni, è stata tagliata fuori dalle tecnologie più all'avanguardia per la produzione di chip, e i suoi stessi tentativi di forgiare un'industria di chip leader a livello mondiale sono falliti a causa dei suoi severi controlli sui brevetti e informazioni costruttive e procedurali.

Non a caso, le aziende di chip leader a livello mondiale sono emerse in società in cui manodopera qualificata e informazioni circolano liberamente. Pertanto, qualora TSMC diventasse cinese, la stessa uscirebbe rapidamente dal mainstream della produzione globale di chip.

Inoltre, le considerazioni pratiche non mancano: gli eventi tornerebbero in poco tempo alla normalità una volta alla conclusione del conflitto.

La criticità dell’acqua

Negli ultimi anni Taiwan ha sofferto di siccità cronica .

In tutta risposta, la TSMC ha acquisito una flotta di camion per garantire un sicuro rifornimento di oltre 150.000 tonnellate di acqua al giorno.

Sebbene generalmente ignorato nelle ipotesi di invasione, il sistema idrico già oggi precario di Taiwan si presenta vulnerabile agli attacchi missilistici o al sabotaggio di dighe, tubature e bacini idrici.

Non solo è probabile che l'approvvigionamento idrico a TSMC fallisca e che non sia facilmente ripristinato, ma la sua flotta di camion diventerebbe soggetta alla requisizione da parte del governo.

E’ notorio il detto secondo il quale in guerra la proprietà privata non esiste.

Né la Cina, imparando anche dal conflitto in Ucraina, lascerà in attività i sistemi elettrici di Taiwan: l'artiglieria, i droni e i missili dell’invasore prenderebbero di mira gli autobus, sistemi di trasporto pubblico, treni, strade, ponti e tunnel (dove Taiwan probabilmente nasconderà i suoi sistemi di armi mobili).

Nella Taiwan occupata, le infrastrutture di trasporto rimarrebbero segnate per anni.

La tattica di Pechino

La verità è che TSMC è solo una leva psicologica in mano alla propria propaganda, ma solo per la Cina. Fintanto che le fabbriche di Taiwan sono intatte e funzionanti, la Cina guadagna in questo senso dalla minaccia di distruggerle (“arrenditi, o devasteremo la tua economia!”), mentre Taiwan non guadagna nulla dalla loro distruzione.

Pechino semplicemente scrollerà le spalle. In effetti, il fatto che la loro distruzione possa demoralizzare la popolazione di Taiwan e danneggiare la sua economia di esportazione è una buona ragione per cui Pechino potrebbe andare avanti e distruggerli.

Il significato simbolico dell'industria tecnologica di Taiwan come base della sua libera esistenza rende le fabbriche di chip dell'isola obiettivi allettanti quanto le ex moschee nello Xinjiang.

L’obiettivo strategico della Cina

E’ bene tenere presente che Pechino non vuole semplicemente annettere Taiwan: l’obiettivo primo e ultimo è l’annientamento dell'intera idea di una Taiwan indipendente, democratica, con un sistema industriale ad alta efficienza e funzionamento e, non in ultimo, governato da istituzioni libere e democratiche.

La sua democrazia è una confutazione - urente per Pechino - quotidiana dell'affermazione del Partito Comunista Cinese secondo il quale solamente il partito può e quindi deve governare le persone che considera "cinesi".

Sono posizioni ideologiche e relativi comportamenti che fanno il paio con la recente occupazione violenta di Hong Kong e con i severi controlli del PCC sulle aziende cinesi della madrepatria – e le nomine obbligatorie del partito in quelle straniere – le quali mostrano che i guadagni economici sono meno importanti per il Partito rispetto al dominio dispotico del potere politico.

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