Il primo luglio 2025, la Corte Costituzionale thailandese ha sospeso la premier Paetongtarn Shinawatra con l’accusa di aver violato l’etica istituzionale. Una decisione che scuote l’equilibrio del Paese, rivelando tensioni profonde non solo all’interno dell’attuale governo, ma anche nella lunga e controversa storia politica della dinastia Shinawatra, da anni protagonista di uno scontro frontale tra potere popolare e élite conservatrici.
Il contesto politico thailandese
La Thailandia è formalmente una monarchia costituzionale democratica, ma nella pratica il potere è suddiviso e conteso da un triangolo di forze che da decenni condiziona la vita politica del Paese: l’élite monarchico-militare, l’apparato giudiziario e i partiti populisti legati alla famiglia Shinawatra. A tutto ciò si aggiunge l’influenza determinante dell’esercito, che si presenta come garante dell’ordine e dell’unità nazionale, ma che ha di fatto plasmato la storia recente del Paese: dal 1932 ad oggi, sono stati ben 13 i colpi di stato militari, molti dei quali mirati a bloccare governi democraticamente eletti.
All’interno della politica thailandese si è creata una profonda e ormai cronica spaccatura ideologica e sociale: da una parte si collocano i populisti pro-Shinawatra, conosciuti anche come “i rossi”, sostenuti principalmente dalle masse rurali del Nord e del Nord-Est, che chiedono riforme economiche e sociali e vengono spesso premiati alle urne; dall’altra ci sono i monarchico-militari, i cosiddetti “gialli”, sostenuti dalle élite urbane, dall’esercito e dalla monarchia, più conservatori e determinati a difendere lo status quo. I primi vincono spesso le elezioni, i secondi riescono però frequentemente a bloccarne l’operato o a rimuoverli attraverso sentenze giudiziarie o colpi di Stato.
La dinastia Shinawatra
Il partito Thai Rak Thai, oggi noto come Pheu Thai Party, venne fondato da Thaksin Shinawatra, padre di Paetongtarn, imprenditore e magnate delle telecomunicazioni diventato primo ministro nel 2001. Thaksin era popolarissimo tra le fasce più povere del Paese, soprattutto nelle zone rurali, grazie a politiche di inclusione economica, sanità pubblica gratuita e microcredito agricolo. Ma il suo successo elettorale e il suo stile decisionista suscitarono l’ira delle élite di Bangkok, che lo accusarono di corruzione e autoritarismo. Nel 2006, venne destituito da un colpo di stato militare e successivamente si autoesiliò.
Nel 2011, dopo anni di tensioni, fu eletta premier Yingluck Shinawatra, sorella di Thaksin e zia di Paetongtarn, diventando la prima donna a guidare il governo thailandese. Anche il suo governo, però, non durò a lungo: venne rimosso nel 2014, in seguito a un controverso processo della Corte Costituzionale, e pochi mesi dopo il Paese visse un altro colpo di stato militare, l’ennesimo nel suo tormentato percorso democratico.
Nel 2023, Paetongtarn Shinawatra, figlia di Thaksin, è diventata leader del Pheu Thai Party. Il partito ha vinto le elezioni politiche, ma nonostante il successo alle urne, non è riuscito subito a formare un governo a causa del blocco imposto dall’esercito e dai meccanismi istituzionali controllati dalle forze conservatrici. Dopo lunghi negoziati e compromessi politici, nel 2024 il Pheu Thai riesce finalmente a ottenere il potere, e Paetongtarn diventa premier: una figura giovane, moderna, che prometteva un nuovo inizio per il partito e per il Paese.
Tuttavia, il 1° luglio 2025, tutto cambia nuovamente. In seguito a una telefonata tra la premier e l’ex primo ministro cambogiano Hun Sen, l’opposizione ha denunciato il tono deferente usato dalla premier, definendolo “servile” e accusandola di indebita sottomissione a potenze straniere. Sulla base di questa accusa, la Corte Costituzionale ha deciso di sospendere la premier, concedendole quindici giorni di tempo per difendersi.
Questo episodio pone l’attenzione sulle possibili implicazioni che questa mossa potrà avere nella stabilità istituzionale e nella società thailandese.