Tra Hamas e Iran scorre il petrolio

  Articoli (Articles)
  Federica Luise
  17 novembre 2023
  6 minuti, 44 secondi

Il conflitto tra Israele e Hamas sta condizionando l’intera regione del Medio Oriente e la geopolitica mondiale, lasciando a bocca aperta gli Stati davanti alle atrocità commesse da entrambe le parti, e dando nuovamente vita a quei sentimenti di antisemitismo e di islamofobia con episodi di violenza in diversi luoghi del mondo. Hamas è un partito politico e un’organizzazione terrorista, riconosciuta tale da Stati Uniti, Unione Europea e Israele. Tuttavia, la guerra in corso è ben più ampia dei soli attori coinvolti: Israele è sostenuta in primis dal suo alleato storico Washington e dagli Stati con i quali ha intrapreso delle relazioni economico-commerciali. Hamas, è sostenuta dall’Iran e sta attraendo l’attenzione di diversi Stati arabi che hanno sempre avuto a cuore la questione palestinese. Infatti, la Palestina, il territorio su cui si stanno perpetrando attacchi israeliani, vede quotidianamente la morte di migliaia di persone, di cui principalmente bambini.

Hamas, acronimo di Harakat al-Muqawama al-Islamiya (movimento di resistenza islamica, حركة المقاومة الاسلامية) è stato fondato dopo lo scoppio della prima intifada da Ahmed Yassin, un religioso palestinese cresciuto come attivista delle sezioni locali dei Fratelli Musulmani, un’organizzazione dell’islam politico nata in Egitto negli anni ’20. Nel 1988 Hamas si pone come obiettivo la distruzione di Israele e l’istituzione di uno Stato islamico in Palestina.

A partire dagli anni ’80 Hamas è sostenuta da Teheran diplomaticamente e finanziariamente, così come una serie di altre milizie e di movimenti politici, tra cui quello del governo della Siria di Bashar al-Assad. Infatti, il report del 2020 del Dipartimento degli Stati Uniti ha dichiarato che l’Iran ha sovvenzionato tutti i gruppi armati palestinesi con circa $100 milioni all’anno, così come si stimano $200 milioni all’anno per Hezbollah, organizzazione paramilitare islamista sciita e antisionista libanese.

Tel Aviv – Teheran, una guerra d’ombra

Sotto la dinastia Pahlavi (1925-1979), le relazioni tra Israele e Iran erano tutt’altro che ostili: l’Iran era all’interno del comitato delle Nazioni Unite per trovare una soluzione al contenzioso tra Israele e Palestina, e aveva proposto di istituire uno Stato con all’interno cantoni arabi e cantoni ebrei. Teheran aveva sostenuto Israele anche dopo il 1948, in cui era stato riconosciuto il territorio israeliano e non si era schierato davanti alla Nakba, ovvero la pulizia etnica, sfollamento forzato ed espropriazione a danno dei palestinesi.

La situazione cambiò quando Mohammad Mossadegh divenne Primo Ministro dell’Iran nel 1951 e nazionalizzò la compagnia petrolifera del Paese, che era monopolizzata dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, recidendo i legami anche con Israele, in quanto vittima degli interessi occidentali. Washington organizzò un colpo di stato riprendendo il controllo del Paese, e i legami con Tel Aviv crebbero al punto che l’Iran divenne il principale esportatore di petrolio in Israele, con la costruzione del relativo oleodotto che metteva in collegamento i due Paesi (Trans-Israel Pipeline).

All’arrivo del nuovo leader, l’ayatollah Khomeini, la visione persiana cambiò radicalmente in direzione islamica e antioccidentale. Da quel momento, l’Iran iniziò a sostenere la cosiddetta asse della resistenza, ovvero una rete di gruppi politici e armati in tutta la regione del Libano, della Siria, dell’Iraq e dello Yemen, tra cui anche Hamas, Hezbollah e il Movimento per il Jihad Islamico in Palestina (DIJ). Allo stesso modo, Israele ha sostenuto gruppi contro l’establishment iraniano come i Mojahedin-e Khalq (MEK), organizzazione d’opposizione al regime, e gruppi armati curdi nel Kurdistan iracheno.

Le tensioni tra Teheran e Tel Aviv sono proseguite con una guerra d’ombra, in cui non vi sono mai stati degli attacchi dichiarati o rivendicati. Ad esempio, rimanendo in tema energetico, il programma nucleare iraniano è stato criticato da Israele per farne un uso militare oltre che civile, e si sono verificati dei sabotaggi fisici e tecnologici alle centrali nucleari in Iran. Ugualmente, Israele ha accusato l’Iran di inviare dei droni sulle petroliere israeliane e altri attacchi digitali, oltre all'accusa di possedere illegalmente delle armi nucleari non dichiarate.


E il petrolio?

Il petrolio è uno dei beni più preziosi scambiati sui mercati internazionali, la sua influenza nella sfera politica ed economica è diffusa e riconosciuta globalmente come strumento cruciale nel definire i rapporti tra i Paesi. L’oro nero, infatti, è al contempo una fonte di cooperazione e di tensioni, che influenza flussi di aiuti esteri e alleanze militari.

Il legame tra petrolio e sicurezza internazionale è molto sottile e consente la cosiddetta petro-aggressione, in cui i proventi petroliferi consentono ai leader dei petro-Stati di provocare facilmente dei conflitti grazie al loro uso dei ricavi dalle esportazioni petrolifere.

Per petro-Stato si intende un Paese in cui più del 70% delle entrate provengono dalle esportazioni di oro nero e di gas, da cui l’economia è dipendente. Alcuni petro-Stati utilizzano tutt’ora la loro ricchezza per finanziare determinati radicalismi statali e religiosi nel mondo, meccanismo definito petro-insorgenza, come è ipotizzabile per l’Iran.

Infatti, l’asse della resistenza sostenuta da Teheran si muove su due binari: il primo è unicamente un sostegno politico alla causa palestinese, mentre il secondo è un supporto in termini materiali, come armi, droni e munizioni. Molto spesso, questo materiale giunge in Palestina attraverso i tunnel sotterranei nel Sinai, usati da diversi gruppi terroristi per il commercio illegale di armi e persone.

Il finanziamento dei gruppi armati è agevolato dalla difficoltà di tracciare con precisione il flusso finanziario derivante dalle entrate petrolifere, che costituiscono la principale fonte di incasso di molti Stati della regione. Questa mancanza di trasparenza complica notevolmente il tentativo di identificare i movimenti finanziari di ogni Stato nella complessa scacchiera geopolitica del Medio Oriente.

Un possibile embargo energetico

La petro-insorgenza è un fenomeno tutt’altro che nuovo, vede l’Iran e l’Arabia Saudita finanziare storicamente Hamas contro Israele. Tuttavia, la recente escalation in Medio Oriente ha coinvolto anche il Qatar e la Turchia, entrambi a sostegno del Movimento di Resistenza Islamica.

Questo intreccio di interessi strategici, energetici e militari potrebbe concretizzarsi in un embargo energetico nei confronti di Israele, con l’Iran e il Qatar come esportatori di petrolio e la Turchia che funge da territorio di transito dell’oleodotto proveniente dall’Azerbaigian verso Tel Aviv (Israele ha infatti sostenuto Baku nella recente controversia nel Nagorno-Karabakh e fornisce il 70% delle armi). Difatto, il concetto dell’embargo, in questo caso di armi e munizioni, è già stato richiesto da parte di un summit arabo-islamico tenutosi a Riyadh l’11 novembre.

In quest’ottica, si profila anche un’interessante dinamica di potere energetico in Europa: la Turchia sembra ambire a un ruolo di primo piano come esportatore di gas offrendosi come garanzia di sicurezza per i Paesi Europei al posto di Israele, con cui aveva stretto diversi accordi energetici da più di un anno.

Per di più, da un punto di vista strategico, l’Iran detiene uno dei choke points (o colli di bottiglia) più importanti: lo stretto di Hormuz, passaggio vitale per il commercio e l’approvvigionamento energetico. In effetti, Arabia Saudita, Iran, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Iraq esportano il petrolio attraverso questo punto, così come il Qatar utilizza lo stretto per esportare il GNL, di cui è esportatore mondiale.

Se il conflitto si estendesse fino alla chiusura dello Stretto di Hormuz, i prezzi del commercio e del petrolio lieviterebbero drasticamente causando danni significativi a Israele e al panorama economico-commerciale-energetico internazionale.

Mondo Internazionale APS - Riproduzione Riservata ® 2023

Condividi il post

L'Autore

Federica Luise

Tag

Hamas Israele Palestina guerra Medio Oriente Iran iran-hamas Washington Stati Uniti petroinsorgenza petroaggressione Petrolio Gas terrorismo attualità Teheran tel aviv Embargo embargo energetico sicurezza internazionale