Una Serbia sempre più cinese

La Serbia è ufficialmente candidata all’ingresso nell’Unione Europea da più di 10 anni, ma solo tre dei 33 capitoli necessari al raggiungimento di questo obiettivo sono stati risolti. La Cina approfitta di questo stallo per aumentare gli aiuti verso il Paese, ma questo servizio non è di certo gratuito.

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  Ilde Mattei
  05 giugno 2023
  3 minuti, 38 secondi

La Serbia è un Paese candidato ufficialmente all’ingresso nell’Unione Europea da più di 10 anni ma solo tre dei 33 capitoli necessari al raggiungimento di questo obiettivo sono stati risolti. Inevitabilmente, questa lunga attesa rafforza il sentimento di illusione e tradimento risentito dai cittadini serbi nei confronti di Bruxelles. Ben consapevole di questa dinamica e dei bisogni di sviluppo economico del Paese, la Cina ha sfruttato questa situazione per avvicinarsi alla Serbia. Infatti, da qualche anno, Pechino stipula accordi commerciali decisivi e finanziano grandi progetti infrastrutturali ed estrattivi, determinando una crescita dell'economia serba del 7%.

Nonostante la cifra importante dei finanziamenti europei, che continuano ad essere erogati, questi ultimi non possono competere con gli aiuti cinesi. La competitività degli investimenti cinesi, però, deve la propria forza non solo alla grandezza, ma anche agli standard sicuramente meno stringenti in campo sociale, ambientale e lavorativo: la crescita economica di cui il Paese ha beneficiato è un vanto solamente sul piano della statistica internazionale e a grande scapito dei lavoratori locali. Uno degli esempi più eclatanti di questo fenomeno è la fabbrica di pneumatici a Zrenjanin. Questa fabbrica offriva lavoro ad un alto numero di cittadini locali, solo che con il passaggio alla gestione da parte dei cinesi sono stati assunti esclusivamente lavoratori cinesi e vietnamiti, poi sistemati in baracche in condizioni disumane. Anche gli standard ecologici e sanitari erano notevolmente diminuiti, causando un significativo aumento dell’inquinamento nella zona.

Oltre a stipulare accordi commerciali, la Cina sta finanziando grandi progetti infrastrutturali il cui rimborso da parte del governo serbo è quasi impossibile, perché il Paese non ha i mezzi economici o perché i progetti hanno più lo scopo di fare eco che di essere di pubblica utilità. Tuttavia, la Cina ha proposto e accordato tali prestiti, consapevole che esistono anche altre forme di pagamento. Per questo motivo, la Serbia non può più schierarsi contro la Cina, ossia al fianco dell’Unione, nelle questioni di interesse internazionale. Non è un caso che negli ultimi 5 anni, più del 50% delle volte, la Serbia abbia cambiato le sue posizioni allineandole con quelle di Pechino, per esempio, nel caso del Taiwan.

In virtù di queste dinamiche, negli ultimi mesi l'Unione Europea sta tentando di migliorare i rapporti con il governo serbo e aumentando i finanziamenti verso il Paese. Nonostante ciò, Belgrado ha perso interesse nello stato di candidato del Paese all’ingresso nell’Unione, anche considerate le esigenze democratiche di quest’ultima, contrarie alla progressiva deriva autoritaria del governo. Di conseguenza, gli aiuti UE non sono per nulla valorizzati agli occhi della popolazione serba, al contrario di quelli erogati dalla Cina. In sostanza, la Cina utilizza lo stesso modus operandi in Montenegro, dove dalla cooperazione sino-montenegrina sono nate: videocamere dotate di riconoscimento facciale sparse per tutta la capitale, un'enorme autostrada inutilizzata, miniere ampliate e la cui attività estrattiva sta provocando notevolmente l’inquinamento del Paese ben oltre i limiti legali, peggioramento della condizione lavorativa degli abitanti locali.

Considerando l’evolversi della situazione, viene da chiedersi com'è possibile che l’Unione Europea abbia perso una tale influenza o che si sia disinteressata dei suoi vicini fino a questo punto? Com'è possibile che abbia sottovalutato il rischio di un'ingerenza cinese? E soprattutto, è già troppo tardi per recuperare il terreno perso? Qualche cambiamento di strategia di politica estera europea nei Balcani inizia a farsi sentire ma per vederne i frutti bisognerà ancora attendere.

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Fonti consultate per l'articolo:

Credits: https://images.unsplash.com/photo-1508804052814-cd3ba865a116?ixlib=rb-4.0.3&ixid=M3wxMjA3fDB8MHxzZWFyY2h8NXx8Y2luYXxlbnwwfHwwfHx8MA%3D%3D&auto=format&fit=crop&w=500&q=60

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L'Autore

Ilde Mattei

Laureata in Philosophy, International and Economic Studies all’Università Ca’Foscari di Venezia, sta collaborando con un’organizzazione no-profit francese a Strasburgo per creare ed implementare progetti volti alla sensibilizzazione dei giovani sull’importanza di essere cittadini europei.

Si interessa principalmente di migrazione e all’ambiente con l’intento di rendere accessibili a tutt* queste tematiche.

All’interno di Mondo Internazionale è autore per l’area tematica di Organizzazioni Internazionali.

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