Violazioni dei diritti umani in Siria

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  Alessia Cominotti
  27 novembre 2022
  4 minuti, 2 secondi

La guerra civile siriana iniziata nel 2011 in Siria, vede contrapporsi due  poli: le milizie armate definite ribelli e le forze governative che supportano il governo di Bashar al-Assad. Le proteste, inizialmente pacifiche, mirano alle dimissioni del presidente e alla soppressione della struttura istituzionale monopartitica del Partito Ba’th.

Tuttavia con lo svilupparsi del conflitto, si aggiunge una componente estremista di stampo salafita che cresce fino a rappresentare il 75% del totale dei ribelli antigovernativi, con l'obiettivo di instaurare la Shari’a in Siria. Il perdurare del conflitto e la posizione strategica del paese, trasformano così, uno scontro interno in una questione che tocca da vicino l’intera comunità internazionale

Lo scontro ha portato alla luce una situazione già da tempo complessa. In Siria le organizzazioni internazionali hanno accertato violazioni dei diritti umani che sembrano essere presenti fin dal 1963, ben prima della rivolta. Le forze di sicurezza del paese esercitano un ampio potere di arresto e detenzione e, anche in periodi di pace del governo di Assad, rapporti di Human Rights Watch hanno rilevato situazioni di grave oppressione dei diritti umani.

Dopo oltre dieci anni dall’inizio del conflitto civile, la Siria è ancora un luogo pericoloso per il ritorno dei rifugiati. Lo rivela un’inchiesta svolta da un gruppo di esperti di crimini di guerra delle Nazioni Unite, il quale dichiara un inasprimento delle violenze e delle violazioni dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza. Le truppe governative hanno compiuto attacchi diretti verso la popolazione e le infrastrutture civili. Hanno inoltre tenuto sotto assedio civili nel sud della Siria, limitandone l’accesso agli aiuti umanitari. L’esercito nazionale siriano ha sottoposto i civili a tortura, maltrattamenti e rapimenti. Le Nazioni Unite accertano che all’inizio del 2021 il governo siriano ha lanciato missili e colpi di artiglieria contro un ospedale nell’area rurale di Aleppo. Il rapporto aggiunge che, nello stesso giorno, il governo ha lanciato raid aerei su un impianto di gas, distruggendo 18 autoarticolati parcheggiati al confine e obbligando le organizzazioni umanitarie che operano nel territorio a sospendere temporaneamente le attività. In aggiunta, le forze governative hanno messo sotto assedio i civili impedendo l’accesso a risorse e servizi essenziali, e continuando ad ostacolare l’intervento delle Nazioni Unite.

A fine anno (2021), gli sfollati nel territorio siriano ammontavano a 7 milioni, mentre coloro che hanno cercato rifugio fuori dal paese a ben 5 milioni. Molti rifugiati sono stati costretti a fare ritorno in Siria a causa della problematicità delle condizioni umanitarie negli Stati limitrofi che hanno reso difficile ottenere un permesso di soggiorno. Al loro rientro sono stati sistematicamente sottoposti a detenzioni, torture e maltrattamenti ,oltre che a sparizioni forzate. 

Per tutte le persone dislocate nei territori siriani la pandemia ha avuto un impatto ben maggiore. Il rischio di contrarre la malattia è aumentato notevolmente a causa della mancanza di precauzioni quali: distanziamento fisico, servizi essenziali tra cui acqua, medicinali, e servizi igienici. Gli operatori umanitari hanno dichiarato che le ONG non erano in grado di assicurare una fornitura salvavita per curare infezioni, malattie cardiovascolari e diabete. Nella maggior parte dei casi, si è dovuto scegliere quali pazienti curare in base ai medicinali disponibili. Nonostante il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non sia riuscito ad affrontare la situazione siriana, quattro Stati europei hanno iniziato ad indagare presso i propri tribunali nazionali le violazioni commesse riconducibili a crimini di guerra. Tra questi vi è la Germania che ha condannato un funzionario dei servizi di sicurezza siriani a quattro anni di carcere per favoreggiamento di crimini di guerra, nonché per torture ai danni di diversi manifestanti.

In un rapporto, Amnesty International ha documentato le violazioni dei diritti umani inferte a 66 rifugiati rientrati in patria, tra questi 5 sono deceduti e 17 risultano scomparsi. L’aver lasciato la Siria infatti, viene considerato dal governo come un atto di tradimento o terrorismo e secondo le forze governative, ciò giustificherebbe l'uso della tortura e dei trattamenti disumani e degradanti contro chi fa rientro nel paese. Amnesty International ha documentato altrettanti casi di violenza sessuale contro donne e bambine. Una testimone rivela di essere stata minacciata per aver lasciato il paese, <<non dimenticherai il modo in cui ti abbiamo umiliata>>, sono le parole che le sono state riserbate al suo rientro. La gravità della situazione è acuita dal fatto che nessuna zona della Siria al momento, sia realmente sicura.

Negli anni l’intensità dei combattimenti è diminuita notevolmente, lasciando i territori liberi sotto il comando delle forze governative che controllano il 70% del paese. Gli abitanti siriani si trovano perciò in una strada senza uscita: rimanere in Siria sotto il controllo repressivo delle forze governative o cercare un possibile asilo in altri Stati, rischiando di subire violenze una volta tornati nel proprio paese.

Fonti consultate per il presente articolo

https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_civile_siriana

https://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-umani/2021/09/15/news/siria_onu_la_siria_e_un_luogo_insicuro_per_il_ritorno_dei_rifugiati-317898511/

https://www.amnesty.it/rapporti-annuali/rapporto-2021-2022/medio-oriente-e-africa-del-nord/siria/

https://www.amnesty.it/siria-r... 

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Alessia Cominotti

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Guerra civile Siria Diritti umani violazione Medio Oriente