Abstract
Questa pubblicazione rappresenta la quinta di un ciclo di analisi che esplora la situazione in Medio Oriente, focalizzandosi sul conflitto israelo-palestinese. L'articolo analizza la complessa situazione geopolitica del Medio Oriente alla luce di eventi recenti, come il conflitto Israele-Hamas del 7 ottobre 2023 e la caduta del regime di Assad in Siria a dicembre 2024.
L’articolo esplora il modello politico imposto dall’Occidente, lo Stato-nazione, tenendo in considerazione le rivalità ideologiche, etniche e religiose, nonché dall’ingerenza di potenze esterne come USA, Russia, UE e Cina. Infine, l’articolo esplora il ruolo crescente di Israele come potenza dominante, il nuovo peso della Turchia post-Assad, l’indebolimento dell’influenza iraniana e russa e il ruolo degli Stati Uniti di Trump.
Autore
Gabriel Silini, Senior Researcher, Mondo Internazionale G.E.O. - Politica
Introduzione
Come analizzato negli articoli precedenti di questo ciclo, il Medio Oriente è da oltre settant'anni caratterizzato da violenti conflitti esacerbati da regimi dittatoriali e dal ruolo di attori esterni, come gli Stati Uniti, la Russia e l'Unione Europea. La crisi nel Medio Oriente, caratterizzata da rivalità, ideologie e alleanze precarie, resta ad oggi uno dei temi più discussi e controversi sulla sicurezza mondiale (Lorenzi, 2025).
Al fine di poter definire le prospettive future della regione, è essenziale sottolineare che con poche probabilità il Medio Oriente potrà raggiungere la pace con il modello di Stato-nazione imposto dall'Occidente.
Infatti, il concetto di Stato-nazione è prettamente occidentale e fu imposto dopo il colonialismo in Africa e Medio Oriente tracciando delle linee immaginarie su una mappa, ignorando la realtà culturale della regione. L'accordo Sykes-Picot, firmato nel maggio 1916, tra Gran Bretagna e Francia per la spartizione dell'Impero Ottomano dopo la Prima Guerra Mondiale, è l'origine di questo ordine di Stati-nazione nella regione (Cicek, 2024). Nel tracciare i loro confini, Gran Bretagna e Francia si sono concentrate principalmente sulle risorse idriche e petrolifere della regione, trascurando la diversità demografica (Marshall, 2023).
Una pace sempre più lontana: il 7 ottobre 2023
Nonostante gli svariati tentativi di pace, negli ultimi decenni gli Stati del Medio Oriente hanno accresciuto nettamente le loro spese in armamenti, aumentando del 103% tra il 2008-2012 e 2013-2017. Il mercato delle armi ha favorito molte economie occidentali, in particolare Stati Uniti, Francia, Germania e Italia, che sono i maggiori fornitori di armi nella regione (SIRPI, 2018).
Il 22 settembre 2023 Benjamin Netanyahu, Primo Ministro Israeliano, ha dichiarato all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite l'alba di un'era di pace in Medio Oriente, sottolineando il suo impegno per creare un futuro migliore nella regione (The Times of Israel, 2023).
Nonostante le parole di Netanyahu due settimane prima, il 7 ottobre 2023 Hamas ha guidato gruppi armati da Gaza nel territorio israeliano provocando più di mille vittime (Sostmann et.al., 2024). Questo attacco ha mostrato la fragilità di Israele, nonostante la sua superiorità economica, impattando la regione e le sue dinamiche future.
Le azioni di Hamas del 7 ottobre, definito da Israele come l’11 settembre israeliano, hanno scatenato una violenta risposta dello Stato d'Israele, che ha usato tutto il suo potere non solo per neutralizzare la potenza militare di Hamas, ma anche per distruggere le leadership politiche dietro ad Hamas (Di Liddo et.al, 2024). Nel 2024, Gaza ha contato per mano israeliana oltre 47.000 morti e tre quarti degli edifici distrutti (Lorenzi, 2025).
Le conseguenze della caduta di Assad in Siria
La caduta del regime dittatoriale di Assad in Siria l'8 dicembre 2024 ha aperto nuove possibilità per Israele, che ha ampliato “temporaneamente” il suo territorio per garantire la pace, violando gli accordi internazionali con la Siria (Lanzetta, 2024). La Turchia, sostenitrice dell'opposizione siriana contro Assad, ha ora la possibilità di espandere la sua influenza e di avere maggior potere contro Russia e Iran, sostenitori di Assad.
l'Iran ha subito maggiormente la caduta del regime in Siria, che nel 2024 ha perso per mano di Tel Aviv figure essenziali, come Saleh al-Arouri, vicecapo di Hamas e contatto fondamentale per Teheran a gennaio, ma anche il comandante dell'organo militare iraniano del corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica Mohammad Reza Zahedi, e il suo successore, Abbas Nilforoushan in aprile. Inoltre, Teheran ha perso per mano israeliana anche il Presidente Ebrahim Raisi e il Ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian a maggio (Lanzetta, 2024).
La Turchia, con la caduta della dittatura di Assad in Siria, cercherà di espandere ulteriormente il suo potere nella regione, ponendosi come garante di pace e sicurezza nella zona, gestendo il flusso di rimpatri per l'UE. Tuttavia, la Turchia dovrà giocare un ruolo decisivo in Siria per garantire la pace nello Stato, impedendo il ruolo di Russia e Iran. Un altro rischio da non trascurare è il ruolo dei curdi, con cui la Turchia dovrà negoziare, integrandoli nelle decisioni politiche Siriane per evitare che il Kurdistan, che sogna l’indipendenza e l'unificazione dei territori curdi di Turchia, Iraq e Iran, alimenti le tensioni nella zona (Lanzetta, 2024).
La caduta di Assad ha danneggiato anche la Russia, partner e grande investitore del regime di Assad. La caduta di Assad non solo ha dimostrato l'incapacità del Cremlino di salvare il suo alleato, che ha alzato inquietudini anche in altri regimi supportati dalla Russia, ma ha anche rappresentato una notevole perdita strategica nel Mediterraneo, dato che Mosca potrebbe perdere sia una base navale in acque calde che una base aerea (Caputo, 2024).
Finora, gli Emirati hanno cercato di mantenere lo status quo differenziando la propria politica commerciale dalle questioni politiche. Questo perché hanno firmato gli Accordi di Abraham per contribuire almeno in parte a congelare le attività di insediamento israeliane. Gli Emirati, il Bahrain e l'Arabia Saudita vogliono evitare lo scoppio di un ulteriore conflitto regionale durante un momento cruciale di diversificazione economica (Mason, 2023).
Oltre a Israele, Turchia e Iran, anche gli Stati arabi hanno un ruolo essenziale per analizzare il futuro della regione. La ricostruzione della Siria, il cui danno stimato risulta tra i 400 e 1000 miliardi di dollari, rappresenta un ruolo essenziale nel ristabilire la pace (Lanzetta, 2024).
Una Siria stabile sarebbe infatti la chiave per stimolare la pace e la cooperazione tra i Paesi confinanti. Tuttavia ciò richiede un impegno diplomatico significativo. Per garantire un approccio coordinato alla stabilizzazione della Siria, gli Stati Uniti dovrebbero impegnarsi nella diplomazia multilaterale con Turchia e Qatar, e mediare le risposte con gli attori regionali importanti come l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, Israele e la Giordania.
Gli Sforzi diplomatici nel Medio Oriente
Dal 2020, gli sforzi diplomatici per riappacificare la regione sono stati considerevoli, come ad esempio l'accordo di normalizzazione tra Arabia Saudita e Iran del 2023 mediato dalla Cina, che ha aperto le porte verso cooperazione e rispetto reciproco. Tuttavia, malgrado gli sforzi di Potenze esterne, la de-escalation totale delle tensioni nel Medio Oriente risulta ancora lontana, spesso proprio a causa delle stesse Potenze esterne che, sebbene da una parte spingano per raggiungere trattati di cooperazione, al tempo stesso stringono rapporti economici o militari con uno degli attori, creando quindi tensioni nella regione.
In particolare, l'approccio degli Stati Uniti nella regione consiste maggiormente nel supportare la de-escalation solo in aree specifiche, pur mantenendo interessi strategici. Questo approccio, particolarmente evidente durante l'amministrazione Biden verso i negoziati israelo-palestinesi e dal rafforzamento dei legami militari con Israele nel frattempo, consente una de-escalation tattica mantenendo l'influenza nella regione, la quale non potrà portare ad una pace stabile e duratura (Alexander, 2024).
Nonostante questi accordi raggiunti impediscano una escalation totale nella regione creando legami economici e commerciali, essi non vanno a toccare i fattori sociali e pertanto non bastano a raggiungere una vera e propria de-escalation, lasciando la regione nello status quo.
La politica estera attuale del secondo mandato dell'amministrazione Trump, nota come “pace attraverso la forza”, continua a dare la priorità agli interessi statunitensi, esercitando politiche militariste per ottenere risultati che non possono essere raggiunti con la forza, come dimostrano il fallimento dell'accordo di armistizio tra Israele e Hamas (Langlois, 2025).
Nell'aprile 2025 Trump e il premier israeliano Netanyahu si sono incontrati a Washington, dove il Presidente americano ha sottolineato che un accordo con l'Iran "sarebbe più vantaggioso rispetto all'ovvio (Redazione Adnkronos, 2025)", riferendosi all'uso della forza armata per la prima volta dalla delegazione Obama. Questa affermazione conferma l'intenzione della Casa Bianca di continuare con la strategia di pressione sull'Iran, il cui regime islamista sostiene apertamente gruppi jihadisti come Hamas, Hezbollah e gli Houthi per contrastare l'influenza di USA e Israele nel Medio Oriente.
Conclusioni
Il Medio Oriente sta attualmente attraversando una fase drammatica dove influenze interne ed esterne competono per espandere la loro fascia di influenza in una regione ricca di materie prime. In un contesto simile, dove gli interessi del popolo sono stati ignorati per ormai più di cento anni da quando l'Occidente ha imposto il concetto di Stato-nazione, è difficile prevedere se la regione sia sull'orlo di una nuova era stabile o se altri regimi crolleranno o subiranno cambiamenti significativi. Di certo resta che Israele, Potenza centrale e influente nella regione sia per la sua forza economica sia per il supporto degli Stati Uniti, sarà protagonista nel plasmare il nuovo Medio Oriente (Tzur, 2025).
Nonostante Israele abbia raggiunto accordi con Hamas e Hezbollah e abbia annunciato l'apertura della nuova Siria a guida sunnita, il futuro del Medio Oriente continua ad essere incerto. La guerra ha causato gravi perdite, sia in termini di popolazione e leadership, sia di infrastrutture.
Il ruolo di attori internazionali, come già sottolineato, potrebbe non raggiungere i risultati di pace duratura sperati dalla popolazione, la quale potrebbe vedere il ruolo delle grandi Potenze estere come un ostacolo. Inoltre, lo scontento della popolazione verso la governance sunnita in Gaza, che ha perso numerosi Attori importanti, potrebbe creare la possibilità di un cambio politico del Paese.
Nonostante gli accordi di normalizzazione e i tentativi di mediazione, il futuro della regione resta incerto. Le diseguaglianze sociali, il risentimento popolare e il ruolo ambiguo delle grandi Potenze rendono difficile una pace duratura (Bellavia, 2025).
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Bibliografia
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