Il Terzo plenum del Partito comunista cinese

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  08 August 2024
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Abstract

Tra il 15 e il 18 luglio a Pechino si è tenuto il Terzo Plenum del XX congresso del Partito comunista cinese. L’incontro rappresenta un momento chiave per l’attività del partito e lo sviluppo del paese per gli anni a venire. Questo articolo analizza questo evento in tre parti. La prima sezione si propone di fornire il contesto storico per decifrare correttamente la portata di quanto accaduto. La seconda parte tratta delle politiche adottate durante il XX Terzo Plenum. Infine, l’ultima parte cerca di spiegarne le motivazioni.

Il contesto

Il Terzo plenum del XX Comitato centrale del Partito comunista cinese, comunemente noto come Terzo plenum, rappresenta un momento cardine della vita del partito. Riunendo i suoi 205 membri titolari (People’s Daily, 2022a) e 171 membri supplementi (People’s Daily, 2022b), l’evento rappresenta il terzo incontro del ciclo quinquennale del Comitato centrale del partito, il massimo organo decisionale quando il Congresso nazionale del partito non è riunito. Il Congresso nazionale rappresenta teoricamente l’organo al vertice del potere decisionale del partito, e si compone, dal 2022, di 2296 delegati (The Paper, 2022), in rappresentanza della totalità degli iscritti al partito che, secondo le statistiche ufficiali aggiornate alla fine dell’anno 2023, ammonta a 99.185.000 (Consiglio di stato della Repubblica popolare cinese, 2024a). A partire dal 1977, il Congresso nazionale è convocato con cadenza quinquennale e, dal 1987, cade nella stagione autunnale (People’s Daily, 2024).

Generalmente vengono tenuti sette incontri plenari nel corso dei cinque anni in cui il Comitato centrale è in essere. I primi due sono solitamente incentrati sul ricambio e il consolidamento delle figure di potere, il terzo avviene a transizione di potere conclusa e si occupa dell’aspetto economico. In virtù degli argomenti trattati è considerato il più importante.

Solitamente si tiene nell’autunno successivo all’istituzione del nuovo Congresso nazionale ed il suo funzionamento è duplice. Da un lato, al pari degli altri plenum, funge da rituale politico che contribuisce a solidificare l’unità e ribadire la vitalità del partito e a legittimarlo come unico responsabile dello sviluppo del Paese. Dall’altro, l’importanza del Terzo plenum risiede nel fatto che in questa sede vengono prese le principali decisioni in ambito economico per i successivi cinque anni e, soprattutto, si gettano le basi per il quinto plenum. Quest’ultimo, solitamente programmato a distanza di un anno dalla Terzo plenum, ha il compito di discutere il piano quinquennale che verrà approvato nella primavera successiva durante le cosiddette “Due sessioni”, l’incontro annuale dell’Assemblea nazionale del popolo, il massimo organo dell’apparato statale.

È interessante notare che fino al secondo mandato di Xi Jinping, la convocazione del Terzo plenum non aveva subito ritardi o anticipazioni per oltre trent’anni (People’s Daily, 2024), in un contesto di crescente istituzionalizzazione della politica cinese. Negli anni Novanta, infatti, viene introdotto il meccanismo per il quale il leader del paese assume contemporaneamente il ruolo di Segretario del partito, Presidente della Repubblica e Presidente della commissione militare centrale. Tale connubio, unito al limite costituzionale di due mandati quinquennali per la carica di Presidente della Repubblica, aveva fatto sì che anche le altre due posizioni si rinnovassero con cadenza decennale. Durante il secondo mandato di Xi Jinping in qualità di segretario del partito (2017-2022), la convocazione del Terzo plenum del XIX Comitato centrale è stata invece anticipata per coprire la funzione normalmente svolta dal Secondo plenum, che era a sua volta stato leggermente anticipato (dalla solita convocazione di febbraio a gennaio) per discutere l’emendamento costituzionale che sarebbe poi stato approvato nel marzo successivo e avrebbe revocato il limite dei due mandati per il ruolo di Presidente della Repubblica. Per questa ragione, durante il XIX Congresso nazionale, il partito non tenne un plenum con focus specifico sulle politiche economiche.

Durante l’attuale mandato (2022-2027), la convocazione del Terzo plenum è stata nuovamente stravolta. In questo caso è stata posticipata rispetto al solito periodo autunnale al luglio dell’anno successivo, senza che fossero rilasciate notizie in merito fino ad un mese prima dell’incontro. Non sorprende, che ciò non sia passato inosservato e che siano state avanzate speculazioni circa il motivo di tale rinvio. Da un lato è stata ribadita l’immagine di Xi Jinping quale incontrastato leader della Cina, che ha nel corso del decennio accentrato tanto potere decisionale nelle sue mani da poter fare a meno degli organi consultivi del partito. Dall’altro, tuttavia, è emersa un’immagine contraria. Essendo il Terzo plenum la fase dove la leadership comincia effettivamente a governare, l’idea prevalente era che il rinvio fosse dovuto alla mancanza di coesione tra i vertici del partito. Ciò suggerirebbe che, nonostante l’indubbio accentramento di potere nelle mani di Xi nell’ultimo decennio, il dibattito interno al partito sia ancora vivo. Infine, ulteriore ipotesi avanzata per spiegare il ritardo del Terzo plenum è stata rinvenuta nella delicata situazione interna e internazionale che avrebbe comportato un allungamento dei tempi nella ricerca della decisione adeguata .

La risoluzione del Plenum

La Risoluzione del terzo plenum del XX Comitato centrale è stata pubblicata il 21 luglio, tre giorni dopo la sua conclusione. Il documento si compone di quindici sezioni a loro volta suddivise in sessanta sottosezioni. Il documento menziona tutte le questioni che gli osservatori esterni si aspettavano (Consiglio di stato della Repubblica popolare cinese, 2024b). Tra le più rilevanti vi sono la promozione del settore privato, misure incentrate sul welfare, enfasi sulla sicurezza nazionale e riforme fiscali.

Il ruolo del settore privato nel contesto dell’economia cinese è oggetto di un dibattito di lunga durata, soprattutto per quanto riguarda il rapporto con il settore pubblico. Quest’ultimo ha tradizionalmente beneficiato di un trattamento e di condizioni agevolate, dall’accesso ai finanziamenti statali a gare per aggiudicarsi importanti progetti infrastrutturali, impedendo che le potenzialità innovative e di espansione del settore privato si materializzassero appieno. Inoltre, l’eccessivo ruolo del settore pubblico in Cina non pone sfide solamente ad aziende private nazionali ed aziende straniere che decidono di entrare nel mercato cinese. Infatti, vista la grandezza delle aziende statali cinesi, è stato più volte ribadito dalla letteratura come il loro operato all’estero può anche condurre a significative distorsioni nei mercati stranieri (Garcia-Herrero, Ng, 2021). In questo contesto, il Terzo plenum avviene in un momento di svolta dell’economia cinese: dopo la costante crescita del ruolo del mercato all’interno dell’economia durata quasi fino al termine del secondo mandato di Xi, il settore pubblico ha ripreso ad espandersi a partire dalla seconda metà del 2021 (Huang, Véron, 2024), con crescente preoccupazione degli imprenditori cinesi ed esteri. Era dunque prevedibile che la questione ricoprisse una posizione importante all’interno della Risoluzione. A tal proposito, tra i passaggi principali all’interno del documento viene menzionato l’impegno del partito a mettere in atto una serie di misure affinché «le istituzioni e le regole di base del mercato siano unificate, la regolamentazione del mercato sia esercitata in modo imparziale e unitario e la connettività tra le strutture di mercato sia realizzata secondo standard elevati.»

Il mercato del lavoro, le problematiche legate ai lavoratori migranti e al calo demografico sono ulteriori punti ritenuti di urgente dibattito dalla dirigenza cinese. La risoluzione menziona l’intenzione di sviluppare meccanismi per diminuire il tasso di disoccupazione mirati a specifiche classi di lavoratori, come i laureati e i lavoratori migranti provenienti dalle aree rurali. Per quanto riguarda le politiche di sicurezza sociale, è interessante notare come il documento non si sofferma solamente sulle solite questioni della sostenibilità di tale politica e la sua applicazione nel caso di lavoratori migranti e nel contesto dell’economia informale, ma menziona anche l’inclusione all’interno del programma di nuove forme di lavoro emerse soprattutto in seguito alla digitalizzazione dell’economia. Relativamente al problema del calo demografico, il partito dichiara l’impegno a ridurre i costi della famiglia legati alla gravidanza e alla crescita dei figli attraverso sussidi e detrazioni fiscali. Infine, il partito promette di intervenire più decisamente per quanto riguarda il mercato immobiliare. Sono promesse misure per assicurare che i migranti rurali godano degli stessi diritti della popolazione urbana in termini di supporto nella ricerca della casa. Un punto in comune di tutte le misure sopra citate è la loro gravosità per le finanze statali. L’aspetto finanziario rappresenta un altro ambito rispetto al quale la richiesta di riforme persiste da tempo, particolarmente dopo che l’emergere di buchi di bilancio nei conti governativi e l’occasionale mancanza di determinati servizi pubblici come trasporto e riscaldamento hanno reso chiara la crucialità di: 1) migliorare meccanismi di trasparenza e contenimento del debito dei governi locali e 2) assicurarsi che in seguito a modifiche dei regolamenti in merito al trasferimento delle risorse dal centro ai governi locali, questi ultimi abbiano effettivamente il potere decisionale sulle modalità di utilizzo delle medesime. Tra le misure adottate dal Comitato centrale si menziona anche l’importanza delle riforme fiscali anche ai fini del raggiungimento di una maggiore uguaglianza sociale, un tema divenuto di crescente preoccupazione soprattutto nell’ultimo decennio. Infatti, nonostante la Cina registri un alto indice di disuguaglianza già dai primi anni del nuovo millennio, la percezione che questa sia dovuta a caratteristiche strutturali è ben più recente. Solo nell’ultimo decennio, infatti, la percezione della popolazione cinese in merito alle cause del successo o fallimento personale ha iniziato ad allontanarsi dalla semplice mancanza di abilità o dedizione ed ad attribuire maggior peso a caratteristiche di inegualità del sistema economico (Kennedy, Mazzocco, 2024). Questo genere di problematiche non ha ripercussioni meramente economiche, ma coinvolge direttamente anche la stabilità interna del Paese.

Non sorprende, quindi, che uno dei quindici punti del documento sia riservato al tema della sicurezza nazionale. Parte del linguaggio utilizzato echeggia le posizioni più volte ribadite dal partito, per esempio l’attenzione sull’adozione un approccio “olistico” riguardo al tema della sicurezza intera, presente sin dalla pubblicazione del primo volume di Governare la Cina nel 2014, come riporta il sito della rivista del Comitato centrale Qiushi (Qiushi, 2020). L’aspetto di novità riguarda l’ultima sottosezione di questo punto, riguardante il «miglioramento dei meccanismi per assicurare la sicurezza nazionale nelle questioni estere.» Il passaggio menziona l’intenzione di istituire meccanismi per rafforzare la sicurezza delle regioni confinanti, così come rafforzare sistemi di monitoraggio e protezione contro i rischi agli interessi e investimenti cinesi all’estero. È anche interessante notare come si menzioni esplicitamente l’adozione di misure per contrastare sanzioni e altre azioni di interferenza estere, e che questo avvenga proprio a seguito delle investigazioni europee e delle restrizioni dell’export e dazi sulle importazioni imposti dagli Stati Uniti. La nozione di sicurezza nazionale promossa dalla leadership sta ponendo sempre più l’accento su minacce provenienti dall’esterno rispetto dinamiche interne al paese.

Cosa significa per la Cina e per il mondo?

La risoluzione rilasciata dal partito menziona oltre 300 riforme che rappresentano ambiti che necessitano di essere riformati, sia agli occhi degli osservatori esterni, sia, evidentemente, della leadership cinese. Tutto sommato, tuttavia, la risoluzione ha adottato misure relativamente modeste, in linea con quelle che erano le altrettanto modeste aspettative della maggior parte degli osservatori internazionali. Già nelle settimane precedenti l’incontro i media statali avevano dato un’idea dell’incisività che l’incontro avrebbe avuto, sottolineando che:

Riformare non significa cambiare direzione, e il cambiamento non significa cambiare colore. Rimaniamo fermi su temi di fondamentale importanza come la strada da seguire, la teoria e il sistema. Abbiamo chiare idee, non parliamo in modo ambiguo e non siamo coinvolti in attività ambigue e nascoste. Siamo fermamente decisi a perseguire riforme onnicomprensive secondo i principi del socialismo con caratteristiche cinesi (Luo, Shi, Xu, 2024).

Vale la pena domandarsi perché, proprio in virtù dell’urgente necessità di risollevare la crescita economica, non si siano prese misure più decise. In particolare, vista la bassa fiducia degli investitori, le frizioni commerciali con Unione Europea e Stati Uniti e i bassi consumi interni, è ragionevole chiedersi perché il partito non abbia osato prendere decisioni più incisive e concentrate sulla risoluzione di questi punti. Vari osservatori hanno avanzato diverse speculazioni in merito che possono essere raccolte in quattro macrocategorie. Nella prima categoria, ciò che sta alla base della scelta della dirigenza del partito è la malcomprensione della situazione del paese dovuta a quadri di partito che, per timore di ripercussioni individuali, riportano scenari migliori di quelli reali. La seconda categoria spiega la scelta del documento affermando che, vista la gravità della situazione economica cinese, nemmeno la dirigenza riesce ad intravedere chiaramente quali debbano essere i prossimi passi da compiere. Il terzo gruppo di speculazioni invece spiega la scelta della dirigenza sostenendo che il loro interesse verso il consolidamento del potere politico è tanto e tale da mettere tutto il resto in secondo piano. Infine, l’ultima categoria sostiene che nonostante la scarsa fiducia e le pressioni da parte degli osservatori, la leadership ritiene che le scelte fatte rimangano le migliori possibili (Kennedy, 2024).

Per cercare di trovare una risposta alle motivazioni sopra menzionate è utile ricorrere ad altri tre documenti relativi al plenum: la corretta interpretazione della risoluzione da parte di Xi Jinping, i commenti del partito successivi al Terzo plenum e le note relative al processo redazionale della risoluzione del plenum. La corretta interpretazione della risoluzione fornita da Xi enfatizza cinque aree principali presenti nella risoluzione. Il primo riguarda il ruolo delle riforme al sistema economico, nel quale viene affermato che il loro principale scopo è quello di dare vita allo «sviluppo di alta qualità», uno dei leitmotiv principali nel discorso politico cinese che enfatizza, tra altre cose, la necessità di rendere le aziende più produttive per mezzo della transizione da un approccio basato sulla quantità ad uno che fa della qualità il suo punto di forza. Mai nella interpretazione viene menzionato il problema dei bassi consumi interni. Tale spiegazione suggerisce quindi la convinzione della leadership riguardo alla correttezza del proprio approccio. Una simile conclusione può essere tratta anche in merito alla sicurezza nazionale dove, di nuovo, le considerazioni di Xi rinnovano la percezione che il partito ritenga corretta la direzione già precedentemente intrapresa (Theory China, 2024).

Un ulteriore conferma ci viene fornita dai commenti relativi alla risoluzione del Terzo plenum. Qui si afferma che il partito ha già le idee chiare in merito a come debbano essere strutturate le riforme, e che il compito principale da compiere in futuro è quello di promuoverle e supervisionarne l’implementazione. In altre parole, il problema non risiede nella natura delle riforme, ma nella modalità nella quale vengono implementate (Consiglio di stato della Repubblica popolare cinese, 2024c).

La redazione della risoluzione mette invece in luce il grado di accentramento di potere avvenuto sotto la leadership di Xi Jinping. Il relativo documento riporta il numero di suggerimenti proposti durante il processo redazionale e quanti di questi sono stati accettati, per un totale di 1.911 proposte che hanno condotto a 211 revisioni della risoluzione (Consiglio di stato della Repubblica popolare cinese, 2024d). Osservatori hanno confrontato questi dati con i corrispettivi registrati durante il primo Terzo plenum sotto la guida di Xi (avvenuto nel novembre 2013) dimostrando l’accentramento del potere decisionale avvenuto da allora. In quell’occasione le revisioni condotte furono 539, a fronte di 2.564 modifiche proposte (Thomas, 2024). In termini assoluti, il numero di proposte è sceso del 25% e quello delle revisioni condotte del 39%, mentre la quota di suggerimenti che si sono tramutate in effettive revisioni è stata quasi dimezzata dal 21% al 12%. È evidente che all’interno degli alti quadri di partito meno persone sono disposte a parlare, e, al contempo, le proposte provenienti dal basso vengono accettate con maggiore difficoltà..

Quanto previsto dal Terzo plenum ha anche delle implicazioni per il resto del mondo. L’intenzione di rafforzare meccanismi per rispondere alle sanzioni estere è indice che Pechino ritiene che le politiche commerciali adottate negli ultimi anni da Unione europea e Stati Uniti rappresentino una minaccia per la propria crescita economica. Tuttavia, è interessante notare come relativamente poca enfasi sia stata posta sulla necessità di un’autonomia tecnologica, soprattutto considerando che la competizione in quest’ambito si è affermata quale simbolo della più generale competizione tra Washington e Pechino. Osservatori hanno fatto notare come una possibile causa di tale scelta possa essere l’intenzione di non mostrare le contraddizioni presenti tra la visione cinese di Xi e la risoluzione dei problemi attuali, come la necessità di rilassare il controllo dello Stato sul mercato. Nei passaggi riguardanti lo sviluppo tecnologico, per esempio, non viene mai menzionato l’approccio whole-of-nation tale per cui lo Stato funge da coordinatore tra varie aziende hi-tech alle quali viene richiesto di mettere insieme le loro risorse nell’ottica patriottica di favorire la competitività internazionale del paese a scapito di quella delle singole aziende (Arcesati, Drinhausen, Zenglein, 2024). Se da un lato il partito ha promosso maggiore autonomia alle aziende private, rimane da vedere come questa si concilierà con l’ambizione cinese di conseguire il primato tecnologico mondiale, la cui narrativa prevede che le aziende debbano tenere in conto gli interessi nazionali, oltre che il proprio profitto.

Conclusione: riforma e apertura?

Se da un lato il documento promuove una serie di riforme a lungo richieste dalla comunità internazionale, dall’altro è uno strumento per ribadire il primato della visione di Xi in merito alla strada da seguire. In futuro è necessario tenere sotto osservazione due sviluppi. Il primo riguarda il grado con cui la dirigenza cinese implementerà le riforme promesse, soprattutto alla luce dei risultati del Terzo plenum del primo mandato di Xi, quando le politiche enunciate gettarono le basi per la centralizzazione del potere di Xi più che per riformare il sistema economico. Il secondo riguarda il significato del discorso politico condotto dalla dirigenza: il significato dell’espressione “riforma e apertura” rimanda sempre più al rafforzamento della capacità cinese di produrre internamente i beni di cui ha bisogno in preparazione a crescenti tensioni future, abbandonando il suo significato originale nato sotto la guida di Deng Xiaoping. Alcuni ne beneficeranno, ma molti saranno probabilmente ostacolati da una politica volta a sacrificare le potenzialità del mercato in nome della competitività geopolitica.

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Bibliografia

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