Sicurezza energetica in Italia: una sfida per il futuro

  Focus - Allegati
  19 September 2022
  20 minutes, 42 seconds

di Jovan Knezevic e Giulia Scazzino

Introduzione

L’aumento crescente dei prezzi di gas e luce ha portato il tema della sicurezza energetica al centro del dibattito politico in Europa e soprattutto in Italia. Secondo i dati forniti da Arera (Autorità di regolazione per energia reti ed ambiente), il costo di luce e gas per le famiglie italiane è aumentato del 160% rispetto al 2021 (Liguori, 2022), percentuale destinata ad aumentare ulteriormente secondo le previsioni di Arera. Si tratta dei “rincari più alti dell’ultimo decennio” (Liguori, 2022) e a pagarne le conseguenze non sono solo le famiglie ma anche le industrie e le aziende che, a causa dell’aumento dei costi, si vedono costrette a tagliare la produzione o a trasferire i costi più alti ai consumatori. Secondo Fitch, l’aumento dei prezzi di gas e luce avrà un impatto negativo sia sul potere d’acquisto dei consumatori sia sulla produzione, portando l’Italia in recessione nel 2023 con una contrazione del PIL pari al 0,7% (il Fatto Quotidiano, 2022).

Dietro all’attuale crisi energetica vi sono diverse cause, alcune più recenti, altre più “strutturali”. Tra le più recenti e tra le più importanti spicca sicuramente l’aumento del prezzo del gas causato inizialmente da fattori economici e successivamente da fattori geopolitici (ISPI Data Lab, 2022). Infatti, inizialmente, la crescita dei prezzi del gas era una conseguenza dell’aumento della domanda per lo stesso, frutto, a sua volta, della rapidissima ripresa economica post-restrizioni (ISPI Data Lab, 2022). A partire dal 2021 però, alle dinamiche economiche si sono aggiunte quelle geopolitiche. In risposta al blocco di Nord Stream 2 da parte dell’ Unione Europea nel 2021 (Mastrobuoni, 2021) e come reazione alle sanzioni introdotte dall’ UE ed altri paesi Occidentali, Putin ha utilizzato le forniture di gas naturale, da cui l’UE dipende per oltre il 40%, come arma per esercitare pressione sull’ UE e i paesi membri. Tra tutti i paesi UE, l’Italia è tra quelli maggiormente esposti alla crisi energetica in atto a causa sia della forte dipendenza italiana dal gas naturale come fonte di energia elettrica (e non solo) che si attesta al 40% circa, sia per la dipendenza dalle forniture di gas russo che, anche in questo caso, ammontano al 40% circa (ISPI Data Lab, 2022).

Alla luce delle potenziali conseguenze economiche, politiche e geopolitiche dello choc energetico sull’Italia, l’obiettivo di questa analisi sarà quello di tracciare le origini della dipendenza dell’Italia dalle forniture di gas naturale provenienti dalla Russia per poi soffermarsi sulle iniziative intraprese dall’ Italia a livello nazionale e sovranazionale per far fronte a questa dipendenza. Infine, verranno fornite alcune raccomandazioni sulle azioni da adottare in futuro per evitare crisi energetiche come quelle in atto.

Le origini della dipendenza dell’Italia dalle fonti di gas russe

Prima di tracciare le origini e l’evoluzione della dipendenza dalle forniture di gas russo da parte dell’Italia, è utile delineare la situazione energetica in Italia. A tal fine verranno presi in considerazione i dati forniti dall’ Agenzia Internazionale dell’ Energia (IEA) per l’ anno 2019, in quanto, il consumo di energia nel 2020 ha fortemente risentito delle restrizioni introdotte dal governo per far fronte alla pandemia e non sarebbe, pertanto, rappresentativo della situazione energetica in Italia. Alla luce dei dati pubblicati da IEA, nel 2019 il consumo di energia in Italia ammontava a 6 236 902 Joule (J) (International Energy Agency, 2019). Le fonti principali sono state il gas naturale, che ha contribuito alla produzione di 2 551 815 J di energia (circa il 40%), seguito dal petrolio con 2 095 942 J (circa 35%) e dalle fonti rinnovabili per circa il 20% (International Energy Agency, 2019).

Il gas naturale è quindi la principale fonte energetica per l’ Italia, impiegata nella produzione di cibi, come combustibile per il riscaldamento, per autoveicoli (Gpl) o per generare energia elettrica. In particolare, “tra tutti i paesi UE, l’Italia è il paese che più fa ricorso al gas naturale per la produzione di energia elettrica, oltre il 40%” (A2A, 2022), nonostante la costante crescita nell’ impiego di fonti rinnovabili (eolica, solare, idroelettrica, bioenergetica) (A2A, 2022). A contribuire all’uso di gas naturale ed in particolare del metano, come fonte di produzione di energia elettrica in Italia, è sicuramente la mancanza di produzione di energia nucleare. Infatti, a differenza di paesi come Inghilterra, Francia o Germania, che producono gran parte del loro fabbisogno elettrico facendo ricorso all’energia nucleare (A2A, 2022) , l’Italia ha deciso di smantellare le centrali nucleari presenti sul suo territorio intorno agli anni ‘90, complice l'episodio di Chernobyl.

Tuttavia, di tutto il gas naturale consumato in Italia, soltanto il 4% viene prodotto internamente mentre il restante 96% viene necessariamente importato dall’ estero, esponendo l’Italia ad un’ importante dipendenza dalle forniture estere. Infatti, facendo riferimento al 2021, l’Italia è riuscita a produrre soltanto 3,34 miliardi di metri cubi di gas naturale rispetto ad un consumo di 76,1 miliardi (Gandelli, 2022). In realtà, in Italia sono presenti 1300 giacimenti attivi di gas naturale ma ne vengono usati circa 500 a causa della legge 133 del 2008 che ha vietato l’estrazione di gas nell’ Adriatico settentrionale per ridurre il rischio di abbassamento del suolo che ne risulterebbe (Moccia, 2022).

Tra i principali fornitori di gas naturale in Italia spicca la Russia con un valore che oscilla tra il 35% e il 45% del totale importato, una percentuale che è andata crescendo dal 2012 quando le forniture russe ammontavano al 30% (Gandelli, 2022). Il gas russo arriva in Italia attraversando una fitta rete di gasdotti: il primo tratto è coperto dal gasdotto Urengoy-Pomary-Uzhgorod, lungo circa 4500 km, attraversa Russia, Ucraina per arrivare poi in Slovacchia. Dalla Slovacchia, il gas attraversa l’Austria percorrendo il Tag (Trans Austria Gas) per arrivare a Tarvisio, in Friuli, da dove poi viene distribuito in tutta la penisola grazie alla rete di Snam (Galliano, 2022). Dopo la Russia, il più importante fornitore di gas per l’Italia è l’Algeria che soddisfa circa il 28% del fabbisogno di gas naturale italiano. Seguono Azerbaijan (10%), Libia (4%), Nord Europa (3%) ai quali si aggiungono anche le fonti di gas naturale liquefatto (GNL) che ammonta al 13% circa (Gandelli, 2022). Il GNL è sostanzialmente metano in forma liquida ottenuto dalla conversione del gas naturale dallo stato gassoso a quello liquido mediante il raffreddamento dello stesso. Grazie a questo passaggio allo stato liquido, il volume del gas viene ridotto rendendone più semplice il trasporto e lo stoccaggio. Una volta giunto in Italia, il GNL viene rigassificato e distribuito. A differenza del gas naturale in forma aeriforme che viene immesso nei gasdotti, il GNL viene trasportato via mare grazie a navi metaniere per poi giungere negli impianti di rigassificazione (situati a Porto Levante, Livorno e Panigaglia) dove viene poi riscaldato e riportato allo stato gassoso (Pillepich, 2022). Secondo i dati pubblicati dal Ministero della Transizione Ecologica, dei 72,7 miliardi di metri cubi di gas importati, 9.8 miliardi di metri cubi sono stati importati sotto forma di GNL (Ministero della Transizione Ecologica, 2021). Tra i principali fornitori di GNL troviamo Qatar, Algeria, Stati Uniti, Trinidad e Tobago, Nigeria e Norvegia (Pillepich, 2022) ma non la Russia, motivo per il quale il GNL è visto come una delle strategie per ridurre la dipendenza energetica da Mosca.

Tornando alle relazioni Roma-Mosca in materia di gas, esse vanno ricercate negli anni della guerra fredda, più precisamente tra la fine degli anni ‘50 e gli anni ‘60. Il primo contratto per la fornitura di gas russo è stato, infatti, firmato nel 1969 dall’allora presidente dell’ Eni Eugenio Cefis ed il viceministro del commercio estero dell’ Unione Sovietica, Nikolay Osipov. Il contratto, dalla durata di 20 anni, prevedeva la fornitura di 6 miliardi di metri cubi l’anno (Gabanelli, Ravizza, 2022). Già nel 1958 però, l’Italia aveva intrapreso una serie di accordi petroliferi con la Russia, dimostrando la propria volontà e capacità di “resistere al peso della cortina di ferro e alle insofferenze degli alleati del blocco Occidentale” (Sartori, 2018). Al primo contratto firmato nel 1969, ne sono seguiti altri 6, l’ultimo dei quali è stato firmato nel 2006 e con scadenza nel 2035, portando ad una costante crescita nel volume di gas fornito dalla Russia (Gabanelli, Ravizza, 2022). Una serie di errori commessi dai vari governi italiani nel corso degli anni hanno però trasformato quella che doveva essere una “partnership strategica” per l’Italia in una vera e propria dipendenza. Si tratta di errori interconnessi tra di loro, commessi non sono dall’ Italia ma anche da altri paesi UE e che scaturiscono da determinate considerazioni “strategiche” ed “economiche” che, nel lungo termine hanno determinato la mancata differenziazione di suppliers e la conseguente dipendenza dalla Russia. A queste scelte politiche ed economiche vanno però aggiunti i “vincoli” geografici o ambientali come nel caso della decisione di ridurre l’estrazione di gas naturale sul territorio italiano. Se negli anni ‘90 l’Italia estraeva oltre 20 miliardi di metri cubi di gas, nel 2021 il volume di gas naturale estratto in territorio italiano si attesta a 3,3 miliardi di metri cubi, (Franco, 2022) il tutto accompagnato da una crescita dei consumi del 30% circa (Gabanelli, Ravizza, 2022). Dietro la decisione di interrompere l’estrazione del gas vi sono ragioni scientifico-ambientali legate al rischio del fenomeno di subsidenza, ovvero, un processo naturale che porterebbe all’abbassamento del suolo. Tuttavia, oltre a ragioni strettamente scientifiche ed ambientali, l’iniziativa di interrompere l’estrazione di gas su territorio nazionale è scaturita anche da considerazioni politiche e sociali (Moccia, 2022). A contribuire all’ interruzione dell’ estrazione di gas in Italia è stata la volontà di accelerare sulle fonti rinnovabili, meno inquinanti e dannose per l’ambiente. Secondo Giovanni Battista Zorzoli, le fonti rinnovabili in Italia “hanno avuto un incremento annuo nella capacità produttiva del 13% dal 2008 al 2013…per poi scendere a un incremento annuo di appena l’1-2%” (Franco, 2022). Una maggiore e costante crescita nell’uso delle fonti rinnovabili (idroelettrico, eolico, fotovoltaico, geotermico) avrebbe inevitabilmente ridotto la dipendenza italiana dal gas naturale nella generazione di energia elettrica che, come già citato, si attesta al 40%. Anche la decisione di non optare per il gas naturale liquefatto negli anni ha portato ad una maggior dipendenza dal gas fornito mediante i gasdotti e quindi dalla Russia. In Italia sono presenti soltanto 3 rigassificatori (impianti dove il gas liquido viene rigassificato) rispettivamente a Panigaglia, Rovigo e Livorno che ricevono gas liquido proveniente da Qatar, Stati Uniti ed Algeria. Paradossalmente, a causa della mancanza di rigassificatori in Italia, il gas naturale estratto dall’Eni in Egitto e Nigeria viene trasportato negli Stati Uniti, in Asia o in Spagna, ma non in Italia (Gabanelli, Ravizza, 2022). Negli anni, diversi progetti per la costruzione di rigassificatori su territorio italiano sono stati presentati ma sono stati tutti bloccati sia per ragioni burocratiche sia perché il gas proveniente dai gasdotti è più conveniente (Franco, 2022).

Infine, come suggerisce Alberto Clò, l’Unione Europea e l’Italia hanno commesso l’errore fatale di trattare l’energia come un fattore economico piuttosto che politico. Tuttavia, quando Putin salì al potere nel 2000, uno dei suoi obiettivi principali era quello di “fare dell’energia la leva con cui la Russia potesse riguadagnare il ruolo che gli spettava a livello internazionale, risollevandola dalle umiliazioni che aveva subìto” (Energia, 2022). Secondo Clò, l’Europa ha nel tempo prediletto l’aspetto della “convenienza economica” rispetto alla sicurezza energetica, specialmente nei periodi di “abbondanza”, cadendo così nella trappola di Putin (Energia, 2022). In effetti, anche nel caso italiano, la Russia si è dimostrata un partner più conveniente ed “affidabile” rispetto all’Algeria, diventando così il fornitore numero 1 di gas naturale in Italia (Franco, 2022).

Le misure dell’Italia per affrontare la crisi energetica

L’incertezza che si è venuta a creare sul piano dell’approvvigionamento energetico a causa del conflitto tra Russia e Ucraina ha comportato la messa in atto di una serie di misure da parte dell’Italia.

Innanzitutto, come previsto dal Piano di Emergenza del sistema italiano del gas naturale, che prevede una procedura a tre livelli concordata a livello europeo, il Ministero della Transizione ecologica ha dichiarato, in maniera preventiva, lo stato di preallarme per il gas in Italia. Questa misura consiste nel monitoraggio della situazione energetica nazionale al fine di salvaguardare lo stoccaggio della materia.
Il MiTe potrebbe dichiarare lo stato di allarme o lo stato di emergenza in caso di netto peggioramento delle condizioni, limitando quindi la fornitura di gas principalmente nel settore termoelettrico e consentendo l’approvvigionamento da riserve speciali (Allegato 2 al decreto ministeriale 18 dicembre 2019). Per evitare tale eventualità, nell’estate del 2022 il governo italiano si è impegnato nel rafforzamento della cooperazione energetica con altre nazioni.
La Turchia, ad esempio, ha già aumentato del 62,5% il volume di gas trasportato con il gasdotto Tanap, collegato con il Tap in Puglia, diventando così una delle principali fonti di approvvigionamento italiane (Zeric, 2022).
A seguire troviamo l’Algeria, con la quale è stato firmato un accordo per cui la società Sonatrach si impegna a rilasciare 4 miliardi di metri cubi di gas verso l’Italia. Questo accordo segue l’intesa, siglata la scorsa primavera, per cui le forniture sono state aumentate di 3 miliardi di metri cubi da subito e di altri 6 miliardi dal 2023 per arrivare a un totale di 9 miliardi fra gas e gas naturale liquefatto. Tutto questo grazie a Transmed, il gasdotto sottomarino che, attraverso la Tunisia, arriva a Mazara del Vallo e che potrà rendere l’Italia in grado di garantire le materie prime ai paesi del nord. Ciò significa che nel 2022 l’Algeria fornirà all’Italia 6 miliardi di metri cubi di gas supplementari (Marroni, 2022).
Altro Paese è l’Angola, con cui il Governo italiano ha siglato una dichiarazione di intenti che porterà circa un miliardo di metri cubi di gas naturale liquefatto (GNL), sebbene sussistano ancora dei dubbi sui tempi con i quali quanto pattuito verrà reso operativo. Tale dichiarazione si aggiunge alla costante presenza sul territorio del Paese africano dell’Eni, che ha prodotto 33 milioni di barili di petrolio e 600 milioni di metri cubi di gas naturale solo nel 2020.
Sul fronte della Repubblica del Congo, l’accordo raggiunto prevede che vi sia un’accelerazione e un aumento della produzione di gas, principalmente attraverso tramite lo sviluppo di un progetto di produzione di GNL il cui avvio è previsto nel 2023, con capacità a regime di oltre 3 milioni di tonnellate all’anno (Mignano, 2022).
Eni da parte sua ha anche portato avanti trattative per aumentare le importazioni di gas italiane ed europee dall’Egitto. L’azienda ha già un accordo con l’azienda energetica statale egiziana EGAS per aumentare i flussi di GNL verso l’Europa di 3 miliardi di metri cubi all’anno. Questa intesa vedrebbe Eni ed Egitto aggiungere capacità di esportazione in Italia oltre tale livello entro i prossimi due anni (Silvestri, 2022).
Inoltre, l’Unione Europea ha firmato un memorandum d’intesa sia con l’Egitto sia con Israele, per un accordo sul gas israeliano liquefatto che viene lavorato negli impianti egiziani prima di essere inviato in Europa. L’Europa ha inoltre interesse nei confronti del cavo elettrico che collega Israele con Cipro e con la Grecia, oltre che ad un gasdotto per gas naturale e idrogeno nel Mediterraneo orientale (Adnkronos, 2022). L’interesse dell’Italia in Israele si concentra sullo sfruttamento del Leviathan, un grande giacimento nella zona economica esclusiva che dista 130 km da Haifa e che confina con il giacimento egiziano di Zhor, scoperto da Eni (Eni, 2021).
Sempre Eni è stato scelto da QatarEnergy come partner internazionale del più grande progetto al mondo per la produzione e l’esportazione di gas naturale liquefatto, il North Field East. QatarEnergy deterrà una quota del 75% e Eni il restante 25%. L’accordo, la cui negoziazione era già stata avviata nel 2019, ha una durata di 27 anni. Il North Field East dovrebbe entrare in produzione entro la fine del 2025 (Amato, 2022).
Ad oggi, l’Italia importa gas dal Qatar per 6,5 miliardi di metri cubi l’anno con un contratto a lungo termine sottoscritto da Edison. Una quota poco maggiore del 10% del totale delle importazioni di gas dall’estero, dietro il 43% dalla Russia e il 28,4% dall’Algeria. Con la crisi ucraina, il Qatar si è già impegnato a fornire 2 metri cubi l’anno in più all’Italia, principalmente sfruttando la capacità residua del gasdotto Transmed.

La strategia del governo Draghi finora è stata finalizzata anche all’aumento della produzione nazionale di gas, attraverso l’estrazione dei giacimenti nazionali a 5 miliardi di metri cubi annui (rispetto agli attuali 3,3 miliardi), la riattivazione delle centrali a carbone e la massimizzazione della produzione da fonti rinnovabili.
Relativamente all’aumento della produzione nazionale di gas, già nel febbraio 2022 era stato pubblicato il nuovo Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PiTESAI) da parte del Ministero della Transizione Ecologica. Il Piano PiTESAI si proponeva di pianificare le attività minerarie, quindi di estrazione di idrocarburi via terra o via mare, nel tentativo di renderle il più sostenibili possibile. L'attenzione si concentrava soprattutto sull'assetto idrogeologico, così come sui possibili effetti sull'ecosistema (Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee, 2022).

La transizione ecologica, invece, è proprio uno dei punti fondamentali di Next Generation EU. Vediamo infatti come, grazie ai fondi del PNRR, siano stati stanziati 25,36 miliardi di euro per lo sviluppo della Transizione energetica e della mobilità sostenibile. Al fine di raggiungere la progressiva decarbonizzazione, saranno messi in atto interventi per incrementare in maniera significativa l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili. Per fare ciò sono previsti investimenti diretti, oltre alla semplificazione delle procedure di autorizzazione per le rinnovabili, la promozione dell’agri-voltaico e del biometano (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, 2021).
Proprio con riguardo a quest’ultimo, è della metà di settembre 2022 la firma da parte del Ministro della Transizione Ecologica del nuovo Decreto biometano. Secondo il Consorzio Italiano Biogas (Cib), grazie allo sviluppo del biometano l’Italia sarà in grado di raggiungere l’obiettivo di oltre 4 miliardi di metri cubi di biometano al 2026, pari a circa il 30% dell’obiettivo dell’attuale governo di sostituzione delle forniture di gas naturale importato dalla Russia, oltre a permettere di ridurre l’utilizzo dei gas a effetto serra di oltre l’80%.
La misura rientra anche all’interno della strategia della Commissione europea REPowerEu, volta ad accelerare gli obiettivi di transizione ecologica e affrancarsi dalla dipendenza del gas russo. Il piano infatti prevede l'aumento della capacità produttiva di biometano fino a 35 miliardi di metri cubi entro il 2030 all'interno dell'Unione Europea (Adnkronos, 2022).

Conclusioni

Dagli studi condotti dal Center for the Study of Democracy (CSD) emerge il rischio di sicurezza energetica dell’Italia, fino al 2021, ha seguito i trend degli altri Paesi europei. La maggior parte dei Paesi dell'UE ha compiuto progressi significativi nella decarbonizzazione del proprio settore energetico, aumentando la quota di energie rinnovabili nella produzione di energia e incrementando l'efficienza energetica e l'Italia non fa eccezione.
Nell'ultimo decennio, i rischi di sostenibilità sono diminuiti di un quarto grazie all'aumento della quota di energia rinnovabile nella domanda finale di energia e al segnale di mercato più forte per accelerare la decarbonizzazione derivante dall'aumento dei prezzi della CO2.
Tuttavia l’Italia deve far fronte a notevoli rischi in ambito geopolitico in materia di sicurezza energetica, dovuti in primis alla sua estrema dipendenza dall’importazione di gas russo.
Il CSD mette anche in luce come l’Italia, dal 2008, non sia riuscita a diversificare a sufficienza il suo mix energetico, rimanendo in questo campo di molto al di sotto della media UE. Ciò è dovuto ad una eccessiva dipendenza dal gas naturale nel settore elettrico (Energy and Climate Security Index, 2021).

Alla luce dei dati forniti dal CSD, quella della sicurezza energetica è una sfida importante per l’Italia ed in particolare, per il governo che si insedierà dopo le elezioni del 25 settembre. A tal fine sarà utile continuare con il processo di diversificazione dei suppliers in materia di gas naturale evitando di creare un rapporto di eccessiva dipendenza nei confronti di singoli paesi fornitori, come è successo con la Russia. Inoltre, è bene prendere in considerazione le situazione politica, economica, sociale e geopolitica dei paesi con cui si stipulano contratti per l'approvvigionamento onde evitare che l’instabilità di questi si ripercuota sulle forniture di gas verso l’Italia. Ancora più importanti per la sicurezza energetica in Italia saranno le iniziative che ridurranno la dipendenza dell’Italia alle forniture di gas naturale provenienti dall’estero. Quest’ultimo dovrebbe essere un obiettivo a lungo termine da raggiungere accelerando l’estrazione di gas naturale su territorio nazionale, la transizione ecologica verso fonti rinnovabili ed ecosostenibili (riducendo quindi la dipendenza dal gas naturale come fonte di energia elettrica) e promuovendo il dibattito sul nucleare come possibile fonte di energia nel nostro paese.

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Fonti

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Adnkronos, “Cib su dm biometano: risultato importante, ora decreti attuativi”, Adnkronos, 16 settembre 2022, https://www.adnkronos.com/cib-su-dm-biometano-risultato-importante-ora-decreti-attuativi_3Y3NF9jD0YSm664SKHC12C?refresh_ce A2

Adnkronos, “Gas, Italia e Ue puntano su Egitto e Israele: ecco perché”, Adnkronos, 17 giugno 2022, https://www.adnkronos.com/gas-italia-e-ue-puntano-su-egitto-e-israele-ecco-perche_2utPhkIO4bjRqnmf6vv4j?refresh_ce A2

A.Galliano, “Come e quanto gas arriva in Italia dalla Russia: domande e risposte”, La Repubblica, 4 marzo 2022, https://www.repubblica.it/green-and-blue/2022/03/04/news/gas_russo_in_italia_domande_e_risposte-340320284/ B1

A.Liguori, “Bollette gas e luce, in inverno è previsto un aumento del 100% per le famiglie”, il Giorno, 20 agosto 2022,

https://www.ilgiorno.it/economia/caro-bollette-aumento-inverno-1.7998381 A2

A.Moccia, “Perchè non estraiamo il nostro gas nell’Adriatico? Analizziamo l’eventuale scenario”, GeoPop, 17 gennaio 2022, https://www.geopop.it/video/perche-non-estraiamo-il-nostro-gas-nelladriatico-analizziamo-leventuale-scenario/ B1

B. Zeric, “Dalla Turchia all'Algeria, quali sono i Paesi con cui si è alleata l'Italia per sostituire il gas russo”, Wired, 6 luglio 2022, https://www.wired.it/article/gas-russia-italia-sostituisce-algeria-egitto-turchia-qatar-congo/ B1

C. Marroni, Gas, “Draghi: «Algeria diventato il nostro primo fornitore»”, ilSole24Ore, 18 luglio 2022, https://www.ilsole24ore.com/art/gas-draghi-algeria-diventato-nostro-primo-fornitore-AEL40EnB A1

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t A2

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https://www.repubblica.it/economia/2021/11/16/news/gas_si_blocca_nord_stream_2_e_i_prezzi_schizzano_al_rialzo-326586121/ A2

V. Mignano, “Accordi per il gas, l’Italia e il “Tour del gas” africano”, Eco Internazionale, 10 maggio 2022, https://ecointernazionale.com/2022/05/accordi-per-gas-italia-tour-del-gas-africano/ B2

V. Silvestri, “Meno gas in Italia da Gazprom. E l’Eni spinge sul Gnl in Egitto”, 15 giugno 2022, https://www.money.it/Meno-gas-in-Italia-Gazprom-Eni-spinge-Gnl-in-Egitto B2

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