Cambiamento climatico e campagna elettorale. Helen, Milton e la strumentalizzazione dell’emergenza.

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Immagine di copertina: Mike Carlson, Associated Press, Deseret News

A cura di Cecilia Di Fulvio, Junior Policy Analyst

Il cambiamento climatico non è mai stato nella lista delle priorità politiche statunitensi. Secondo un sondaggio condotto dal Pew Research Center, esso si classifica al 17esimo posto per rilevanza su 21 tematiche oggetto di campagna elettorale nelle Presidenziali 2024. Nonostante l’impatto limitato sul voto, il riscaldamento globale ha la capacità di polarizzare fortemente l’opinione pubblica: lo stesso studio evidenzia che, mentre il 78% degli elettori democratici lo considera una seria minaccia, lo stesso si può dire solamente del 23% dei repubblicani. Tra le ragioni di questo divario spicca il diverso approccio dei due partiti, evidente in termini di comunicazione ed obbligazioni internazionali più che di interventi di politica interna. In questo senso, è emblematica l’oscillazione della posizione americana sull’Accordo di Parigi.

Nell’attuale campagna elettorale, il clima è stato argomento di dibattito in maniera marginale e ristretta alle politiche energetiche (soprattutto in merito alla questione del fracking, ovvero la fratturazione idraulica del terreno per raggiungere i giacimenti di gas). Tuttavia, gli eventi catastrofici dell’ultimo mese hanno riportato i disastri naturali nell’orbita delle preoccupazioni materiali dei cittadini. L’uragano Helene, che ha colpito il North e South Carolina, la Georgia, la Florida, il Tennessee e la Virginia a fine settembre, ha provocato più di 230 vittime e danni ancora da stimare. La scorsa settimana, la Florida è stata nuovamente travolta, stavolta dall’uragano Milton: ad oggi si contano almeno 24 morti, numero probabilmente destinato a salire. Secondo il World Weather Attribution group, il riscaldamento globale ha reso i venti associati al Milton più forti del 10%, e aumentato le precipitazioni del 20-30%. Generalmente, si prevede che il numero di uragani “molto forti” è destinato ad aumentare.

Qual è stata la risposta dei candidati a questi eventi?

Lo scorso mercoledì mattina, Harris si è collegata in diretta su The Weather Channel, conciliando le sue vesti di vicepresidente con un intervento da campagna elettorale, rafforzando quindi la propria immagine di unificatrice della nazione. L’avversario Repubblicano, dal canto suo, ha falsamente accusato l’attuale amministrazione di aver tagliato i fondi dell’Agenzia Federale per la Gestione delle Emergenze per finanziare dei sussidi destinati ad immigrati illegali. Considerando l’avvicinarsi della chiamata alle urne e i margini ancora strettissimi tra i due candidati nei sondaggi, i rispettivi tentativi di capitalizzazione politica sul disastro ambientale non sono sorprendenti.

Ma in termini di policy, dove si posizionano Harris e Trump sul cambiamento climatico?

Gli esponenti repubblicani, compreso Trump, hanno cambiato la propria narrativa sul tema negli ultimi anni. Nella campagna elettorale del 2016, il tycoon smentiva l’esistenza stessa del riscaldamento globale come problema legato ad attività umane. Già durante il suo primo mandato, invece, aveva spostato il focus sulle conseguenze negative delle fonti di energia “pulita”. In uno dei discorsi più d’impatto sul tema, Donald Trump affermava che il rumore delle pale eoliche può causare il cancro, e che sono dei “cimiteri per uccelli”.

Tra le ragioni di questo cambio di retorica, l’effetto polarizzante dell’espressione “cambiamento climatico” anche all’interno del GOP, a cui si preferisce discutere più concretamente di “energia rinnovabile”.

Quanto alle politiche proposte durante questa campagna elettorale, l’obiettivo principale del candidato repubblicano è abbassare i costi dell’energia (e soprattutto della benzina) attraverso una massiccia estrazione di petrolio. Trump prevede di “smantellare l’apparato regolatorio” in modo da velocizzare la costruzione di infrastrutture energetiche e rafforzare l’industria manifatturiera statunitense. In questo contesto, anche la volontà di non finanziare progetti di energia “verde” è presentata come una scelta di politica economica, dal momento che i costi iniziali sarebbero effettivamente più alti.
Questo orientamento riflette anche dinamiche interne al partito, che riceve storicamente ingenti finanziamenti dall’industria petrolifera.

Kamala Harris, invece, si dichiara attenta alla questione climatica e promette di continuare ad implementare le misure adottate dall’amministrazione Biden sotto l’Inflation Reduction Act per favorire la transizione energetica, con l’obiettivo di ridurre le emissioni causate dai combustibili fossili. Tuttavia, la candidata Dem non offre un programma personale ben delineato in materia, e il cambiamento di posizione sul fracking rispetto alla campagna del 2019 non risulta del tutto coerente con le ambizioni dichiarate. Il motivo alla base del cambio di rotta sarebbe la convinzione di Harris che l’energia pulita possa coesistere con tale pratica.

La scelta di non definire del tutto il proprio programma in materia potrebbe essere dovuta all’esigenza di raccogliere i voti degli indecisi. Questa ipotesi è rafforzata dall’endorsement ricevuto da numerosi gruppi ambientalisti, che potrebbero tuttavia aver semplicemente scelto di supportare il candidato meno dannoso per i propri interessi.

La differenza di vedute più rilevante sulle politiche energetiche ed ambientali tra i due candidati riguarda gli impegni internazionali: Harris afferma di voler perseguire gli obiettivi di Parigi, mentre Trump dichiara la volontà di recedere una seconda volta, anche in linea con la politica commerciale annunciata.

Il 5 Novembre, i cittadini americani voteranno il candidato che si avvicina di più alle proprie vedute sull’economia, l’immigrazione, la sicurezza e i diritti civili. Tuttavia, in un’elezione che vede margini così stretti tra i candidati, non è escluso che temi secondari possano avere voce in capitolo, soprattutto quando due swing states (North Carolina e Georgia) vengono colpiti da disastri naturali a meno di un mese dalle elezioni.

Questo articolo è il quinto di una serie di MI Hub dedicata alle Presidenziali Statunitensi 2024.

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