Politica estera: cosa cambia?

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Cecilia Di Fulvio, Junior Policy Analyst

Le elezioni americane si avvicinano sempre di più. Sebbene i sondaggi dimostrino che saranno i temi domestici ad avere il ruolo da protagonista in questa tornata elettorale, gli Stati Uniti si trovano davanti a un bivio che cambierà la politica estera del Paese verso diversi scenari di tensione nello scacchiere mondiale.

La campagna presidenziale tra Kamala Harris e Donald Trump ci ha offerto uno scorcio sulla direzione che la politica estera americana prenderà dopo novembre.
I due candidati hanno una visione strutturalmente diversa del ruolo degli Stati Uniti del mondo: la Vicepresidente sostiene l’importanza delle alleanze nel promuovere gli interessi americani all'interno dei diversi scenari regionali, mentre Trump le vede come un impedimento all’interesse nazionale e un peso economico. Harris si è schierata fermamente al fianco della NATO e dei partner internazionali degli Stati Uniti. L’ex presidente, invece, ha più volte minacciato gli Stati europei di uscire dalla NATO a meno che questi non innalzassero i relativi livelli di spesa militare.

In merito alla guerra in Ucraina, i due candidati hanno confermato le loro rispettive posizioni espresse durante la campagna elettorale. Kamala Harris ha rivendicato di voler seguire il percorso tracciato da Biden, con un rimarcato sostegno agli sforzi per riconquistare i territori occupati dalla Federazione Russa. Harris inoltre ha accusato Trump di aver presieduto ad accordi sfavorevoli agli interessi americani (come il ritiro delle forze occidentali dall’Afghanistan) e di essere disposto a “vendere” l’indipendenza dell’Ucraina. Il candidato Repubblicano, invece, afferma di poter gestire la questione russo-ucraina molto meglio dei predecessori: Trump sostiene che le sue relazioni favorevoli con entrambe le parti del conflitto porterebbero facilmente a un negoziato. Ma le sfide strategiche degli Stati Uniti dei prossimi anni non si trovano solo in Europa, ma anche in Medio Oriente e soprattutto nell’Indopacifico.

Uno dei temi più caldi di questa tornata elettorale in tema esteri è stata la guerra in Medio Oriente. Con un Israele sempre più aggressivo verso le entità antagoniste nella regione, per molti elettori (soprattutto democratici) la questione è diventata cruciale. Harris ha adottato un approccio molto simile a quello di Biden sulla questione: la Vicepresidente ha sostenuto iniziative diplomatiche con gli attori regionali che comprendessero un accordo tra Hamas e Israele, con il rilascio degli ostaggi detenuti da Hamas e la creazione di uno Stato palestinese. Analizzando il suo passato politico, la posizione di Kamala Harris risulta coerente con la sua storia, avendo fornito il suo endorsement all’accordo nucleare con l’Iran e alle restrizioni delle vendite di armi all’Arabia Saudita, ed esprimendo una preferenza per le soluzioni diplomatiche piuttosto che di interventismo militare. Donald Trump invece ha affermato che la sua futura amministrazione sosterrà incondizionatamente Israele nella sua guerra con Hamas e Hezbollah, avendo già in passato promosso gesti politici di rilievo, come spostare l’Ambasciata statunitense da Tel-Aviv a Gerusalemme, e affermando una posizione contraria alla costruzione di uno Stato palestinese, rompendo un’area di consenso storicamente bipartisan. Queste posizioni hanno portato l’America di Trump ad assumere un ruolo anche più aggressivo verso l’Iran, fino a rompere l’accordo sul nucleare nel 2018 e reintroducendo pesantissime sanzioni economiche. L’azione di Trump contro l’Iran ebbe anche un risvolto militare, con l’uccisione del Generale delle Guardie Rivoluzionarie Qaseem Soleimani.

In merito alla Cina di Xi, i due candidati hanno espresso delle posizioni simili per quanto riguarda la competizione economica, ma divergenti sulle questioni di interesse globale. I democratici di Kamala Harris hanno espresso la volontà di condannare le distorsioni dell’economia mondiale e le violazioni dei diritti umani commesse dalla Cina in Xinjiang e ad Hong Kong, ma di voler collaborare sulle sfide transnazionali quali l’emergenza climatica. La politica estera trumpiana assumerebbe invece un ruolo più aggressivo nei confronti del Dragone: un ritorno di Trump alla Casa Bianca riporterebbe gli Stati Uniti a introdurre tariffe commerciali più pesanti sui prodotti cinesi e misure protezionistiche su più larga scala con lo scopo di proteggere consumatori e lavoratori americani. Le relazioni con la Cina toccano anche un settore strategico importantissimo per gli Stati Uniti: l’Intelligenza Artificiale. L’azione politica di Harris durante il suo mandato ha visto la creazione di un primo approccio federale al tema, con azioni volte a limitare il progresso cinese nell’Intelligenza Artificiale e altre tecnologie avanzate. Il Grand Old Party guidato dall’ex Presidente Trump ha adottato un approccio molto più liberista, invocando una rescissione dell’ordine esecutivo di Biden che pone diverse limitazioni sul settore. La ragione alla base di questo orientamento è una visione dell’IA come la nuova “corsa agli armamenti” con la Cina di Xi Jinping. Le differenze nell’approccio verso questo settore riflettono le diverse visioni di politica commerciale, ma i candidati sono d’accordo sulla rilevanza strategica dell’Intelligenza Artificiale. Nel prossimo futuro, indipendentemente dal vincitore, politiche di carattere competitivo potrebbero essere rivolte anche verso altri attori, compresa l’Unione Europea.

Nonostante le tematiche di politica internazionale non abbiano un peso tale da influenzare il risultato delle elezioni, quest’ultimo avrà un impatto rilevante su diverse aree del mondo. La prossima amministrazione chiamata a governare dovrà navigare sfide molto complesse, dalle guerre in Europa e Medio Oriente alla competizione strategica con la Cina. La tornata elettorale di novembre determinerà quindi non solo la direzione internazionale che gli Stati Uniti prenderanno, ma avrà anche un impatto significativo sugli scenari di conflitto mondiali.


Questo articolo è il terzo di una serie di MI Hub dedicata alle Presidenziali Statunitensi 2024.

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