Come la presidenza Trump potrebbe cambiare l’economia globale

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  Redazione
  20 November 2024
  5 minutes, 38 seconds

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di Geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

La vittoria di Donald Trump alle elezioni del 2024 e la sua minaccia di imporre dazi su tutte le importazioni negli Stati Uniti mettono in luce un problema importante per l'economia globale. Gli USA sono una potenza tecnologica, spendendo più di qualsiasi altro paese in tutti i settori della ricerca e sviluppo e vincendo più premi Nobel negli ultimi cinque anni rispetto a tutti gli altri paesi messi insieme.

Le sue invenzioni e i suoi successi economici sono l'invidia del mondo. Ma una delle conseguenze, non sempre negative, è che il resto dei paesi deve fare tutto ciò che è in suo potere per evitare di dipendere troppo dagli USA. È da aggiungere che la situazione non sarebbe stata diversa se avesse vinto la rivale Kamala Harris.

Ad approfondire le vicende interne, lo slogan d’approccio "America first" di Donald Trump si è rivelato nella realtà una politica bipartisan. Almeno dalla politica di indipendenza energetica del precedente presidente Barack Obama, gli Stati Uniti hanno prevalentemente cercato di mantenere la supremazia tecnologica ponendo fine alla delocalizzazione dei posti di lavoro, specie nella grande industria ad elevata occupazione. Una delle principali scelte di Trump nel suo primo mandato è stata quella di accettare prezzi più alti per i consumatori statunitensi, al fine di proteggere i produttori nazionali e imponendo dazi elevati a quasi tutti i partner commerciali.

Ad esempio, i dazi imposti da Trump nel 2018 sulle lavatrici provenienti da tutto il mondo hanno fatto sì che i consumatori statunitensi pagassero il 12% in più per questi prodotti. A guardare i dati del Ministero dell’Economia USA, anche il presidente Joe Biden ha poi aumentato alcuni dei dazi imposti da Trump: fino al 100% sui veicoli elettrici, al 50% sulle celle solari e al 25% sulle batterie provenienti dalla Cina. In un periodo come questo di emergenza climatica, quest’ultima è stata una scelta chiara per entrambi: rallentare la transizione energetica per proteggere il settore manifatturiero statunitense.

Mentre Biden firmava una tregua con l'Europa sui dazi, diede inizio a una battaglia forse ancora più dannosa lanciando una corsa ai sussidi. L'”US Inflation Reduction Act”, ad esempio, contiene 369 miliardi di dollari (286 miliardi di sterline) di sussidi in settori quali i veicoli elettrici o l'energia rinnovabile. Mentre il “Chips Act” ha impegnato l’enorme cifra di 52 miliardi di dollari per sovvenzionare la produzione di semiconduttori e chip per computer.

Cina, Europa e resto del mondo

Questa politica industriale degli Stati Uniti potrebbe essere stata rivolta verso l'interno, ma ha chiare conseguenze per il resto del mondo. La Cina, dopo decenni di crescita basata principalmente sulle esportazioni, deve ora affrontare con grande difficoltà enormi problemi di sovracapacità produttiva industriale. Attualmente sta cercando di incoraggiare maggiori consumi interni e di diversificare i propri partner commerciali.

L'Europa, nonostante i propri vincoli di bilancio molto stretto, spende molti soldi nella corsa ai sussidi dell’industria. La Germania, un paese che vive una crescita lenta e grandi dubbi sul suo modello industriale, si è impegnata a pareggiare i sussidi all’industria USA offrendo ad esempio 900 milioni di euro (750 milioni di sterline) ai produttori di batterie svedesi Northvolt per continuare a produrre nel proprio paese.

Tutti quei sussidi stanno danneggiando l'economia mondiale e avrebbero potuto facilmente finanziare necessità urgenti come l'elettrificazione dell'intero continente africano con pannelli solari e batterie. Nel frattempo, la Cina ha sostituito gli Stati Uniti e l'Europa come il più grande investitore nel continente africano, seguendo strenuamente il proprio interesse per potersi aggiudicare il maggior numero di risorse naturali.

Il nuovo mandato di Trump potrebbe rappresentare un'opportunità per correggere alcune intenzioni.

Si potrebbe, ad esempio, sostenere che l'invasione su vasta scala dell'Ucraina, con le centinaia di migliaia di morti e la crisi energetica che ne sono seguite, avrebbero potuto essere evitate se l'amministrazione Biden fosse stata concretamente più esplicita verso il presidente russo Vladimir Putin circa le conseguenze di un'invasione e avesse fornito armi più aggiornate e potenti a Kiev nelle fasi che hanno preceduto la guerra. Ma la maggiore mancanza è venuta soprattutto da parte dell’Europa.

Il problema strategico di diventare troppo dipendenti dal gas russo è qualcosa di cui Trump aveva chiaramente messo in guardia la Germania durante il suo primo mandato. È pertanto dimostrato che esiste una chiara strada da seguire: l'Europa potrebbe aiutare la Cina a risolvere i suoi problemi di sovraccapacità produttiva negoziando la fine della sua guerra dei dazi che gravano non poco sui prodotti tecnologici cinesi, come ad esempio per i pannelli solari e le auto elettriche.

In cambio, l'Europa riacquisterebbe una maggiore sovranità produttiva producendo una superiore quantità di energia green anziché importare quantità davvero record di gas liquido dagli Stati Uniti. Potrebbe anche apprendere qualcosa dalla produzione sinergica con alcune aziende cinesi, e la Cina potrebbe utilizzare la sua importante influenza sulla Russia per porre fine all'invasione armata dell'Ucraina.

L'Unione Europea potrebbe anche impegnarsi maggiormente in ciò che sa fare meglio: firmare accordi commerciali e utilizzarli come strumento per ridurre le emissioni di carbonio in tutto il mondo. Tali argomenti non riguardano sola l’Europa e la Cina Popolare: dopo decenni di continui miglioramenti ed evoluzione in tutte le principali dimensioni della vita umana, sotto certi aspetti il mondo sta tornando indietro.

Il numero di popoli che soffrono la fame è in aumento, riportandoci ai livelli del 2008-9 . La guerra infuria a Gaza, in Sudan, in Myanmar, in Siria e ora in Libano. Il mondo non aveva visto così tante vittime civili dal 2010. Nel bene o nel male, è improbabile che l'attuale amministrazione Trump inverta il percorso di un minore interventismo statunitense. È anche improbabile che guidi da solo una qualsiasi iniziativa importante sui processi di pacificazione in corso, sul cambiamento climatico e/o sulla liberalizzazione del commercio.

Il mondo è solo e l'America non verrà a salvarlo

Questo potrebbe figurare solamente come uno slogan in quanto non sappiamo ancora cosa accadrà nella politica interna ed estera degli USA. Forse il ritorno di Trump sarà una continuazione della politica degli ultimi dieci anni.

Forse dazi di entità proibitiva oppure lo sconvolgimento di qualche istituzione che hanno reso gli USA una potenza economica renderanno l'economia statunitense meno rilevante. Ma questa è una scelta che spetterà agli americani, per diventare un elemento con il quale il resto del mondo dovrà semplicemente convivere. Nel frattempo, l'unica cosa che il mondo può fare è imparare ad operare in armonia con la comunità mondiale senza mai diventare troppo dipendenti gli uni dagli altri.

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