Facebook Files n° 1: le ricerche nascoste sui danni di Instagram

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  Francesco Marchesetti
  05 February 2023
  5 minutes, 23 seconds

I Facebook Files

Come spiegato da Irene Boggio su Mondo Internazionale in un articolo del 31 ottobre, Facebook è recentemente finita al centro di un grande scandalo in seguito alla diffusione di documenti interni a opera di un’ex dipendente. Frances Haugen, la whistleblower, ha messo a disposizione della stampa inizialmente garantendo l’esclusiva al Wall Street Journal, poi allargando l’accesso all’archivio anche a un consorzio di giornalisti di altre testate un’enorme e inedita quantità di documenti riguardanti il fallimento della dirigenza del gruppo Facebook Inc. (che ha recentemente cambiato nome in Meta) nel contenere fenomeni di disinformazione, incitamento all’odio e alla violenza. Se però queste mancanze sono state ricondotte a una carenza di mezzi tecnici, i documenti hanno anche rivelato che Facebook ha coscientemente ignorato delle ricerche interne che evidenziavano la dannosità di alcuni loro prodotti, al fine di non danneggiare i propri introiti.

Tra questi campanelli d’allarme che sono stati ignorati c’è una serie di ricerche riguardo alla nocività di Instagram, acquistata da Facebook Inc. nel 2012, sulla salute mentale degli adolescenti, e in particolare delle teenager.

Teen Mental Health Deep Dive

Come riportato da Deepa Seetharaman, Jeff Horwitz e Georgia Wells – coloro che hanno esaminato in esclusiva tali documenti raccontandone il contenuto sul Wall Street Journal –, il reparto di ricerca di Facebook ha pubblicato cinque presentazioni dall’autunno 2019 alla primavera del 2021 nell’ambito di un lungo studio intitolato “Teen Mental Health Deep Dive, ovvero un’indagine immersiva nella salute mentale degli adolescenti. Le ricerche, che i files dimostrano essere state esaminate da Zuckerberg e dall’esecutivo di Facebook, individuano come fattori di rischio per la salute mentale dei giovanissimi la pressione data dal doversi adattare a stereotipi sociali, i quali derivano dal confronto in termini estetici ed economici con gli influencer, la ricerca di conferme individuali nel numero di follower, mi piace, o visualizzazione dei propri post, l’estrema sessualizzazione del corpo femminile, i fenomeni di bullismo, hate speech e, infine, l’emarginazione di particolari gruppi vulnerabili.

Le ricerche hanno evidenziato il paradosso per cui i giovanissimi sono consapevoli della dannosità effettiva o potenziale di Instagram, ma si dimostrano riluttanti ad abbandonare il social per paura di rimanere isolati dalle ultime tendenze socio-culturali (si parla in questo caso di FOMO: Fear Of Missing Out).

Inoltre, i ricercatori hanno sottolineato come alcune problematiche siano specifiche di Instagram piuttosto che dei social media in generale: se piattaforme come TikTok o Snapchat si basano sulla performance e l’originalità, nei contenuti di Instagram è invece radicata l’esaltazione estetica del corpo e l’ostentazione dello stile di vita. Questi aspetti, che i dati indicano come i più deleteri per gli adolescenti, sono i contenuti di maggiore successo sulla piattaforma, e dunque quelli che l’algoritmo seleziona per essere visti da più utenti possibili. Il circolo vizioso secondo cui i contenuti più nocivi per la salute mentale, essendo quelli che generano più interazioni, vengono favoriti dal sistema rispetto a quelli più innocui è indicato dagli stessi ricercatori di Facebook come “la tempesta perfetta”.

In un’udienza dello scorso marzo al Congresso degli Stati Uniti, Mark Zuckerberg aveva risposto alle obiezioni dei legislatori in merito all’intenzione di Facebook di creare una versione di Instagram accessibile alle ragazze e ai ragazzi sotto i 13 anni (che al momento è fissata come età minima per potersi iscrivere alla piattaforma). Quando a Zuckerberg venne chiesto se la compagnia avesse condotto studi sull’impatto di Instagram sugli adolescenti, il CEO disse: “Penso che la risposta sia sì“.

In agosto i senatori Richard Blumenthal e Marsha Blackburn inviarono una lettera a Zuckerberg chiedendo che venissero pubblicate le ricerche interne della compagnia riguardo all’impatto di Instagram sulla salute mentale dei giovanissimi, ma la risposta fu un fascicolo di sei pagine che non menzionava gli studi “Teen Mental Health Deep Dive” e che affermava di non essere in possesso di opinioni unanimi di esperti riguardo a quanto tempo davanti allo schermo sia effettivamente troppo. Il fascicolo inviato dall’esecutivo di Facebook ai due senatori ribadiva anche la volontà del gruppo di mantenere le ricerche confidenziali, al fine di promuovere un dialogo più aperto e sincero all’interno dell’azienda.

Gli effetti collaterali

Gli studi condotti dal team di ricerca di Facebook riportano che gli effetti di Instagram non sono dannosi per tutti gli utenti, che in gran parte riescono a gestire il confronto sociale e considerano l’app un modo divertente per esprimersi e connettersi con i propri amici.

Tuttavia, una considerevole parte dell’utenza – soprattutto ragazze nella fascia che va dai 13 ai 19 anni – subisce effetti dannosi dall’utilizzo dell’app. I documenti diffusi da Haugen mostrano come il 40% degli utenti che si ritengono “poco attraenti” e il 25% di quelli che “non si sentono all’altezza” degli standard della società affermino che tale sentimento ha avuto origine dall’app in questione. I giornalisti del Wall Street Journal hanno contattato diversi ragazzi e ragazze che hanno sperimentato disturbi dell’alimentazione; una quota considerevole di questi addita Instagram, mentre l’ideale stereotipato di bellezza fisica che la piattaforma e il suo algoritmo promuovono lo considerano la causa scatenante del complesso di inferiorità che ha portato al loro disturbo.

I ricercatori hanno anche evidenziato come gli utenti che soffrono gli effetti psicologici della piattaforma spesso non contemplano l’opzione di rimuoversi o di cancellare l’app: ”I ragazzi hanno affermato di non essere d’accordo con la quantità di tempo che passano sulla piattaforma, ma allo stesso tempo sentono di dover essere presenti”, afferma un research manager di Instagram nei documenti esaminati dal Journal, ”si sentono spesso “dipendenti” dalla piattaforma, e non sono in grado di smettere”. Andrew Przybylski, il direttore del dipartimento di ricerca dell’Internet Institute dell’Università di Oxford, in un’intervista ha parlato di Instagram come di ”una droga della quale non possiamo studiare il principio attivo”.

Fonti consultate per il presente articolo:

https://mondointernazionale.com/facebook-sotto-accusa-ancora-una-volta

https://www.nytimes.com/2021/10/25/business/facebook-papers-takeaways.html

”Instagram Adds More Protections for Teenagers” di Jeff Horwitz, sul Wall Street Journal del 27 luglio 2021

”Facebook Knows Instagram Is Toxic for Teen Girls, Company Documents Show” di Deepa Seetharaman, Jeff Horwitz e Georgia Wells sul Wall Street Journal del 14 settembre 2021

https://www.ilpost.it/2021/10/25/facebook-papers/

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L'Autore

Francesco Marchesetti

Studente di Lettere Moderne.
Aspirante giornalista, certo che l'informazione libera debba essere un diritto universale.

Student in Modern Literature.
Aspiring journalist, certain that freedom of information should be a universal right.

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