Il Decreto Legge Bonafede al vaglio della Corte Costituzionale

  Articoli (Articles)
  Redazione
  21 July 2020
  6 minutes, 36 seconds

A cura di Simona Maria Destro Castaniti

L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha indubbiamente travolto ogni aspetto della vita quotidiana nel nostro Paese, portando con sé, peraltro, una scia di variazioni procedurali e sostanziali alle normative vigenti, sulla base della situazione eccezionale verificatasi.

La c.d. “normativa emergenziale” infatti ha investito diversi settori, tra cui quello della Giustizia: a seguito del tragico diffondersi della pandemia in Italia sarebbero stati infatti 376 i detenuti raggiunti da provvedimenti di scarcerazione (con conseguente applicazione del regime della detenzione domiciliare), motivati da ragioni di salute.

Tra questi, però, figurano nomi di spicco dei più celebri (tristemente) clan della mafia nostrana, tra cui il boss dei Casalesi Pasquale Zagaria, scarcerato in data 23 aprile 2020, in ragione delle gravi patologie di cui è affetto e che lo rendevano incompatibile con la detenzione in carcere.

Per tentare di comprendere le logiche che fondano tale indirizzo adottato da parte di numerosi Magistrati di Sorveglianza, si cercherà di fornire alcuni elementi di chiarezza.

Innanzitutto, è bene sottolineare che per i predetti 376 soggetti è intervenuto un provvedimento di applicazione della detenzione domiciliare; pertanto gli stessi non si trovano in stato di libertà, ma sono tenuti a eseguire la pena presso le proprie abitazioni (o i luoghi comunque adibiti a tal fine).

La detenzione domiciliare, infatti, è una misura alternativa introdotta dalla Legge n. 663 del 1986, disciplinata oggi dall’art. 47ter della L.O.P.; essa consiste appunto nella prosecuzione della pena inflitta presso la propria abitazione, per motivi di salute, di età o, ancora, per ragioni familiari.

Inoltre, la decisione in tema di provvedimenti di sostituzione delle pene detentive con altre misure più gradate spetta unicamente alla Magistratura di Sorveglianza, organo dotato di autonomia e indipendenza, ai sensi dell’art. 104 della nostra Carta Costituzionale.

Tutto quanto sopra appare utile a fugare qualsiasi dubbio o perplessità circa i 300 provvedimenti emessi durante il lockdown da parte della Magistratura di Sorveglianza, tacciata di aver inficiato il duro e sacrificante lavoro delle diverse Procure Antimafia che negli ultimi 30 anni hanno guidato la difficile battaglia contro la criminalità organizzata nel nostro Paese.

Invero, a seguito di numerosi accuse e polemiche sollevate a causa delle scarcerazioni di diversi boss, il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede manifestava la necessità di porre fine a tale tendenza, attraverso un provvedimento che “rende obbligatoria la richiesta del parere della Direzione Nazionale e delle Direzioni Distrettuali Antimafia e Antiterrorismo, prima di assegnare la detenzione domiciliare[1].

Alla luce di quanto sopra, il Guardiasigilli il adottava il Decreto Legge 10 maggio 2020, n. 29, recante “Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19”, al fine di contribuire a limitare il ricorso a provvedimenti di scarcerazione dovuti alla situazione emergenziale nazionale.

Il succitato Decreto, infatti, prevede, per i detenuti condannati per determinati reati (in tema di terrorismo, criminalità organizzata, traffico di stupefacenti) e per i condannati rientranti nel circuito penitenziario di cui all’art. 41bis L.O.P., una rivalutazione delle ragioni sanitarie poste alla base del beneficio della detenzione domiciliare già concessa; rivalutazione da attuarsi entro 15 giorni dall’adozione del provvedimento di scarcerazione e, successivamente, con scadenza mensile.

Considerata la portata indubbiamente controversa di tale Decreto (c.d. “Decreto Antiscarcerazioni”), alcuni Magistrati di Sorveglianza (Spoleto, Avellino e Sassari), all’indomani della sua adozione, sollevavano questione di legittimità costituzionale, rimettendo la decisione alla Consulta, sulla base di una asserita violazione del principio del contraddittorio scaturente dalla citata manovra normativa. Infatti la decisione ultima circa la modifica della misura detentiva spetterebbe al Magistrato di Sorveglianza che dovrebbe quindi decidere sulla questione, acquisendo il parere delle Procure, senza tuttavia instaurare il contraddittorio tra le parti e dare la possibilità al detenuto di visionare gli atti e contro-dedurre nel merito.

Altri profili censurabili, inoltre, sarebbero da ricollegare al principio di uguaglianza cristallizzato all’art. 3 della nostra Costituzione[2]; di fatto muovendo da una presunzione di pericolosità sociale della persona legata unicamente al titolo di reato viene individuata una categoria di soggetti detenuti sottoposti ad uno “straordinario” procedimento di rivalutazione periodica, da ripetersi più volte, che potrebbe scaturire in un provvedimento di ripristino della detenzione carceraria, con ciò quindi violando il diritto alla salute del detenuto.

Ancora, ai sensi delle ordinanze remissive dei citati Tribunali di Sorveglianza il Decreto in esame violerebbe anche il principio della separazione dei poteri, pilastro di qualsivoglia tradizione democratica, dal momento che il Legislatore opererebbe un’indebita invasione nella sfera di esclusiva competenza del Potere giurisdizionale di valutazione in concreto del caso di specie; il regime vigente prima dell’entrata in vigore del Decreto, infatti, prevedeva l’autonomia del Magistrato nel stabilire un termine di durata massima della detenzione domiciliare.

Diversamente, adesso, il Giudice investito della questione ha l’obbligo di sottoporre a rivalutazione il caso di specie dopo 15 giorni dall’adozione del provvedimento e, poi, a cadenza mensile.

Un altro profilo di difficoltà pratica nell’attuazione del citato Decreto è dato dal raccordo da operarsi con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP), che avrebbe il compito di indicare al Magistrato di Sorveglianza la disponibilità di determinate strutture sanitarie idonee a garantire gli opportuni trattamenti terapeutici ai detenuti, ai fini del rispetto del diritto alla salute degli stessi.

In realtà, ciò che è emerso nella prassi è la vaghezza delle comunicazioni provenienti dal DAP, che non sarebbe utili a fornire dati specifici in ordine alla disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il detenuto potrebbe scontare la pena detentiva.

Altre critiche al Decreto Anti-scarcerazioni provengono da parte dell’Unione delle Camere Penali, nonché dal Presidente della Commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra, tutti concordi nel ritenere il provvedimento una indebita invasione nella sfera di autonomia e indipendenza del Potere Giudiziario.

A questo punto, pertanto, non resta che attendere la decisione della Corte Costituzionale che, nel caso in cui accogliesse i ricorsi presentati dai Magistrati di Sorveglianza, travolgerebbe la validità e l’efficacia del Decreto Legge 10 maggio 2020, n. 29, con effetti retroattivi (salvo nel caso di rapporti giuridici consolidati per mezzo di sentenze passate in giudicato o nell’ipotesi di scadenza dei termini di prescrizione e decadenza)[3].

Fonti consultate per il presente articolo:

Arbotti M., “Il D.l Bonafede spedito alla Corte Costituzionale: l’ennesimo frutto avvelenato del populismo penale al vaglio della Consulta”, in ExtremaRatio.it, 9 giugno 2020;

Cass. civ. sez. III 28 luglio 1997 n. 7057;

IlDubbio.it, “Un altro alt al decreto Bonafede: generiche le indicazioni del Dap”, 11 luglio 2020;

La Repubblica, “Carceri, Mattarella firma il decreto sulle scarcerazioni. Bonafede: "Nessuno può approfittare del coronavirus", 10 maggio 2020

Meazza L. N., “Il Decreto Legge sulle scarcerazioni nuovamente al vaglio della Consulta: anche il Tribunale di Sorveglianza di Sassari solleva questione di legittimità costituzionale.”, in GiurisprudenzaPenale.it, 9 giugno 2020;

Pipitone G., “Coronavirus, Zagaria scarcerato: la mente economica dei Casalesi ai domiciliari per motivi di salute. Il giudice: “Rischia il contagio. Terapie in altre carceri? Il Dap non ha risposto”. Il Ministero avvia verifiche”, in IlFattoQuotidiano.it, 24 aprile 2020;

PoliziaPenitenziaria, “La vera storia della scarcerazione dei boss al 41 bis”, 30 maggio 2020;

Ristretti.it (http://www.ristretti.it/areestudio/alternative/esterna/domiciliare.htm#:~:text=Istanza%20di%20detenzione%20domiciliare&text=Il%20Pubblico%20Ministero%20trasmette%20l,requisiti%20di%20cui%20all'art.);

Stella A., “Il decreto Bonafede è incostituzionale, non tutela la salute e lede autonomia dei magistrati di sorveglianza”, in IlRiformista.it, 10 giugno 2020.

Fonti fotografiche:

https://www.google.it/search?q=giustizia&tbm=isch&ved=2ahUKEwjVvZbEhcXqAhVtwAIHHUFrAXAQ2-cCegQIABAA&oq=giustizia&gs_lcp=CgNpbWcQARgAMgQIIxAnMgIIADICCAAyAggAMgIIADICCAAyAggAMgIIADICCAAyAggAOgQIABBDOggIABCxAxCDAToFCAAQsQM6BAgAEBg6BggAEAoQGFDWJFilU2CgVGgIcAB4AIABrQGIAcMRkgEEMS4xOZgBAKABAaoBC2d3cy13aXotaW1n&sclient=img&ei=eJsJX9WhB-2Ai-gPwdaFgAc&authuser=0&bih=734&biw=1440&tbs=sur%3Afc&hl=it&hl=it#imgrc=3si4RXGQsI6mkM

[1] ITALPRESS.it

[2] Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

[3] Cass. civ. sez. III 28 luglio 1997 n. 7057

Share the post

L'Autore

Redazione

Categories

Europe Società

Tag

Legge giustizia Coronavirus covid-19 Covid19 covid ministro bonafede corte costituzionale sorveglianza