Il ruolo positivo dell'export nell'economia italiana

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  Redazione
  30 January 2025
  6 minutes, 16 seconds

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di Geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

Tutti i dati dell’ Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization - WTO) affermano che l’Italia è diventata in pochi anni la quarta potenza esportatrice mondiale. Dopo la Germania, essa occupa ora la propria posizione stando davanti alla Corea del Sud.

Per misurare tali progressi finora compiuti, è necessario sotto il profilo analitico tener conto che nel 2014 il nostro “Bel Paese” si trovava ancorato al settimo posto. Alcuni opinionisti ed esperti internazionali parlano già di un nuovo “miracolo italiano”, dopo quello più rinomato degli anni ‘50 e ‘60.

A fronte di questi successi economici, quali lezioni si possono trarre?

Secondo alcune valutazioni comparative, la Francia registra un allarmante deficit commerciale, previsto in 80 miliardi di euro com’è stato nel solo 2024. La bilancia commerciale complessiva italiana è aumentata di 51 miliardi di euro negli ultimi vent'anni. A fronte di tali successi, si è già sollevata la questione di un possibile quanto emergente e concreto “modello italiano delle esportazioni”.

Ma nulla è stato deciso in anticipo.

In effetti, l’Italia è stata a lungo un importatore netto e solo di recente il Paese ha trasformato la propria economia in un modello di efficienza delle esportazioni. Solo nel 2022, l’Italia ha registrato un surplus commerciale sulle importazioni di ben 86 miliardi di euro, escludendo i prodotti energetici, vale a dire più del doppio dei 40 miliardi di euro ottenuti nel 2021.

Gli studi di settore della Confindustria hanno stabilito che il successo italiano è basato soprattutto sulla specializzazione operativa sviluppata in prodotti di qualità nei settori di nicchia, in particolare nel campo dell’elettromeccanica, che ha generato un surplus di 50 miliardi di euro nel 2021, mentre la Francia ha registrato in questo settore un deficit di 17,3 miliardi di euro.

Anche l’industria transalpina della moda ha registrato nel 2021 un surplus commerciale di 33 miliardi di euro. L’industria del legno e dei mobili, dal canto suo, ha contribuito al surplus commerciale per 8,2 miliardi di euro. Tutti questi prodotti, spesso legati il più delle volte a una forza lavoro altamente qualificata e ad alto valore aggiunto, beneficiano anche di una domanda internazionale in rapida crescita, stando a dimostrare l’incremento della stima specifica che i prodotti italiani rivestono nel mondo.

Il ruolo delle aziende familiari

Il sistema industriale italiano fa affidamento su una fitta rete di aziende a carattere familiare, spesso raggruppate in distretti industriali regionali, capaci di promuovere flessibilità, innovazione e produzione di qualità, il tutto a costi competitivi.

Queste aziende rappresentano l’83% delle medie imprese italiane, contro solo il 48% in Francia, riflettendo una tradizione di imprenditorialità familiare più diffusa e radicata in Italia.

L’esempio italiano mostra che le imprese familiari sfruttano meglio i benefici a lungo termine dell’internazionalizzazione e accedono ai mercati esteri in modo più sostenibile e flessibile. In Italia, circa l’80% delle imprese familiari si tramandano l’attività rimanendo all’interno della stessa famiglia, garantendo così la continuità generazionale e la sostenibilità delle azioni a livello internazionale.

Al di là delle Alpi, invece, solo il 22% delle imprese familiari sono trasferite all'interno della stessa famiglia, il che porta a discontinuità – o addirittura fallimenti – specie per quanto riguarda le esportazioni.

Italia: un sistema fiscale generalmente competitivo

La tassazione italiana sulla cessione del patrimonio imprenditoriale è considerata una delle più competitive in Europa. In Italia, le imposte sulle successioni e sulle donazioni vengono applicate con un'aliquota base compresa tra il 4% e l'8%, a seconda del grado di rapporto tra il donatore e il beneficiario. Per fare un confronto, in Francia, le imposte di successione raggiungono il 45% per gli eredi diretti e possono essere anche più elevate per gli eredi lontani o non imparentati.

Inoltre, il fisco italiano concede una riduzione di 1.000.000 di euro per gli eredi diretti (coniuge e figli). Ciò significa che i beni imprenditoriali di questo valore vengono trasferiti esentasse. Al di là di questa cifra, in Italia esistono fondazioni familiari e holding che permettono di ottimizzare la trasmissione.

Tuttavia, come evidenziato di recente in un articolo pubblicato su Le Monde, il modello familiare è da questo punto di vista “virtuoso” perché consente alle imprese l’ancoraggio al territorio e una gestione a lungo termine senza compromettere la sovranità economica del Paese.

Un investimento in innovazione finanziato in gran parte dal settore privato

Secondo le fonti industriali, l’Italia riesce a innovare il proprio sistema produttivo e delle esportazioni nonostante la minore spesa in ricerca e sviluppo, puntando su settori promettenti come il design industriale e l’elettromeccanica in numerose sue forme.

A differenza della Francia, dove la ricerca è in gran parte pubblica tramite il CNRS, l’Italia favorisce maggiormente le innovazioni a breve termine e ad alto rendimento e, quel che è meglio, finanziate dal settore privato.

Le aziende collaborano a livello regionale, promuovendo l’agilità nell’azione d’impresa, mentre la tassazione italiana va a vantaggio dell’imprenditorialità, in particolare con una detrazione fiscale del 50% per gli investitori in iniziative innovative. I contributi previdenziali più bassi rendono l’Italia più attraente anche per i datori di lavoro.

L’Italia, di fronte ai vincoli di bilancio e alla necessità di rilanciare la competitività, ha intrapreso riforme volte a ridurre il costo del lavoro e a migliorare la propria competitività sui mercati esterni. Inoltre, il basso livello delle imposte sulla produzione in Italia ( 2,2% del Pil, contro il 4,7% della Francia) incoraggia fortemente le aziende a rifornirsi presso subfornitori stabiliti oltralpe, in particolare nel settore delle apparecchiature elettriche o della moda.

Formazione più adatta alle aziende esportatrici

L'Italia favorisce le scuole tecniche e professionali (Istituti Tecnici e Professionali) per formare direttamente i giovani alle professioni industriali. Questi istituti accolgono quasi il 44% degli studenti della scuola secondaria nel 2024/2025, riflettendo un approccio educativo adatto anche alle esigenze delle imprese esportatrici, rispetto solo al 27,6% in Francia.

L’Italia sta integrando più apprendistati e stage aziendali nella sua formazione, consentendo una rapida transizione verso l’occupazione e rafforzando la competitività delle imprese nelle esportazioni. Altrove in Europa, i datori di lavoro sono spesso costretti a investire in formazione aggiuntiva, ritardando l’integrazione dei dipendenti e aumentando i costi.

Una strategia del “Made in Italy” efficace e ben difesa

L’Italia promuove attivamente il proprio marchio “Made in Italy” attraverso campagne di marketing globali, una maggiore partecipazione a fiere internazionali e la lotta alla contraffazione. Infine, ma non meno importante, SACE (Servizi Assicurativi del Commercio Estero), agenzia italiana di assicurazione del credito all’esportazione, ha sostenuto progetti di esportazione per oltre 55 miliardi di euro nel 2023.

Per fare un confronto, Bpifrance, attraverso la sua controllata Bpifrance Assurance Export, annuncia di aver introdotto investimenti di 22 miliardi euro nel 2023, ovvero appena il 40% del livello italiano.

Questo maggiore sostegno alle esportazioni fornisce un ulteriore vantaggio competitivo significativo. Le aziende italiane beneficiano di migliori condizioni finanziarie e assicurative per i loro progetti all’estero e sono meglio posizionate per conquistare quote di mercato in settori strategici.

L’Italia coniuga tradizione, innovazione e sostegno finanziario attivo da parte dello Stato per rafforzare la propria competitività sulla scena internazionale. Sebbene questo modello non sia privo di sfide – l’invecchiamento demografico e la dipendenza da alcuni mercati – offre alla Francia, il suo vicino transalpino, vie di ispirazione per ridurre il deficit commerciale e sostenere meglio i suoi esportatori.

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