La Battaglia che resta. Ciao Letizia

Letizia Battaglia non è stata solo una grande fotografa: l’attivismo con cui ha denunciato i crimini di mafia e l’ingiustizia sociale l’hanno resa una figura iconica di questo Paese. Adesso che non c’è più restano le sue fotografie a ricordarci l’arte della giustizia.

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  Francesca Bellini
  01 April 2022
  3 minutes, 13 seconds

Ci sono persone che nel corso della loro vita lasciano un segno, tracce che verranno ricordate e che le renderanno modelli di ispirazione per le generazioni future. La fotogiornalista Letizia Battaglia, mancata lo scorso 13 aprile all’età di 87 anni, resterà sicuramente nel tempo un modello di riferimento per moltissimi giovani e appassionati di fotografia. Con la sua scomparsa, se ne è andata una donna che con le sue fotografie ha raccontato uno spaccato di vita del Paese, testimoniando la fragilità e la ricchezza dell’animo umano. L’incontro fra la Battaglia e la fotografia è avvenuto piuttosto tardi, quando Letizia aveva 39 anni e iniziò a lavorare per il quotidiano di Palermo “L’Ora”. Nella Sicilia degli anni Settanta, scenario della sanguinosa guerra di mafia, gli scatti di questa fotografa hanno raccontato la violenza e il male che gli esseri umani sono in grado di generare. Della Battaglia sono le foto che ritraggono l’assassinio nel 1980 di Piersanti Mattarella, allora presidente della Regione Sicilia; l’uccisone del giudice Cesare Terranova; l’arresto del boss mafioso Leoluca Bagarella nel 1979; o il ritratto del giudice Giovanni Falcone ai funerali del generale Carlo Alberto dalla Chiesa celebrati nel 1982. Letizia Battaglia era una personalità poliedrica, un’artista e un’attivista che ha dedicato la sua vita all’impegno civile e al bene collettivo. La sua macchina fotografica è stata un’arma contro la mafia, che è riuscita a coniugare l’amore per l’arte con la vocazione politica, creando una serie di opere di grande bellezza, in grado di immortalare l’interiorità dell’animo umano.

Lei stessa definiva la sua fotografia “neorealista”, perché capace di mettersi al servizio degli altri, di fare un racconto vero e autentico, denunciando le inuguaglianze e le falle del sistema. Valore aggiunto del suo lavoro sono gli scatti che, assieme ai morti per mafia, raccontano i vissuti quotidiani dei civili che vivevano la povertà generata dalla violenza di quegli anni: una mamma bloccata nel letto con due bambini piccoli, senza luce né acqua in casa; la bambina dagli occhi scuri che stringe a sé un pallone da calcio nel quartiere palermitano La Cala, il bambino siciliano che gioca a fare il killer con il viso coperto e la pistola in mano. E in ogni scatto di Letizia c’era sempre la sua Palermo, città contraddittoria, ma che la Battaglia amava profondamente “se Palermo soffre, soffro anche io” dirà nella sua biografia “Mi prendo il mondo ovunque sia”, scritta insieme alla giornalista Sabrina Pisu. E quando tanti artisti andavano via, a cercare ispirazione in metropoli come Parigi o New York, Letizia restava lì nella sua Palermo, raccontando la profondità e l’intimità che forse solo un nativo è in grado di cogliere.

Tutti i suoi lavori in bianco e nero sono il frutto di uno sguardo eccezionalmente sensibile e intuitivo, capace di cogliere la bellezza nella marginalità sociale. Negli ultimi anni la sua macchina fotografica cercava le donne, e lo faceva sempre con l’intimità che ha caratterizzato la sua carriera, in maniera delicata, trovando in ogni corpo e in ogni viso la bellezza. Non se n’è andata solo una fotografa, ma una grande donna che ha cercato di rendere il mondo un posto migliore con il suo linguaggio comunicativo: la fotografia. Letizia Battaglia non c’è più, ma la libertà, l’etica e la bellezza che ci ha lasciato resteranno in eredità in ognuna delle sue foto.

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L'Autore

Francesca Bellini

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Letizia Battaglia fotografia mafia anti-mafia