La mobilitazione russa fra repressioni e frontiere

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  Gaia De Salvo
  10 November 2022
  3 minutes, 6 seconds

Il Cremlino aveva previsto una guerra lampo in Ucraina, nonostante ciò, il conflitto perdura, con conseguenze disastrose non solo per i civili ucraini - da mesi vittime di violenza ingiustificata - ma anche, progressivamente, per i cittadini russi. Infatti, il 21 settembre, a quasi otto mesi dall’inizio del conflitto, Vladimir Putin ha dichiarato una mobilitazione di 300.000 riservisti con l’obiettivo di “controllare i territori liberati”, come precisato dal Serghei Shoigu, ministro della difesa russo. Nonostante le dichiarazioni, alcuni report indicano un coinvolgimento maggiore - la cifra dichiarata da Putin non è nel testo del decreto -, fino a un milione di uomini, alcuni arruolati arbitrariamente da commissariati militari.

L’esercito russo è stanco e immotivato, da metà settembre i soldati ucraini sono riusciti a conquistare grosse fette di territorio; Putin non ha altre opzioni se non la mobilitazione, egli stesso ha dichiarato di recente "Voglio chiarire. Quello che sta accadendo oggi è, per usare un eufemismo, spiacevole, ma avremmo avuto la stessa cosa un po' più tardi, solo in condizioni peggiori per noi. Quindi stiamo agendo in modo corretto e tempestivo", evidenziando il suo rammarico per la necessità di un coinvolgimento più diretto del popolo russo.

La popolazione russa è sotto stretta sorveglianza già dalla primavera, con la censura di stato non ci sono più media indipendenti nel paese, e l’attivismo antiguerra è stato brutalmente represso. La mobilitazione però, ha dato nuovo slancio ai sentimenti domestici di opposizione al conflitto, infatti, oltre a un massiccio esodo dal paese, ci sono state numerose proteste nelle maggiori città del paese. Il dissenso continua nonostante le aspre pene previste, fino a 15 anni di carcere. Secondo l’organizzazione russa per i diritti umani OVD-Info, fino a 2300 protestanti del paese sono stati imprigionati a cinque giorni dalla dichiarazione della mobilitazione.

Internazionalmente, i paesi limitrofi sono restii ad accogliere i cittadini russi in fuga dalla mobilitazione. Nonostante il recente appello del presidente del Consiglio UE Charles Michel di aprire le porte a coloro che “non si adeguano alla guerra in Ucraina”, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e la Repubblica Ceca hanno varato un divieto per l’ingresso ai cittadini russi e bielorussi, chiudendole ulteriormente. Esiste la possibilità di un visto umanitario per i disertori che rischiano forte repressione nel paese di origine, ma numerosi paesi dell’est hanno deciso di non accettare domande di asilo provenienti dal paese per motivi di sicurezza nazionale e molti, come il ministro degli Esteri lituano Landsbergis, ritengono che «I russi dovrebbero restare e combattere. Contro Putin».

Putin ha al suo servizio un vasto arsenale di repressione, il suo governo ha un controllo sull’opinione pubblica senza precedenti nella Russia post-sovietica. L’incrementale repressione dell’opposizione non porterà a reale supporto per una guerra fratricida ma gli darà la possibilità di continuare a coinvolgere la sua popolazione nel conflitto, ormai diventato brutale sia all’interno che all’esterno dei confini della Federazione.

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Gaia De Salvo

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