Anche quando la strada sembra tracciata, la rotta segnata, il rischio di perdersi è sempre molto alto. Lo sanno bene i giovani georgiani che nei giorni scorsi, sono scesi in piazza per protestare contro l’adozione della legge sugli “agenti stranieri”. E, come un anno fa, la volontà dei manifestanti si è scontrata con la violenza delle forze dell’ordine.
Ma a differenza di quanto accaduto nel marzo dello scorso anno, quando alla fine Sogno Georgiano, il partito che guida il governo del Paese, aveva rinunciato al progetto, questa volta la legge è stata approvata, dimostrando come il governo non abbia alcun interesse ad ascoltare il popolo georgiano.
Dal 14 maggio scorso infatti, la Georgia ha la sua “legge russa”, come viene definita dai manifestanti per la sua somiglianza ad una norma entrata in vigore in Russia nel 2012 è che ha rappresentato uno strumento per il Cremlino per aumentare il controllo sulla società civile e per eliminare tutte le voci scomode del mondo dei media. Secondo i manifestanti potrebbe essere questo il futuro che attende Tbsili. La legge infatti prevede che i media o le ong che ricevono il 20% o più dei propri finanziamenti dall’estero debbano dichiararsi “agenti stranieri” e dunque sottoporsi ad una serie di controlli speciali.
“Legge russa” non a caso quindi, visto anche che nella sua prima versione la norma voluta dal Cremlino utilizzava sostanzialmente gli stessi criteri - quello economico - e gli stessi termini. Negli anni però diventare “agenti stranieri” in Russia è diventato sempre più semplice, e qualsiasi organizzazione non allineata alle posizioni del governo è stata segnalata come tale, portando anche diverse testate russe a chiudere o a trasferirsi all’estero, come nel caso di Meduza.
Ma il riferimento alla Russia chiaramente non si esaurisce nella somiglianza fra le due norme: è infatti chiaro, tanto ai manifestanti quanto agli osservatori, che l’approvazione della norma rappresenta una rottura con il mondo occidentale e un passo verso Mosca, nonostante l’integrazione euroatlantica faccia parte della Costituzione georgiana.
Bdizina Ivanishvili, il “presidente onorario” di Sogno Georgiano da sempre allineato alle posizioni della Russia - Paese in cui ha i maggiori interessi finanziari -, rivolgendosi ai suoi sostenitori lo scorso 29 aprile ha in parte abbandonato l’equilibrio del partito, e ha annunciato gli obiettivi della norma. In un discorso in cui ha ripreso parte della narrativa del Cremlino, definendo ad esempio l’occidente il “partito della guerra”, ha infatti riconosciuto di essere l’ispiratore della contestata legge sugli “agenti stranieri”. Mantenere la propria “identità” e contrastare l’agenda delle ong, ma anche fermare la “propaganda LGBT” sono stati gli argomenti centrali.
Alla fine del discorso è tornata l’ipocrisia nei confronti della prospettiva europea: nonostante infatti dalle istituzioni europee fossero arrivati chiari messaggi sull’incompatibilità di questa norma con una futura adesione, Ivanisvhili ha affermato sottolineato che quello rimane l’obiettivo. Un “europeismo” di facciata, ormai però abbastanza in contrasto con i passi compiuti che allontanano Bruxelles. E questo nonostante diversi sondaggi abbiano mostrato come circa l’80% della popolazione georgiana sia favorevole all’ingresso nell’Ue, un dato che giustifica l’enorme partecipazione alle proteste dei giorni scorsi.
Oltre alle proteste interne della popolazione non sono mancate le reazioni internazionali. L’Alto Rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell e il commissario all’Allargamento Oliver Varhelyi hanno infatti pubblicato una nota in cui hanno richiesto al governo georgiano di “ritirare la legge” e “mantenere il loro impegno nel percorso verso l’Ue”. Anche gli Stati Uniti, nelle parole del vicesegretario di Stato Jim O’Brien, si sono espressi su quanto stava avvenendo, commentando anche la retorica antioccidentale utilizzata da Ivanishvili e sottolineando che i 390 milioni di dollari in aiuti previsti per la Georgia sono ora “in corso di revisione”.
D’altronde il governo georgiano ha nei fatti chiarito che gli Stati Uniti risultano sempre meno un partner. L’ambasciatrice americana a Tbilisi Robin Dunningam ha infatti rivelato come il governo del Paese abbia deciso di “declinare l’invito a discutere la partnership e l’assistenza degli Usa”. Una decisione che chiarisce ulteriormente come Sogno Georgiano stia trasportando il Paese verso la Russia di Putin, nonostante siano ancora impresse le immaginio dell’invasione del 2008.
Se le proteste non sono riuscite a scalfire la posizione di Sogno Georgiano, ad ottobre i georgiani avranno un’altra occasione per far sentire la propria voce, andando a votare. Con la consapevolezza, questa volta, che il partito controllato da Ivanishvili ha fatto una sua scelta, abbandonando quell’ambiguità che lo aveva contraddistinto negli ultimi anni.
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L'Autore
Giorgio Giardino
Giorgio Giardino, classe 1998, ha di recente conseguito la laurea magistrale in Politiche europee ed internazionali presso l'Università cattolica del Sacro Cuore discutendo un tesi dal titolo "La libertà di espressione nel mondo online: stato dell'arte e prospettive". Da sempre interessato a tematiche riguardanti i diritti fondamentali e le relazioni internazionali, ricopre all'interno di MI la carica di caporedattore per la sezione Diritti Umani.
Giorgio Giardino, class 1998, recently obtained a master's degree in European and international policies at Università Cattolica del Sacro Cuore with a thesis entitled "Freedom of expression in the online world: state of the art and perspectives". Always interested in issues concerning fundamental rights and international relations, he holds the position of Editor-in-Chief of the Human Rights team.
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