World Economic Forum: le discussioni in ambito commerciale

Dall’intervento di Trump alla risposta europea, le ultime dichiarazioni sul commercio internazionale

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  Elisa Modonutti
  29 January 2025
  4 minutes, 10 seconds

Si è concluso il 24 gennaio scorso nella località sciistica svizzera di Davos il World Economic Forum, il meeting internazionale che riunisce i leader mondiali per discutere sulle principali sfide globali, dalle risposte agli shock geopolitici, alle discussioni sulla crescita sostenibile e sulla transizione energetica, fino ai recenti sviluppi del mondo digitale.

Dal discorso della Presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, all’intervento del neoeletto Presidente americano Donald Trump, fino a giungere al Presidente Ucraino Zelensky e al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Gutierrez, molti grandi della politica internazionale sono intervenuti al dibattito.

Tema fondamentale al centro delle discussioni è stata la questione della ricostruzione di fiducia, soprattutto in ambito commerciale, dove, a causa delle contingenze e delle inasprite condizioni sociali e geopolitiche, vi è stata e vi è una tendenza a livello mondiale ad uno spostamento verso misure protezionistiche, ostacolando quindi non solo il commercio, ma anche gli investimenti a livello mondiale.

Schierata fortemente a favore del libero mercato e del commercio internazionale è stata la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che ha dichiarato come “non sia nell’interesse di nessuno rompere gli accordi commerciali internazionali”. Anche Ding Xuexiang, vicepremier della Repubblica Popolare Cinese, ha tenuto un discorso speciale, illustrando i pilastri della crescita economica e benefici derivati e derivanti da un’effettiva governance commerciale globale, affermando come “il protezionismo non porti da nessuna parte” e come “una guerra commerciale non abbia vincitori”, sottolineando come i problemi di redistribuzione che sorgeranno dalla globalizzazione economica potranno essere risolti solamente in modo congiunto.

Di altra visione è risaputo essere il neoeletto Presidente americano Donald Trump, il quale, già inseguito alla sua elezione aveva dichiarato di voler imporre dazi al 25% per quanto riguarda l’ingresso di prodotti da Canada e Messico e tariffe ancora più elevate per quanto riguarda i beni di origine cinese, non escludendo da tassazioni nemmeno i prodotti di importazione europea.

A Davos, il Presidente è rimasto vago sulla questione doganale, affermando come non ci sarà “posto migliore sulla terra” per creare posti di lavoro, costruire fabbriche o far crescere un’azienda che “proprio qui, nei buoni vecchi Stati Uniti”, sottolineando come per gli esterni ci sarà ci sarà da “pagare una tariffa” con importi variabili, i cui proventi saranno destinati “al rafforzamento dell’economia e al pagamento del debito”.

Inoltre, il Presidente americano si è schierato apertamente contro l’Unione europea, affermando come l’Ue “tratti male l’America”, utilizzando barriere non tariffarie che “limitano l’export di prodotti americani”. È risaputo che Washington contesta i regolamenti sull’alimentare, sui pesticidi, sulla tutela della salute, sulla chimica, ma anche sulle auto, con “l’Europa che produce milioni di auto e le esporta da noi, ma rende difficile comprare le nostre».

Ferma è stata la risposta alle accuse di Trump da parte della Presidente della BCE Christine Lagarde, la quale ha affermato come "soprattutto sui prodotti non è tutto bianco e nero, ma è presente anche l'interscambio dei servizi e dei flussi di capitale", sottolineando come sia necessario "sedersi a un tavolo nell'ambito delle istituzioni preposte” per discutere delle questioni in quanto “non si possono semplicemente rimuovere le vecchie regole, ignorare le istituzioni del mondo, con 190 paesi che sono parte di Fmi e Wto. Se c'è una cosa che l'Europa ha imparato dalla fine della Seconda Guerra mondiale è che non si può fare da soli, si deve lavorare insieme, rispettare tutti e capire tutti”.

Per Lagarde l’Europa si troverà ad affrontare “una sfida esistenziale”, trovandosi divisa dai profondi rapporti che la uniscono agli Usa, alleato storico, ma pronta al contempo a difendere i propri valori e interessi, se necessario.

Altro ambito in cui è necessario un maggiore intervento UE è l’ambito degli investimenti e dell’innovazione. Come affermato infatti nel giorno di chiusura del Forum da Kristalina Georgieva, direttrice generale del Fondo monetario internazionale, negli USA la crescita è forte, ma in Europa meno a causa di un divario nella produttività. In particolare, per Georgieva, “il mondo sta cambiando rapidamente e il denaro si sposta verso dove può fare la differenza”. “Al momento, questo significa Stati Uniti. Se i paesi vogliono progredire, devono creare opportunità per gli imprenditori. L'Europa, in particolare, ha bisogno di mercati dei capitali profondi e di un vero mercato unico". La direttrice sottolineando, quindi come sia necessario “tornare a investire in Europa” ed “essere più fiduciosi di se stessi”.

Chiuso il sipario sul Forum, risulta lampante come per l’economia europea si possono prospettare tempi non rosei, anche se i risultati dipenderanno dalla capacità europea di saper giocare bene le proprie carte, le proprie abilità diplomatiche e la propria capacità di puntare su investimenti strategici.

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L'Autore

Elisa Modonutti

Studentessa di Scienze internazionali e diplomatiche, amante della lettura, dei viaggi e con una curiosità innata di scoprire il mondo che ci circonda

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