Richiedenti asilo LGBTQ+ africani nell'UE

II - La situazione in Italia: una visione generale

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  Aurelia Maria Puliafito
  24 luglio 2024
  6 minuti, 24 secondi

Tradotto da Benedetta Morandini

Italia e diritti LGBTQ+: una breve panoramica

Per analizzare meglio come e in che misura i richiedenti asilo LGBTQ+ africani siano protetti in un paese di primo approdo come l'Italia, è fondamentale comprendere come l'Italia stessa implementi le politiche per garantire i diritti della comunità LGBTQ+. Questo è strettamente legato ai mezzi che il governo adotta per riconoscere e proteggere i richiedenti asilo LGBTQ+.

Secondo i dati raccolti dall'ILGA nel suo "Annual Review of the Human Rights Situation of LGBTI People in Europe and Central Asia" e mostrati attraverso una mappa interattiva, negli ultimi dieci anni l'implementazione delle norme per garantire i diritti LGBTQ+ in Italia è stata altalenante. Un picco è stato raggiunto nel 2018, due anni dopo l'approvazione da parte del Parlamento italiano della legge sulle unioni civili, nota anche come “legge Cirinnà”. Grazie a questa legge, l'Italia è diventata il 27° paese in Europa a riconoscere legalmente le coppie dello stesso sesso.

Tuttavia, prima, durante e dopo la sua approvazione, la legge è stata seguita da critiche specificamente legate al diritto delle coppie dello stesso sesso di adottare bambini e alla maternità surrogata, due misure non incluse nella legge Cirinnà e che sono state e sono ancora strumentalizzate dalla coalizione di destra attualmente al governo. La maternità surrogata, in particolare, è stata definita dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni come “una pratica disumana”, dichiarando apertamente di sostenere una proposta di legge che renderebbe la pratica un “crimine universale”.

Nel 2024, l'Italia è stata classificata al 35° posto su 48 paesi per i diritti LGBTQ+, posizionandosi quindi vicino al fondo della classifica dell'UE con il 25,41% dei punti, seguita da Bulgaria, Romania e Polonia.

Secondo l'ILGA, infatti, “l'Italia è attualmente uno dei paesi dell'UE che affronta la sfida del rapido deterioramento dello stato di diritto e degli standard democratici, nonché attacchi diretti ai diritti fondamentali dei gruppi vulnerabili, inclusi le persone LGBTQ+.”

L’hate speech è apertamente perpetuato dall'attuale governo, che ha promesso di affrontare la cosiddetta “lobby LGBTQ+”. Inoltre, i crimini d'odio anti-LGBTQ+, tra cui stupri, aggressioni, omicidi e percosse, sono continuati e sono aumentati negli ultimi mesi. Per di più, in occasione della Giornata Internazionale contro l'Omofobia e la Transfobia (IDAHOT), il 17 maggio 2024, il governo italiano ha rifiutato di firmare la “Dichiarazione sul continuo avanzamento dei diritti umani delle persone LGBTQ+ in Europa” coordinata dalla Presidenza belga dell'UE, in cui i firmatari si impegnavano a sostenere un miglior accesso ai diritti per tutte le persone LGBTQ+, perché seguiva troppo da vicino il progetto di legge nazionale già boicottato per criminalizzare i crimini d'odio contro la comunità LGBTQ+ proposto nel 2018 dal Partito Democratico. Il governo italiano non ha nemmeno firmato la Dichiarazione ministeriale congiunta in occasione della Giornata Internazionale contro l'Omofobia, la Lesbofobia, la Bifobia, la Transfobia e l'Interfobia, firmata da 32 Stati membri del Consiglio d'Europa.

Richiedenti asilo LGBTQ+ in Italia: luci e ombre del processo di accoglienza

Individuare il numero esatto di individui LGBTQ+ che cercano asilo in Italia non è facile. L'Italia è infatti uno dei paesi europei che non raccoglie dati sui motivi per cui le persone richiedono protezione internazionale, inclusi i motivi protetti di SOGI, acronimo per Orientamento Sessuale e Identità di Genere (che l'attuale governo intende rimuovere dalla legge sull'asilo). I dati raccolti dal Database Eurostat e mostrati sul Database Informazioni Asilo (aida) mostrano che tra i primi 10 paesi di origine dei richiedenti asilo in Italia nel 2023, sei sono paesi africani e tre criminalizzano gli individui LGBTQ+.

Questo è il caso di Tunisia, Guinea e Nigeria: tutti criminalizzano l'attività sessuale tra persone dello stesso sesso, sia tra uomini che tra donne. Inoltre, le prove dimostrano che in Guinea gli individui LGBTQ+ subiscono molestie e persecuzioni da parte delle forze dell'ordine e in Nigeria la legge è stata applicata negli ultimi anni: le sentenze includono una pena massima di morte per lapidazione. Tuttavia, il 25 marzo 2023, la Nigeria è stata inclusa nella lista dei cosiddetti “paesi di origine sicuri”, e così anche il Gambia, nonostante l'omosessualità sia chiaramente criminalizzata e non siano state previste eccezioni per le categorie a rischio, come gli individui LGBTQ+.

Di conseguenza, oggi, Ella Anthony e la sua partner Doris Ezuruike Chinonso, due donne nigeriane che hanno ottenuto asilo in Italia nel 2015 per motivi LGBTQ+, non sarebbero accolte sulla base del loro ben fondato timore di persecuzione anti-LGBTQ+ nel loro paese. “Certamente, la vita qui in Italia non è al 100% come vorremmo. Ma diciamo che è l'80% meglio che nel mio paese”, ha detto Chinonso, aggiungendo che in Nigeria “se sei fortunato finisci in prigione. Se non sei fortunato, ti uccidono”.

Nonostante l'atteggiamento ostile dell'attuale governo nei confronti della comunità LGBTQ+, sia a livello nazionale che internazionale, la società civile ha messo in atto buone pratiche per rispondere ai bisogni dei rifugiati LGBTQ+. Ad esempio, l'associazione non-profit LGBTQ+ Arcigay ha iniziato a lavorare con i richiedenti asilo LGBTQ+ nel 2008, quando ha lanciato il progetto “Immigrazione e Omosessualità”. Come spiegato sul sito web di Arcigay, “da allora, molti comitati locali di Arcigay, indipendentemente o in collaborazione con altri attori, hanno aperto sportelli di accoglienza, orientamento e supporto per richiedenti asilo LGBTI”. Nel 2017, Arcigay ha lanciato il programma Migranet che mira a mettere in rete il sistema dei sportelli per richiedenti asilo di Arcigay.

“In effetti, anche all'interno dell'Italia”, come osservato dall'attivista di Arcigay Antonella Ugirashebuja, “le opzioni variano ampiamente da regione a regione, con il nord meglio finanziato che offre più servizi rispetto al sud meno sviluppato”. Infatti, dei sette rifugi LGBTQ+ situati in Italia, il più meridionale si trova a Napoli, e persino nella capitale, Roma, ci sono solo due rifugi specificamente destinati ai migranti LGBTQ+, CASA+ e Casa Refuge LGBT, il primo rifugio e struttura di protezione in Italia per giovani che hanno subito discriminazioni o violenze a causa della loro identità sessuale.

Conclusioni

Concludendo, è necessario ribadire una verità che rappresenta la chiave per comprendere perché non sarà trovata una soluzione rapida e definitiva alla questione di come affrontare correttamente i richiedenti asilo LGBTQ+. Sebbene l'omosessualità sia stata declassificata come malattia mentale dall'American Psychiatric Association nel 1973 e quindi sia stata depenalizzata da molti paesi nel mondo, il percorso verso una effettiva sovrapposizione tra accettazione de jure e de facto della comunità LGBTQ+ è lungo, pieno di ostacoli e lontano dall'essere raggiunto.

Mentre analizziamo e osserviamo le condizioni che costringono i richiedenti asilo LGBTQ+ africani a fuggire dai loro paesi d'origine per cercare un rifugio sicuro in cui vivere liberamente le loro vite, dobbiamo tenere a mente che anche nei paesi europei nessun diritto può essere dato per scontato. In questo caso specifico, significa che non possiamo smettere di monitorare lo stato di salute dell'apparato legale riguardante le nostre comunità nazionali LGBTQ+, poiché questo influisce direttamente su come vengono trattati i richiedenti asilo LGBTQ+.

Infatti, l'atteggiamento ostile tenuto da un governo nazionale come quello di Giorgia Meloni, che ha portato a difficoltà personali e sociali nella comunità LGBTQ+ italiana che influiscono profondamente sulla vita di molte persone, causerà difficoltà ancora maggiori ai richiedenti asilo LGBTQ+, che potrebbero, se rimandati nei loro paesi d'origine, addirittura incontrare la morte.

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L'Autore

Aurelia Maria Puliafito

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Italy LGBTQ+ Asylum seekers