La Convenzione sulla Biodiversità (CBD) è il trattato che attesta la volontà degli Stati di preservare la grande varietà delle forme di vita sulla Terra. Ogni due anni si tiene una Conferenza delle Parti (COP), in cui i membri firmatari della CBD si riuniscono per discutere degli obiettivi raggiunti e per siglare accordi riguardanti le manovre da implementare per compiere ulteriori progressi.
Generalmente, l’evento ha luogo nel Paese che detiene la presidenza dell’edizione in questione, ma, a causa di problematiche dovute all’epidemia COVID-19, la Cina non ha potuto ospitare la più recente edizione del summit internazionale, la COP 15, prevista a ottobre 2020 nella città di Kunming. In via del tutto eccezionale, la conferenza si è svolta per metà online, dall’11 al 15 ottobre 2021, e per metà in presenza, a Montréal, Canada, dal 7 al 19 dicembre 2022.
Nel primo articolo sull’argomento abbiamo esplorato la storia della CBD, le sue caratteristiche e il motivo della sua rilevanza nell’ambito della trattatistica ambientale. In questo articolo, invece, vedremo come si è svolta la COP 15, quali sono stati i suoi esiti e quali reazioni hanno suscitato a livello internazionale.
La COP 15
Il primo round di negoziazioni per la protezione della biodiversità di quest’ultima edizione si è concluso con l’adozione di manovre economiche in supporto ai Paesi partner in via di sviluppo e con la firma della Dichiarazione di Kunming.
Le principali novità sul fronte finanziario dopo la prima metà della COP 15 sono state l’istituzione del Kunming Biodiversity Found - di 230 milioni di dollari - l’aumento del Japan Biodiversity Found - già istituito nel 2010, adesso di 17 milioni di dollari - e l’annuncio dell’Unione Europea di raddoppiare i finanziamenti per la biodiversità agli Stati extra-UE.
Sul fronte politico, invece, la Dichiarazione di Kunming ha dimostrato la volontà dei governi di impegnarsi, durante la seconda parte della conferenza, a creare un quadro globale efficace per la biodiversità post-2020. Lo scopo del quadro è di delineare delle direttive per la conservazione, la difesa, il ripristino e la gestione sostenibile della biodiversità e degli ecosistemi nel prossimo decennio, in modo da avvicinarsi sempre di più all’obiettivo di "vivere in armonia con la natura" entro il 2050.
Il forte carattere ottimistico della dichiarazione di Kunming è stato però danneggiato dalla natura non vincolante del documento. Questo ha alimentato le preoccupazioni riguardo un possibile fallimento della COP 15.
La situazione era infatti tesa all’inizio della seconda parte della conferenza: su alcuni punti del programma il consenso dei delegati dei Paesi membri era scarso, su altri del tutto assente, e sono state numerose le polemiche circa l’abilità dei negoziatori di raggiungere degli accordi. Alcuni dei punti critici riguardavano di quanto aumentare le aree protette del pianeta, come garantire alle nazioni in via di sviluppo i finanziamenti necessari per ripristinare le aree degradate, e se imporre una scadenza per la graduale eliminazione dei pesticidi.
Un accordo storico
Malgrado le difficoltà, alla fine della conferenza, è stato approvato il quadro globale sulla diversità Kunming – Montreal, anche detto Global Biodiversity Framework (GBF).
Il documento indica 4 macro obiettivi e 23 target specifici da raggiungere entro il 2030. L’iniziativa principale dell’accordo riguarda l’impegno a denominare area protetta il 30% della superficie terrestre e marina e di garantire il ripristino del 30% degli ecosistemi degradati entro il 2030. Al suo fianco molti altri obiettivi, tra cui ridurre il rischio dovuto ai pesticidi e a tutte le sostanze chimiche dannose per la biodiversità e versare 20 miliardi di dollari all’anno entro il 2025 e 30 miliardi all’anno entro il 2030 per sostenere i Paesi partner in via di sviluppo con un fondo all’interno della Global Environment Facility (GEF), l’organizzazione che gestisce i finanziamenti per la protezione ambientale a livello globale.
In molti hanno definito l’accordo un risultato storico, prima fra tutti Ursula Von der Leyen, presidente dell’UE, che attraverso un tweet del 19 dicembre ha manifestato il suo supporto per le misure adottate.
Un accordo controverso
Sono però arrivate anche numerose proteste da più fronti.
Alla luce del fatto che attualmente ben il 40% della superficie terrestre è considerata degradata e che fino ad ora le aree protette comprendevano solo il 17% delle terre e il 10% delle acque del pianeta, il GBF stabilisce traguardi ambiziosi, che però, secondo alcuni, non sono ancora sufficienti. Numerosi scienziati e attivisti sostengono infatti che dichiarare il 30% della superficie terrestre area protetta non è abbastanza e che per fare fronte alle disastrose condizioni ambientali in cui versa il pianeta bisognerebbe raggiungere almeno il 50%.
An Lambrechts, responsabile delle delegazione di Greenpeace alla COP 15, definisce l’accordo vuoto, e afferma che la COP 15 "ha fallito nel fornire l'ambizione, gli strumenti o i finanziamenti necessari per fermare l'estinzione di massa".
Le polemiche però non riguardano solo l’efficacia del GBF, ma anche la sua legittimità. L’accordo è stato definito "una frode" dal delegato del Camerun, mentre il rappresentante dell’Uganda ha parlato di un "colpo di stato" alla COP 15.
Le principali opposizioni arrivano dai Paesi africani, e riguardano la distribuzione dei fondi. In particolare viene criticata la decisione di erogare 30 miliardi quando ne erano stati chiesti 100, e la scelta di non creare un fondo ad hoc per la biodiversità ma di versare i contributi diretti ai Paesi in via di sviluppo al GEF. È probabile che molti Paesi abbiano paura di non ricevere la somma di cui hanno bisogno e che la manovra favorisca invece la Cina, il Brasile, l’Indonesia o il Messico, generalmente i principali beneficiari delle risorse dell’organizzazione.
Huang Runqiu, ministro dell’ambiente cinese e presidente della conferenza, ha dichiarato che la seconda fase della COP 15 è stata un grande successo. Le opinioni opposte non mancano, ma neanche quelle in suo supporto. Infatti, nessun trattato prima d’ora aveva posto obiettivi così ambiziosi. Questo testimonia che gli Stati stanno rivolgendo attenzione al tema della biodiversità come mai prima d’ora.
L’accordo quadro globale sulla diversità Kunming-Montréal si merita, quindi, il titolo di accordo storico? Soltanto il tempo e le azioni dei governi potranno dircelo.
Fonti consultate per il presente articolo:
https://unsplash.com/it/foto/_VQJAf7hXqQ
https://www.cbd.int/doc/c/e6d3/cd1d/daf663719a03902a9b116c34/cop-15-l-25-en.pdf
https://www.linkiesta.it/2022/12/cop-15-biodiversita-aree-protette-accordo-indigeni-foreste-animali/
https://www.keeptheplanet.org/aree-marine-protette-internazionali/
https://www.italiaclima.org/laccordo-kunming-montreal-di-cop15-i-paesi-africani-contro-pechino/
http://www.dirittoambientale.eu/2023/01/16/la-cop15-e-laccordo-di-kunming-montreal/
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L'Autore
Alessia Pagano
Tag
COP 15 Kunming Montreal biodiversità Cina ecosistemi 2030 obiettivi