A cura del Dott. Pierpaolo Piras, studioso di Geopolitica e componente del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS
Lo sfondo degli ultimi incontri dei leader mondiali alle Nazioni Unite non potrebbe essere più fosco per via delle guerre, la crescente ansia per il vituperio della democrazia e le profonde divisioni geopolitiche che sconvolgono la scena globale. Sul podio dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, i dignitari faranno ancora una volta appello alle virtù insite della cooperazione da parte di ognuno. Inoltre, sono le uniche che possano salvare il mondo dai numerosi e sanguinosi conflitti attuali.
Il ruolo dei vincitori
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dominato dai vincitori della Seconda guerra mondiale, ognuno dotato di un incontestabile diritto di veto, viene sempre più spesso e a lungo deriso come un anacronismo. A confermarlo sono sufficienti le guerre in corso in Ucraina e su Gaza che sottolineano l'inefficacia totale di quello che è l'organismo decisionale più importante al mondo.
Una dura azione collettiva per frenare la brutale invasione della Russia del suo vicino si è rivelata impraticabile verso il Cremlino nel Consiglio di Sicurezza (CDS), mentre gli Stati Uniti hanno protetto Israele dalla pressione internazionale fin dall’inizio, ostacolando gli sforzi per forzare un cessate il fuoco tra Israele ed il gruppo radicale di Hamas mentre il numero delle vittime aumenta costantemente.
La tensione crescente
In effetti, i conflitti in Medio Oriente hanno messo a dura prova l'intero sistema delle Nazioni Unite. Casi giudiziari contro Israele e funzionari israeliani sono in corso presso la Corte internazionale di Giustizia, la Corte Suprema delle Nazioni Unite, e la Corte Penale Internazionale (CPI) sostenuta anche finanziariamente dalle Nazioni Unite. Le indagini si sono rivelate costantemente divisive, salutate da alcuni governi come un'applicazione necessaria del diritto internazionale, anche se i funzionari statunitensi e israeliani le hanno presentate più o meno come spettacoli pregni di pregiudizi.
La principale agenzia delle Nazioni Unite per i palestinesi, nota con l'abbreviazione “UNRWA”, è nel mirino di Israele, gravata da accuse riguardanti una piccola frazione del suo personale di Gaza legata all'attività di Hamas. Le accese controversie hanno portato finora a sostanziali tagli dei finanziamenti quando l'UNRWA è il più importante fornitore di aiuti umanitari ed altri supporti materiali ai palestinesi.
Oltre ai conflitti che fanno notizia, la comunità internazionale incarnata nelle Nazioni Unite non è riuscita a fermare la disastrosa guerra civile in Sudan, che sembra destinata a causare una delle peggiori carestie degli ultimi anni, o la costante disintegrazione dello stato del Myanmar sotto la sua giunta golpista.
In totale, il gruppo internazionale di difesa umanitaria “Oxfam” ha individuato circa due dozzine di conflitti ancora in corso nel mondo, in parte grazie all'impasse delle Nazioni Unite. Ancora, l’ONU non è riuscita a risolvere adeguatamente le crescenti crisi secondarie al debito finanziario post-pandemico da COVID, che affliggono tuttora i paesi in via di sviluppo. Tuttavia, ha presieduto lo spostamento assistito di un numero record di persone in comunità dilaniate dai conflitti e/o distrutte dai cambiamenti climatici.
I risultati
La verità tecnica per ormai tanti protagonisti della politica internazionale è che il CdS dell’ONU ha sistematicamente fallito nella capacità (che dovrebbe avere ed esercitare per statuto) di porre fine ai conflitti più drammatici che l’umanità è stata costretta a patire attualmente: Sudan, Gaza, Ucraina. Alla quale si può aggiungere che lo stesso CdS, appesantito dalle rinnovate rivalità tra grandi potenze, è giunto a rappresentare troppo spesso un inutile fardello per il lavoro pacificatore delle varie agenzie delle Nazioni Unite intensamente impegnate sul campo dei conflitti.
Non a caso, recentemente, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha contribuito ad aprire il “Summit of the Future”, una sessione di due giorni parallela ad altri incontri delle Nazioni Unite. In tale occasione, consegnerà un "patto" concordato per ottenere il pieno consenso dagli stati membri, che delinea nuovi concetti di governance più adeguate ad affrontare le problematiche mondiali del XXI secolo, mirando ad affrontare i rischi posti dall'intelligenza artificiale, le difficoltà nel finanziamento degli obiettivi globali di sviluppo sostenibile stabiliti nei decenni precedenti e la necessità di riformare radicalmente il Consiglio di Sicurezza stesso.
Le sfide
Appare evidente anche ai non esperti di geopolitica che le sfide del XXI secolo richiedono meccanismi di risoluzione dei problemi più efficaci, interconnessi e inclusivi; che i gravi squilibri di potere nelle istituzioni globali devono essere aggiustati e aggiornati; e che le nostre istituzioni devono attingere alle competenze e alla rappresentanza di tutta l'umanità. Ma le dispute, talvolta pretestuose, diplomatiche riguardanti il linguaggio utilizzato nel patto hanno messo in luce le difficoltà intrinseche del progetto, senza che emergesse alcun percorso significativo per la realizzazione di un'effettiva riforma del Consiglio di Sicurezza, e con la Russia che ostacolava sistematicamente ogni tentativo di rimettere il disarmo nucleare all’ordine del giorno nell'agenda internazionale.
Gli analisti hanno comunque intravisto risvolti positivi. Nonostante le frustrazioni sull'efficacia dell'ONU, l'attenzione e l'energia che gli stati membri hanno dedicato a questo esercizio rivelano il valore che continuano a dare all'organismo, così come la loro volontà di investire nel suo futuro, Essi continuano a credere che l'ONU debba rimanere comunque viva, anche se malata, e che sia importante ripristinare la sua salute e vitalità.
Una morale comune
La competizione tra grandi potenze sta definendo sempre di più l'ethos del Consiglio di Sicurezza, lo stesso nel quale Stati Uniti, Russia e Cina apparentemente si alternano nel ruolo di guastafeste.
Molti funzionari e diplomatici delle Nazioni Unite si aspettano che il Consiglio torni ad essere qualcosa di più vicino alla natura che possedeva negli anni passati della Guerra Fredda, ovvero la detenzione di uno spazio per l’esercizio di una cooperazione sì sporadica ma utile da far intercorrere tra le grandi potenze.
A questo punto, i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza - e soprattutto gli Stati Uniti, la Cina e la Russia - hanno una scelta. Possono utilizzare il Consiglio di sicurezza solamente come un palcoscenico per il proprio teatro politico, oppure conservarlo come una sorta di valvola efficace ai fini della sicurezza da poter utilizzare, anche se a intermittenza, nei momenti di forti tensioni.
Gli USA
Il presidente Joe Biden, nella sua ultima apparizione come Capo di stato all'Assemblea generale, al termine oramai del suo mandato evocherà il linguaggio più opportuno del momento. Parlerà quasi certamente dell'importanza centrale del rafforzamento delle istituzioni multilaterali, del rispetto delle norme e delle regole internazionali e del rafforzamento delle partnership con gli alleati. Ma dovrà affrontare anche un crescente scetticismo da parte dei funzionari e opinion leaders che vedono, soprattutto nella condotta degli Stati Uniti durante la campagna di Israele a Gaza, un paese che non sempre cammina coerentemente con le proprie dichiarazioni e propositi.
Ci sarà un cambiamento nel mondo ?
Politici e sostenitori chiedono a gran voce un cambiamento. La scorsa settimana, il presidente finlandese Alexander Stubb ha chiesto la fine dei singoli poteri di veto, nel quale è sufficiente che uno solo dei componenti permanenti possa con una sua negazione rendere vana ogni richiesta o proposta dei rimanenti.
Prima del “Summit of the Future”, David Miliband, presidente e CEO dell'importante “International Rescue Committee”, ha lanciato l'idea che i poteri di veto nel Consiglio di sicurezza possano essere sospesi qualora l'organismo si trovasse a fare i conti con eventi di atrocità di massa. Tuttavia, in un odierno rapporto ONU, viene sostenuto che l'attenzione sulla competizione tra grandi potenze rappresentava un aspetto del tutto secondario rispetto ai problemi più gravi e profondi che affliggono gran parte dell'umanità.
In esso si afferma che mentre alcuni hanno attribuito alle frequenti situazioni di stallo come dovute esclusivamente alle crescenti tensioni geopolitiche tra paesi potenti del mondo, tale attenzione è piuttosto incompleta, in quanto hanno esercitato un ruolo causale i prevalenti interessi di una fiorente "oligarchia globale", i quali hanno ostacolato la cooperazione internazionale sui cambiamenti climatici, la risposta più adeguata alla pandemia e la punizione dei paradisi fiscali offshore.
Non in ultimo, una delle ragioni principali dei fallimenti della cooperazione internazionale è la disuguaglianza economica, spesso estrema. Una nota positiva proviene dall'interno del Cremlino, dove cresce la consapevolezza che l'uso ripetuto della minaccia nucleare sta iniziando a perdere sensibilmente la sua potenza e le linee rosse di Mosca vengono costantemente superate.
Analisti e funzionari vicini ai diplomatici russi di alto rango hanno affermato che Putin sta cercando una risposta più sfumata e limitata all'Occidente che consente all'Ucraina di usare missili a lungo raggio per colpire la Russia.
NVSQVAM TVTA FIDES
La fedeltà non è sicura in nessun luogo
Publio Virgilio Marrone