In vista del summit NATO previsto per il 24 e 25 giugno all’Aia, nei Paesi Bassi, i membri dell’Alleanza Atlantica si preparano ad annunciare un aumento storico della spesa militare. L’obiettivo discusso nelle settimane precedenti, e sostenuto con crescente insistenza dagli Stati Uniti, è quello di arrivare al 5% del PIL da destinare a difesa e sicurezza. Un netto cambio di passo rispetto al parametro fissato nel 2014, quando i Paesi NATO avevano promesso di destinare almeno il 2% del PIL alla spesa militare entro il 2024, in risposta all’annessione della Crimea da parte della Russia.
A meno di un mese dal vertice, il segretario generale della NATO Mark Rutte, ex premier olandese alla guida dell’Alleanza dallo scorso ottobre, sta lavorando per rafforzare il consenso attorno alla nuova soglia. Il piano prevede che il 3,5% del PIL venga speso in ambito strettamente militare, mentre il restante 1,5% dovrebbe includere investimenti in settori adiacenti ma fondamentali per la sicurezza, come la cybersicurezza, la protezione delle infrastrutture critiche e le filiere dell’industria della difesa. Il nuovo obiettivo, che sarà sottoposto all’approvazione durante il summit, risponde alla pressione della nuova amministrazione statunitense, e in particolare del presidente Donald Trump.
Fin dalla sua rielezione, Trump ha ripreso a criticare con durezza gli alleati europei, accusandoli di approfittare della protezione americana senza contribuire equamente. Secondo quanto riportato dal Washington Post, il presidente americano avrebbe ventilato l’ipotesi di un “disimpegno selettivo” degli Stati Uniti dalla NATO, se gli altri Paesi membri non aumenteranno i loro contributi. Trump ha anche rinnovato l’idea di rendere “condizionata” la difesa automatica prevista dall’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico, un principio mai messo in discussione prima, che costituisce la base stessa dell’Alleanza.
Le reazioni in Europa sono state miste, con governi come quelli di Polonia e Paesi Baltici, detti favorevoli a un aumento della spesa, vedendolo come un necessario rafforzamento contro una Russia sempre più aggressiva. Altri, come Spagna e Italia, mostrano invece preoccupazione per l’impatto che una simile misura potrebbe avere sulle finanze pubbliche. In Germania, il cancelliere Friedrich Merz ha espresso un cauto sostegno al piano, sottolineando però come “una simile ambizione richieda anche una profonda riforma del sistema di approvvigionamento militare europeo”. Merz ha inoltre lanciato un monito diretto ad alcuni legislatori americani, accusandoli di sottovalutare la portata del riarmo russo, ribadendo la necessità di un approccio unito considerando le alleanze russe con attori come Iran e Corea del Nord.
I dati più recenti mostrano che attualmente 23 dei 32 Paesi membri della NATO hanno raggiunto o superato la soglia del 2%.Ma passare al 5% significa più che raddoppiare, in media, la spesa militare di molti governi. Non si tratta solo di trovare nuove risorse: uno studio pubblicato dal Financial Times denuncia come l’Europa, pur avendo speso oltre 3.150 miliardi di dollari in difesa nell’ultimo decennio, continui a mostrare gravi inefficienze nella gestione dei fondi e nell’integrazione operativa. Carenze che si sono rese evidenti anche nel supporto all’Ucraina, dove a causa di una mancata standardizzazione l’Alleanza fatica a garantire un flusso costante di munizioni, equipaggiamenti e sistemi difensivi avanzati.
Il vertice dell’Aia si inserisce in un contesto segnato dalla guerra in Ucraina ai nuovi equilibri tra Stati Uniti, Cina e Medio Oriente. Altro tema delicato è il rapporto con Kiev e la partecipazione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che resta incerta. L’ipotesi di una sua presenza ufficiale è vista con freddezza da parte di alcuni partner, soprattutto perché potrebbe inasprire ulteriormente le relazioni con Trump. Quest’ultimo, già durante la campagna elettorale, aveva definito il conflitto tra Russia e Ucraina “una disputa locale” e aveva paragonato i due Paesi a “bambini che litigano in un parco giochi”.
Intanto, nei corridoi di Bruxelles e nelle capitali europee, si moltiplicano i colloqui riservati per cercare un equilibrio tra l’urgenza di rispondere alle minacce e la necessità di evitare una militarizzazione eccessiva delle politiche economiche.
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L'Autore
Riccardo Carboni
Classe 1999, laureato in Scienze internazionali e Diplomatiche presso l’Università di Bologna e da sempre appassionato di affari internazionali. Studente all’ultimo anno di Master in International Relations presso la LUISS, ha approfondito tematiche riguardanti la sicurezza internazionale seguendo forum e partecipando a programmi di pianificazione militari secondo la dottrina NATO. Autore all’interno di Mondo Internazionale per l’area tematica “Organizzazioni Internazionali”.
Born in 1999, he holds a bachelor’s degree in International and Diplomatic Sciences from the University of Bologna and have always been passionate about international affairs. Currently a final-year student in the Master's degree program in International Relations at LUISS, he has delved into issues related to international security by following forums and participating in military planning programs based on NATO doctrine. Author and contributor to Mondo Internazionale for the "International Organisations” section.
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