Il diritto alla salute mentale

Un diritto fondamentale che lotta contro lo stigma

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  Alessia Cominotti
  13 novembre 2022
  3 minuti, 58 secondi

La Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) descrive la salute mentale come uno “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità". Il diritto alla salute è tra i diritti fondamentali nella vita delle persone, a prescindere da età, genere o contesto socio-economico. Tutti nel corso della propria vita hanno necessità di un ambiente salubre che possa incentivare la crescita personale. Se tale supporto viene a mancare, chiunque può diventare un possibile fruitore di servizi finalizzati alla cura della salute mentale.

Il diritto alla salute mentale, seppur di estrema importanza nella vita di ogni essere umano, ha attraversato una storia lunga e travagliata fatta di profonde violazioni e maltrattamenti. Fino a pochi decenni fa, infatti la salute mentale era ritenuta una problematica riguardante una stretta cerchia di persone poco rilevanti per la società civile. I pazienti non erano considerati come individui da aiutare, bensì come “problemi” da neutralizzare: da ciò seguivano trattamenti disumani come lobotomie ed elettroshock. Solo dagli anni ‘50 l’approccio ha assunto una nuova sfumatura grazie alla scoperta degli psicofarmaci con cui è divenuto possibile attenuare i sintomi più gravi e rendere gestibili i momenti di crisi. 

In Italia il diritto alla salute sancito dalla Costituzione del 1948 veniva inquadrato come diritto sociale. In questo senso l’approccio era di carattere positivo in quanto non si riferiva a un mero benessere fisico ma ad un "bene essere", da intendere come uno stato di integrità psico-fisica dell’individuo. Inizialmente, tale definizione è stata oggetto di numerose critiche da parte di diverse dottrine che contestavano l’introduzione del diritto alla salute nella “lista” dei diritti fondamentali, al pari del diritto alla libertà e di proprietà. Queste dottrine hanno finito con l’esaurirsi autonomamente e ad oggi, il diritto alla salute mentale poggia sull’incontrastato diritto all’uguaglianza. Quest'ultimo non è da intendersi come un trattamento paritario verso tutti i soggetti ma come un trattamento differenziato secondo le specifiche necessità degli individui. Il diritto alla salute mentale infatti mira all’eliminazione delle barriere che creano al cittadino problematiche relazionali ed operative. La disposizione che sancisce la tutela della salute come “diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività”, obbliga dunque lo Stato a proteggere questa sfera fondamentale per l’uomo e per la società. 

La Costituzione italiana appare la sola, fra quelle contemporanee, ad accennare alla salvaguardia della salute, preceduta solo dalla Costituzione di Weimar del 1919. Parlare della tutela della salute come di un diritto statico significherebbe svilire le innumerevoli sfaccettature evidenziate da una società in continuo mutamento. Il concetto di salute va perciò inteso, non solo come cura della malattia, ma come spinta al raggiungimento della migliore condizione di salute possibile. In questo senso esso abbraccerà una serie di situazioni (affettive, relazionali e sociali) che assumono rilevanza nel contesto di una vita di qualità.

Ad aver avuto un impatto sulla salute mentale e sul benessere delle persone in tutto il mondo è stata la pandemia di COVID-19. L’OMS ha evidenziato un aumento del 25% della prevalenza di ansia e depressione in tutto il mondo. L'aumento di problemi di salute mondiale ha coinciso peraltro con gravi interruzioni dei servizi di cura. L’impegno per la salute mentale deve essere anche accompagnato da un aumento globale degli investimenti. Tuttavia, il più recente Atlante della salute mentale dell’OMS ha riportato che nel 2020 i governi di tutto il mondo hanno speso in media il 2% dei loro budget sanitari per la salute mentale. Inoltre, molti Paesi hanno riferito di avere meno di 1 operatore di salute mentale ogni 100.000 persone. Ci troviamo quindi di fronte ad un paradosso: proprio quando i disturbi aumentano, i servizi e le cure a essi destinati diminuiscono.

In quest’ottica una domanda sorge spontanea: salute mentale e salute fisica sono trattate allo stesso modo? Ad indagare sul tema è stata Ipsos, un' indagine internazionale svolta in occasione della Giornata Mondiale della salute mentale, chiedendo ai cittadini la loro opinione in merito alla considerazione che hanno di questi due concetti. Nonostante la maggior parte degli intervistati sostenga di preoccuparsi del proprio benessere mentale, circa 2 individui su 3 ritengono che che il sistema sanitario del proprio Paese non gli dia la giusta rilevanza. Il 42% degli intervistati, infatti, sostiene che salute fisica e mentale siano trattate differentemente e che la priorità venga data alla salute fisica. Considerando che i disturbi mentali sono una realtà presente e rilevante nella nostra società, occorre abbattere lo stigma che da troppo tempo affligge la sfera mentale.

Le fonti impiegate per la stesura della presente pubblicazione sono liberamente consultabili.

https://lospiegone.com/2020/06... 

http://www.ildirittoamministrativo.it/archivio/allegati/EVOLUZIONE%20DIRITTO%20ALLA%20SALUTE,%20%20a%20cura%20di%20GLORIA%20MANCINI%20PALAMONI.pdf

https://unric.org/it/oms-covid... 

https://www.janssenconte.it/it-it/abcdepressione/news/salute-mentale-e-salute-fisica-sono-trattate-allo-stesso-modo

https://pixabay.com/it/photos/...

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