Il Partito di un suolo uomo

Attraverso il Congresso del PCC, Xi Jinping vuole controllare la Cina

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  Redazione
  19 ottobre 2022
  5 minuti, 28 secondi

A cura del Dott. Pierpaolo Piras, membro del Comitato per lo Sviluppo di Mondo Internazionale APS

Alcuni giorni or sono è iniziato il ventesimo Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese (PCC), massimo organismo politico e militare della Repubblica Popolare Cinese.

E’ un appuntamento particolarmente temuto dai leader cinesi per le inflessioni che storicamente ne sono derivate a livello nazionale: valga ad esempio l’ottavo congresso (1956) che sancì la rimozione in tronco del “Pensiero” promulgato come una Bibbia dal leader rivoluzionario, Mao Zedong. Oppure l’analogo avvenimento del 1992 che coniò il termine contraddittorio di “economia socialista di mercato” di Deng Xiaoping per significare un radicale cambiamento della politica economica nazionale suscitata come reazione in seguito alla brutale repressione poliziesca del PCC sulla popolazione civile in Piazza Tienanmen e della disgregazione dell’Unione Sovietica avvenuta nel 1994. In pratica si affermò un’apertura ragguardevole verso quasi tutte le forme d’imprenditoria privata, specie nelle vaste aree a maggiore vocazione commerciale e industriale della Cina Popolare.

Da allora fino ad oggi la transizione da un leader all’altro è stata lineare e straordinariamente pacifica per un regime autocratico come quello cinese.

Le premesse del Congresso in corso non fanno presagire nulla di innovativo o di rivoluzionario. Esso sta già dando o tentando di mostrare un’immagine di spontanea unità, non facendo trapelare alcunché sulle problematiche economiche e le aree di dissenso tra i cittadini, specie tra i più giovani.

Nella sua lunga relazione iniziale, Xi Jinping ha evitato di citare i deludenti report economici relativi alla produzione industriale, la riduzione delle vendite al dettaglio, l’aumento della disoccupazione e il preoccupante calo della crescita economica industriale. Verrà annunciato il solito rimescolamento dell’alta dirigenza dello Stato esaltando - com’è tipico nei regimi autocratici – l’unità della nazione e la disciplina del popolo.

Parimenti Xi ha accuratamente evitato di citare le aree di dissenso che pur ci sono e l’azione poliziesca e repressiva - sinora praticata senza successo - dello spirito autonomistico e culturale del popolo mussulmano interno degli Uiguri

Il Congresso pubblicherà rapporti amministrativi vari e proietterà un'immagine dell'unità e della disciplina spartana dello Stato.

Al di là dello sforzo organizzativo e di parata del congresso, sarà più un incontro più che altro a carattere formale condito di qualche sfogo a carattere elegiaco. Tuttavia segnerà un momento inquietante per il partito.

Xi Jinping è alla vigilia del suo terzo mandato come segretario generale, un fatto senza precedenti nell’intera storia della Cina, con il pericolo che si costituisca un regime personalizzato capace di portare fatalmente la nazione verso le nefaste patologie politiche del passato maoismo. Per le medesime ragioni, determinerà una crescita economica stentata nel corso dell’attuale fase politica mondiale resa critica da accresciute tensioni internazionali e da grave quanto costante incertezza economica e finanziaria.

D’altra parte è improbabile che qualcosa d’importante nella politica interna ed internazionale cinese possa sensibilmente cambiare nell’odierno e inossidabile potere di Xi: dopo un decennio al potere, gli impulsi, le ipotesi e il giudizio di Xi sono già chiari.

La vision economica

Le attuali relazioni bilaterali con gli Stati Uniti, la visione di Pechino sulle relazioni complesse e contraddittorie vigenti tra lo stato comunista monopartitico ed il proprio mercato aperto e liberista, il comportamento apertamente ostile nei confronti di Taiwan, il suo allineamento strategico – anche se parziale - con Mosca, il suo approccio al mondo e alle regole dell’economia ovvero ad un virtuoso modello di crescita economica.

Un sistema che nell’ultimo decennio ha generato una grande quantità (non lineare) di ricchezza, ma al duro costo di una disuguaglianza crescente tra la popolazione. Un’economia gravata da un aumento sensibile del debito pubblico e appesantita finanziariamente da una quantità crescente di investimenti, sprecati in buona parte nelle ambizioni legate sia alla acquisizione di nuove basi economiche nel resto del mondo che nell’intento di realizzare la cosiddetta “via della seta”(Belt and Road iniziative). Ebbene, è verosimile che niente di tutto ciò muterà in maniera radicale dopo il congresso.

L'incontro del ventesimo Congresso non è stato organizzato per esibirsi alla stregua di una soddisfacente vetrina auto esaltativa, ma bensì inteso ad un nuovo approccio alla governance nazionale e alla politica proficua. Esso è piuttosto tanto una celebrazione politica destinata ad indurre serenità nell’animo dell’intera popolazione cinese quanto intesa a convincere l’opinione pubblica internazionale che il partito comunista cinese rimane saldo e unificato sotto l’autorità di Xi mentre persegue l'obiettivo, questa volta ideologico, di trasformare la Cina in una grande potenza socialista globale.

Sarà un obiettivo difficile da raggiungere: mirare ad un ambito destino ed arrivarci pienamente sono due temi oggettivamente separati: non c’è dubbio che la presa di Xi sulle istituzioni politiche, economiche, militari e di sicurezza della Cina è decisamente reale e concreto e i suoi piani dichiarati per il futuro della Cina sono molti e dettagliati.

Eppure la sua crescente difficoltà di guidare ecosistemi complessi e le forze che li determinano e li modellano è, come tutti i governanti alla fine imparano, fissa e limitata.

Inoltre, il complesso assertivo ma miope e spesso incoerente delle politiche che Xi ha promosso negli ultimi cinque anni, non ultima quella conservatrice della ecologia, volte a raggiungere le sue ambizioni globali e affrontare le innumerevoli sfide del paese, hanno posto la Cina su un percorso preoccupante di crescita economica piuttosto anemica ed un declino del prestigio nazionale sul piano globale.

A tanti risultati negativi fa eco la crescente politica di intolleranza e repressione verso le diversità d’opinione e diseguaglianze all’interno del paese. Il congresso non cambierà queste realtà.

Gli analisti esterni, i quali si aspettano che il congresso possa segnare una sorta di punto di inflessione, sono quindi corretti ma in gran parte per le ragioni sbagliate. Ciò che si poteva sperare in passato ovvero l’arrivo di un nuovo e illuminato gruppo dirigente e con esso la prospettiva di un serio e prospero cambiamento è del tutto improbabile che possa avvenire.

il ventesimo Congresso del Partito vede il regime PCC – che da tempo gode di una reputazione di competenza, pragmatismo e prevedibilità – attraversare una vera e cruciale soglia di gestione politica verso una dittatura autoritaria con annesso culto della personalità (Xi Jinping) e, con essa, un probabile futuro di cronica quanto immobile cristallizzazione e incertezza politica.

Sarà il governo di un solo uomo con gli effetti rovinosi che questo comporta.

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Asia Orientale

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