Iraq. Ucciso il responsabile delle operazioni estere dell’ISIS

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  Chiara Bertolotto
  03 aprile 2025
  6 minuti, 16 secondi

Iraq. Ucciso il responsabile delle operazioni estere dell’ISIS

Nella notte del 15 marzo 2025, nella provincia di al-Anbar, Iraq occidentale, l'eco di un’esplosione ha squarciato il silenzio della notte. Un attacco aereo di precisione, condotto dalle forze della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti, ha posto fine alla vita di Abdallah Makki Muslih al-Roufayi, noto anche come Abu Khadija, figura di spicco dell’ISIS e mente delle "operazioni estere" del gruppo. L'annuncio, dato dal primo ministro iracheno Mohamed Shia al-Soudani, ha scosso il mondo, ma cosa significa realmente questa operazione per l'Iraq e per la lotta globale al terrorismo?

Abu Khadija non era un semplice combattente. La sua figura incarnava la nuova generazione di jihadisti, capaci di coniugare la militanza sul campo con la pianificazione strategica di attacchi su scala globale. La sua posizione di "Vice del Califfo" all'interno dell'ISIS lo rendeva un elemento chiave nella struttura di comando dell'organizzazione, responsabile della pianificazione di attentati che avrebbero dovuto colpire obiettivi in tutto il mondo. La sua eliminazione rappresenta un successo significativo, ma solleva interrogativi cruciali: quanto è resiliente l'ISIS? E come si adatterà alle mutate condizioni geopolitiche?

Per comprendere appieno la portata dell'operazione che ha portato all'eliminazione di Abu Khadija è necessario ripercorrere l'evoluzione del jihadismo globale, con particolare attenzione allo sviluppo dello Stato Islamico. 

L'ISIS, nato nel 2006 dalle ceneri di Al-Qaeda in Iraq, ha dimostrato una capacità straordinaria di sfruttare le debolezze degli Stati mediorientali per affermare il proprio dominio territoriale e ideologico. La sua ideologia radicale, basata su un'interpretazione estremista dell'Islam, ha attratto combattenti da tutto il mondo, creando un vero e proprio fenomeno transnazionale.

Le radici dell'ISIS, in particolare, affondano nell'insurrezione che seguì l'invasione statunitense dell'Iraq nel 2003: in quel contesto socialmente frammentato e politicamente instabile emerse Al-Qaeda in Iraq (AQI), guidata da Abu Musab al-Zarqawi, un jihadista giordano noto per la sua brutalità. AQI si distinse per la sua violenza indiscriminata, che prese di mira non solo le forze americane, ma anche i civili sciiti, alimentando una spirale di violenza settaria che devastò il Paese.

Nel 2006 al-Zarqawi venne ucciso in un raid aereo statunitense, ma il suo gruppo sopravvisse e si riorganizzò sotto il nome di Stato Islamico dell'Iraq (ISI), che continuò a condurre attacchi terroristici anche dopo il ritiro delle forze americane nel dicembre 2011.

Nel 2010, Abu Bakr al-Baghdadi assunse la guida dell'ISI, imprimendo una svolta decisiva alla sua evoluzione. Al-Baghdadi era un leader carismatico e spietato, capace di attrarre combattenti stranieri e di sfruttare le opportunità offerte dal ritiro delle truppe statunitensi e dall’instabilità politica irachena.

Nel frattempo, sfruttando le cosiddette “Primavere Arabe” scoppiate in tutta l’area mediterranea a partire dal gennaio 2011, Al-Qaeda si infiltrò in Siria, creando una filiale chiamata Jabhat al-Nusra, che divenne rapidamente uno dei gruppi più potenti dell'opposizione al regime di Bashar al-Assad. Tuttavia, nel 2013 emersero tensioni tra al-Baghdadi e la leadership di Al-Qaeda, che portarono a uno scontro diretto tra i due e alla successiva rivendicazione, da parte di al-Baghdadi, del controllo su al-Nusra: infatti, il 9 aprile 2013 al-Baghdadi annunciò la fusione tra l’ISI e al-Nusra, dichiarando così la nascita dello Stato Islamico dell'Iraq e della Siria (ISIS).

Nel corso del 2014 l'ISIS si radicò nei territori iracheni e siriani conquistando numerose città, fino a occupare la città di Mosul, scelta come capitale dell’ISIS. Il 29 giugno 2014 Al-Baghdadi proclamò, dalla moschea di Mosul, la nascita dello Stato Islamico (IS), ovvero il Califfato, l'entità statuale che avrebbe dovuto governare l’intera comunità islamica.

La risposta statunitense, però, non si fece attendere: infatti, già nell’agosto 2014 prese avvio l’operazione Inherent Resolve, il cui obiettivo era quello di sradicare l’ISIS dai territori fino ad allora conquistati.

Nel 2019 venne finalmente liberata la città di Mosul e l’ISIS, dopo anni di feroci battaglie, perse definitivamente il Califfato territoriale.

A seguito della sconfitta militare, l'ISIS si è trasformato in una rete decentralizzata di cellule operative, capaci di agire in modo autonomo e di colpire obiettivi civili e militari con attacchi "ibridi" che combinano azioni di guerriglia, attentati terroristici e propaganda online.

L'ISIS, infatti, oltre ad aver condotto molteplici operazioni militari nell’ambito di quella che viene definita “hybrid warfare”, è divenuto, nel corso degli anni, un fenomeno mediatico globale grazie alla sua sofisticata propaganda. Migliaia di foreign fighters provenienti da tutto il mondo si sono uniti tra le fila dell’ISIS per sostenere e promuovere la sua ideologia, nonché per ricostruire militarmente il Califfato.

Inoltre, il gruppo, grazie alla vendita di petrolio, il contrabbando di opere d'arte e i rapimenti, si è finanziato per molti anni, diventando una delle organizzazioni terroristiche più ricche e potenti della Storia.

Oggi l'Iraq, dopo anni di guerra e instabilità, si trova a dover affrontare sfide enormi. La presenza di milizie armate, spesso legate a interessi politici e religiosi contrastanti, la corruzione endemica che mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e le tensioni settarie tra le diverse comunità religiose ed etniche minacciano la stabilità del Paese. Tuttavia, l'attuale governo iracheno, guidato da Mohamed Shia al-Soudani, sembra determinato a invertire la rotta. Il primo ministro ha lanciato un ambizioso programma di riforme, volto a rafforzare la sicurezza, a promuovere la riconciliazione nazionale e a rilanciare l'economia.

Dunque, l'eliminazione di Abu Khadija rappresenta un'opportunità per rafforzare la lotta contro l'ISIS e per consolidare la sicurezza in Iraq, ma è fondamentale affrontare le cause profonde del jihadismo, come la marginalizzazione sociale, la mancanza di prospettive economiche e la disoccupazione dei giovani, spesso reclutati direttamente dall'ISIS.

Inoltre, l'operazione potrebbe avere ripercussioni oltre i confini nazionali, visto il ruolo centrale di Abu Khadija nel coordinamento delle operazioni dell'ISIS nella regione - in particolare in Siria, dove il gruppo terroristico mantiene una presenza significativa - e la sua morte potrebbe avere un impatto notevole sulla capacità del gruppo di pianificare e condurre attacchi complessi.

L'eliminazione di Abu Khadija, dunque, pur rappresentando un successo tattico significativo nella lotta al terrorismo, evidenzia la persistente minaccia dell'ISIS e la necessità di un approccio globale e olistico per contrastare il jihadismo. Solo attraverso una cooperazione internazionale rafforzata e un impegno a lungo termine che affronti le cause profonde del terrorismo e promuova la stabilità regionale sarà possibile sconfiggere definitivamente la minaccia jihadista e costruire un futuro di pace e prosperità per l'Iraq e per l'intera regione.

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Chiara Bertolotto

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