La crisi dei diritti umani in Nicaragua

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  Francesca Alfonzi
  30 maggio 2023
  4 minuti, 26 secondi

Il Nicaragua, paese dell'America centrale, viene ciclicamente etichettato dalla stampa mondiale come uno ‘scandalo’ a causa della forte repressione che il governo fa gravare sulla popolazione: la persecuzione dell’opposizione e la deliberata violazione delle libertà individuali sono purtroppo diventate una spiacevole realtà quotidiana. Omicidi, incarcerazioni, deportazioni e torture sono sono solo alcuni esempi di ciò che in questo paese è all’ordine del giorno: da molto tempo infatti tutti guardano con occhi preoccupati l’inasprirsi di questa rovinosa crisi dei diritti umani che, come ha sottolineato l’ONU, è ormai sfociata nella categoria di ‘crimes against humanity’.

Nel 2018, la popolazione nicaraguense si ribellò e manifestò contro il governo. Ciò che iniziò come una protesta pacifica si trasformò, purtroppo, in una violenta repressione da parte delle autorità governative. Da diversi anni i cittadini vedono oppressi i loro diritti nel contesto di una ‘dittatura mascherata da democrazia’ (ISPI). Questa definizione, molto cruda ma anche descrittiva, allude al deterioramento democratico che sta vivendo il Nicaragua all’incirca dal 2006. L’attuale Presidente è Daniel Ortega, egli aveva già ricoperto questa carica una prima volta, dal 1985 al 1990, al termine della rivoluzione sandinista, ovvero quella che ha posto fine alla precedente dittatura di Debayle. Successivamente, nel 2006, è tornato al comando del paese con un obiettivo ben preciso: la perpetuazione al potere. Da quel momento in poi, il suo regime ha preso una piega sempre più conservatrice grazie ad una serie di azioni mirate ad una politica di rafforzamento dei poteri del capo dello stato. Ad esempio, una delle prime novità riguardò una modifica della Costituzione attraverso cui è stato eliminato il vincolo che limitava a due i possibili mandati presidenziali consecutivi. Ortega ha anche scelto come vicepresidente sua moglie, Rosario Murillo, in modo da concentrare maggiormente l'autorità nelle sue mani. Negli anni seguenti, misure del genere si sono moltiplicate così che egli riuscisse ad esercitare il controllo de facto anche sugli altri poteri (Parlamento e Corte suprema). Inoltre, grazie ad una legge ad hoc per la “difesa dei diritti del popolo”, il governo ha acquisito la facoltà di arrestare chiunque esso consideri come una minaccia per la sicurezza nazionale. Di conseguenza, il quadro che emerge è senza dubbio critico: la forma di stato è mutata e ha rapidamente ripreso le sembianze di una dittatura, il governo non è in grado di proteggere i cittadini (anzi, è dal governo stesso che i cittadini andrebbero tutelati) e il vastissimo potere di cui dispone il presidente riduce ampiamente le possibilità di un cambiamento.

Come accennato precedentemente, nel 2018, più precisamente il 18 giugno, i cittadini nicaraguensi si sono ribellati contro un ulteriore tentativo di riforma attuato dal Presidente Ortega. Le proteste hanno provocato, oltre che innumerevoli feriti, anche un altissimo numero di caduti: le forze di polizia, insieme ad alcuni agenti filogovernativi, hanno deliberatamente usato qualsiasi mezzo a loro disposizione per mettere a tacere gli oppositori, non rinunciando a torture, sparizioni forzate ed esecuzioni extragiudiziali. Il clima di paura che si vive in Nicaragua è infatti determinato dalla crudele campagna di repressione e intimidazione che adotta lo stato per promuovere un contesto in cui non vi è possibilità di esprimere le proprie opinioni liberamente. Tuttavia, la violazione delle libertà individuali non è l’unico dato preoccupante in questo paese: anche i diritti civili sono presi di mira dal governo. Infatti, alle elezioni che si sono tenute nel 2021, la vittoria di Ortega e sua moglie Murillo è stata apparentemente schiacciante, oltre che abbastanza prevedibile. I metodi utilizzati dal Presidente per raggiungere questo ‘successo’ sono stati tutt'altro che onesti: egli ha infatti cercato di ridurre al minimo le possibilità di fallimento ricorrendo all'incarcerazione o all’esilio dell'opposizione, e molti candidati che rappresentavano una concreta competizione sono spariti o sono stati arrestati. E’ chiaro quindi che le elezioni non sono svolte in un quadro di giustizia e trasparenza, condizione che spiega la chiara mancanza di pluralismo politico e di legittima rappresentanza. Ad aggiungersi a tutto questo, c’è anche una forte censura e una parallela repressione della libertà di associazione. Infine, il fatto che il sistema giudiziario, così come le forze dell’ordine, siano sotto il controllo diretto del presidente, lascia i cittadini indifesi e minacciati dal loro stesso paese.

In conclusione, l’articolo ha voluto brevemente riassumere e ripercorrere la storia più recente del Nicaragua: tuttavia ci sarebbe la necessità di un’analisi molto più approfondita a causa della criticità, complessità e della delicatezza della situazione. Questo paese sta infatti attirando l’attenzione di tutto il mondo dato che, a causa delle inosservanze del suo governo nei confronti della popolazione, è ritenuto responsabile di ‘crimini contro l’umanità’ (ONU, rapporto stilato dal Gruppo di esperti sui diritti umani in Nicaragua). 

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L'Autore

Francesca Alfonzi

Laureata nel 2021 in International Relations and Diplomatic Affairs presso l'Alma Mater Studiorum di Bologna; al primo anno di Magistrale in Relazioni Internazionali presso l'Università Sapienza di Roma.

Autrice per l'area tematica 'Diritti Umani'

Categorie

Diritti Umani

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human rights nicaragua Diritti umani America Centrale Daniel ortega repressione diritti e libertà