La riduzione degli sbarchi di migranti dalla Tunisia verso l'Italia è stata motivo di vanto per diversi membri del governo italiano. I dati del Ministero dell'Interno mostrano un calo delle partenze dal paese nordafricano di circa il 60% nel maggio 2023 rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Tuttavia, questa diminuzione ha avuto un costo umano significativo, come rivelato da un'indagine internazionale che ha portato alla luce gravi violazioni dei diritti umani sostenute dai fondi dell'Unione Europea.
Il presidente tunisino Kais Saïed ha adottato misure repressive severe per contenere le partenze dei migranti, intensificando le operazioni di polizia contro i migranti subsahariani. Questi sono stati accusati di voler compiere una sostituzione etnica in Tunisia, una retorica xenofoba che ha portato a deportazioni forzate ai confini con la Libia e l'Algeria. Spesso, i migranti sono abbandonati nel deserto senza risorse, lasciandoli morire di stenti. Durante un recente consiglio nazionale di sicurezza, Saïed ha dichiarato con orgoglio che 400 migranti sono stati trasferiti ai confini desertici nelle ultime settimane. Le operazioni di polizia vedono spesso centinaia di persone prelevate dalle città, caricate su pullman e pick-up e portate in centri di detenzione o abbandonate in aree remote.
Le immagini di queste operazioni hanno suscitato indignazione a livello internazionale, ma non hanno impedito all'Unione Europea e al governo italiano di continuare a fornire equipaggiamenti e finanziamenti alle forze di sicurezza tunisine. Le Nazioni Unite hanno pubblicato dati sulle deportazioni, rivelando che quasi 9.000 persone sono state intercettate dalle guardie di frontiera libiche lungo il confine tunisino dall'estate del 2023, con almeno 29 morti confermate, anche se i numeri reali potrebbero essere più alti. Un'inchiesta internazionale ha mostrato che le forze di sicurezza tunisine hanno eseguito almeno tredici deportazioni collettive, utilizzando veicoli e attrezzature fornite dagli stati europei, tra cui l'Italia.
L'inchiesta internazionale, denominata "Desert Dumps" (Discariche nel deserto) e coordinata dalla piattaforma di giornalismo investigativo Lighthouse Reports insieme a otto testate, ha rivelato come l'Europa sostenga, finanzi e sia direttamente coinvolta in operazioni clandestine nei paesi del Nord Africa. Queste operazioni prevedono l'abbandono di decine di migliaia di persone di colore nel deserto o in aree remote, impedendo loro di raggiungere l'UE. Secondo l'indagine, il sistema di respingimenti illegali funziona in modo simile in Tunisia, Mauritania e Marocco: le persone vengono radunate per strada, prelevate dalle loro case o intercettate in mare, detenute, caricate su autobus e abbandonate nel deserto senza cibo né acqua, a rischio di rapimento, estorsione e morte.
La Commissione Europea afferma pubblicamente di controllare come vengono spesi i fondi e di non contribuire alle violazioni dei diritti umani, ma l'indagine rivela una realtà diversa. Da tempo, le istituzioni europee finanziano consapevolmente e talvolta sono direttamente coinvolte in questi respingimenti operati nei paesi nordafricani, per diminuire il numero di arrivi alle frontiere dell'UE. Il vicepresidente della Commissione UE per lo Stile di vita europeo, Margaritis Schinas, ha recentemente dichiarato che "nessun denaro europeo finanzia questo tipo di incidenti". Tuttavia, l'indagine di Lighthouse Reports dimostra il contrario, mostrando come queste operazioni segrete siano gestite grazie a denaro, veicoli, attrezzature, intelligence e forze di sicurezza fornite dall'UE e dai suoi stati membri.
In Tunisia, circa 3.400 ufficiali di polizia sono stati addestrati in Germania, Austria, Danimarca e Olanda. Negli ultimi tre anni, gli stati europei hanno rafforzato l'apparato di sicurezza tunisino, noto per le violazioni dei diritti umani sin dai tempi del regime di Ben Ali. Dopo la rivoluzione dei Gelsomini, questo apparato non è stato riformato e ora è nelle mani di Saïed, che ha accentrato il potere eliminando l'opposizione politica dal luglio 2021.
La Tunisia si sta preparando a formalizzare una propria Zona di Ricerca e Salvataggio (SAR) in mare e ha istituito un Centro Nazionale per il Coordinamento delle Operazioni di Ricerca e Salvataggio Marittimo, sotto il controllo del ministero della Difesa e del ministero dell'Interno. L'UE potrebbe ulteriormente rinforzare la guardia costiera tunisina, fornendo aiuti economici, formazione per gli agenti di frontiera e nuovi mezzi.
Secondo i dati del ministro dell'Interno tunisino, Kamel Feki, dall'inizio del 2024, 52.972 persone hanno tentato di attraversare il Mediterraneo centrale dalle coste tunisine, di cui 48.765 provenienti dal Sahel. Le autorità tunisine hanno impedito 3.369 tentativi di emigrazione, affondato 103 barche e recuperato 341 corpi in mare. In totale, 595 persone sono state arrestate per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, e numerose imbarcazioni sono state sequestrate. La Guardia costiera e la polizia tunisina hanno intensificato le operazioni per intercettare le barche pronte a partire verso l'Italia. Nella notte tra il 22 e il 23 maggio, 30 tunisini sono stati arrestati a Mahres, nel governatorato di Sfax. I detenuti denunciano trattamenti inumani e arresti arbitrari, volti a incrementare le statistiche da presentare a Bruxelles per ottenere nuovi accordi economici. Attualmente, più di 1.099 migranti sono detenuti nelle carceri tunisine e 7.109 sono stati rimpatriati nei loro paesi di origine con il supporto dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM).
Queste azioni repressive hanno ridotto significativamente il numero di partenze verso l'Italia, ma al costo di gravi violazioni dei diritti umani e di un clima di crescente oppressione in Tunisia. Il presidente tunisino Kais Saïed ha annunciato un giro di vite contro le associazioni che si occupano di rifugiati e difendono i loro diritti, accusando i leader delle ONG di essere traditori e agenti stranieri. La prima ad essere arrestata è stata Saadia Mosbah, presidente di un'associazione contro la discriminazione razziale (Mnemty), accusata di aver violato la legge antiterrorismo. La polizia ha anche fatto irruzione negli uffici dell'associazione Terre d'Asile Tunisie (TAT) e ha arrestato l'ex direttrice Sherifa Riahi. Sono stati arrestati anche il presidente e il vicepresidente del Consiglio tunisino per i rifugiati (CTR). Negli ultimi giorni, ci sono stati arresti di avvocati e giornalisti, contribuendo a creare un clima di crescente repressione in Tunisia.
L'indagine di Lighthouse Reports ha documentato dettagliatamente il coinvolgimento europeo nelle operazioni anti-migranti e a sfondo razziale in Nord Africa, utilizzando video, immagini satellitari, documenti, fonti confidenziali e testimonianze di oltre 50 sopravvissuti. Tra le prove riportate vi è un documento della Commissione UE del 2019 che evidenzia come, già allora, fosse noto che il Marocco abbandonava mille rifugiati e richiedenti asilo subsahariani, compresi bambini e donne incinte, in aree remote. Nonostante ciò, sono stati inviati furgoni Fiat e auto Toyota, identici a quelli visti nei filmati degli arresti dei migranti. In Mauritania, la Spagna collabora con la polizia locale per arrestare e radunare persone di colore, prima di trasportarle in centri di detenzione e abbandonarle nel deserto del Mali, una zona di guerra attiva dove combattono gruppi legati ad Al-Qaeda. Madrid, tramite la sua agenzia di sviluppo Fiiapp, sta finanziando con fondi UE due nuovi centri di detenzione con lo stesso scopo.
La Commissione Europea, di fronte a queste rivelazioni, si è trovata in difficoltà a rispondere. Ana Pisonero, portavoce responsabile per la politica di Vicinato, ha dichiarato che l'UE è consapevole delle sfide migratorie in alcuni paesi partner e continua a collaborare con loro. Tuttavia, non ha affrontato direttamente le accuse dell'inchiesta, limitandosi a ribadire che l'UE si aspetta il rispetto dei diritti fondamentali dei migranti da parte dei suoi partner, incluso il principio di non respingimento.
Le rivelazioni dell'indagine "Desert Dumps" mettono in luce uno dei maggiori scandali in ambito di migrazione e asilo degli ultimi anni per l'Unione Europea. Le politiche repressive sostenute dall'UE, pur riducendo il numero di partenze verso l'Europa, stanno contribuendo a gravi violazioni dei diritti umani e a un clima di crescente oppressione nei paesi nordafricani, sollevando interrogativi sul rispetto dei principi fondamentali su cui si basa l'Unione stessa.
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L'Autore
Chiara Del Prete
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Diritti umani nord africa Migrazioni