La partita di Orbán: come l'Ungheria sfida l'UE su guerra e adesione Ucraina, minacciando ancora una volta la coesione europea

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  Alessandro Alloro
  14 dicembre 2023
  4 minuti, 19 secondi

Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, l’Unione Europea ha da subito condannato unanimemente l’invasione russa dimostrando un senso di forte unità e contribuendo a creare un solido senso di appartenenza ai valori europei e delle democrazie liberali occidentali. Era da tempo, nemmeno durante la crisi pandemica del 2020, che l’Europa non dimostrava di rispondere in maniera compatta davanti alle maggiori crisi internazionali. Tuttavia, anche nella sinfonia della (apparente) perfezione, c’è sempre una nota fuori tono a rompere l’armonia, e la nota fuori tono a Bruxelles è suonata dall’Ungheria.

Fin dal principio, il Primo Ministro ungherese Viktor Orbán ha difatti adottato una posizione che si discosta parecchio da quella messa in campo dal resto degli Stati Membri dell’Unione Europea e degli alleati Occidentali; infatti, durante la campagna elettorale del 2022, Orbán non solo ha presentato se stesso come il “rappresentante della pace” che avrebbe protetto il proprio Paese dalle disastrose conseguenze economiche ed energetiche del conflitto, ma ha anche rafforzato i propri legali con il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin. Dall’inizio della guerra, Orbán è stato difatti l’unico leader Occidentale ad aver incontrato personalmente Putin durante il vertice sulla Nuova Via della Seta tenutasi in Cina lo scorso ottobre.

Dopo i numerosi vertici UE e NATO convocati sul tema della guerra tra Russia e Ucraina, Orbán si è rifiutato più volte di sostenere militarmente quest’ultima e di imporre sanzioni sempre più incisive nei confronti del Paese aggressore. Non è pertanto una novità la notizia degli ultimi giorni secondo cui il Ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó ribadisce la decisione dell’Ungheria di non sostenere militarmente tramite l’invio di attrezzatura bellica l’Ucraina, in quanto, secondo la posizione del governo magiaro: “Invece delle armi, si dovrebbe portare la pace in questa regione. Più armi vengono consegnate, più lunga sarà la guerra; più lunga sarà la guerra, più persone moriranno”. La decisione di Budapest di non sostenere incondizionatamente l’Ucraina non solo si è scostata parecchio dalle posizione degli alleati Occidentali, ma ha rappresentato un’attitudine in controtendenza soprattutto rispetto alle posizioni degli alleati più stretti di Orbán all’interno dell’Unione Europa, i cosiddetti Paesi del Gruppo di Visegrád, ovvero Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, oltre alla stessa Ungheria. In particolare, sono emerse le differenze con Varsavia, in quanto mentre Ungheria e Polonia sono state spesso unite su molte questioni contro Bruxelles, esse hanno mostrato sempre più divergenze sull'atteggiamento nei confronti della Russia.

Oltre alla questione sul conflitto in corso, l’Ungheria si è anche recentemente opposta all’adesione di Kiev all’Unione Europea. L’Ucraina ha ottenuto lo status di paese candidato all’adesione nel giugno del 2022, e di recente il premier ungherese Orbán non ha mancato di far sapere che Budapest esprime diversi dubbi sull’idoneità alla membership europea di questo paese, tanto che alle iniziali dichiarazioni è seguita una risoluzione del partito del primo ministro ungherese, Fidesz, al parlamento magiaro chiedendo al governo di non sostenere l’inizio dei colloqui sull’adesione dell’Ucraina all’UE. Il primo ministro Viktor Orbán ha avvertito che i leader dell'UE potrebbero non raggiungere un consenso sull'avvio dei negoziati e ha dichiarato che la questione non dovrebbe essere inserita nell'agenda del prossimo Consiglio europeo previsto per il 14 e il 15 dicembre prossimi. Orbán ha sollevato dubbi sulla coesione e sulle politiche agricole dell'UE in relazione all'adesione dell'Ucraina, sostenendo che i leader europei dovrebbero valutarne attentamente l'impatto prima di avviare i colloqui. Questa mossa è vista come parte della strategia di Orbán per aumentare la pressione su Bruxelles prima del Consiglio europeo, come ricatto per ottenere i fondi di coesione congelati destinati all’Ungheria per via delle ripetute violazioni sullo stato di diritto. Dei fondi bloccati, infatti, 6,3 miliardi riguardano il “meccanismo di condizionalità” per problematiche legate agli appalti pubblici e ai conflitti di interesse, mentre il resto dei fondi sono connessi a tematiche quali il “diritto alla libertà accademica” e la tutela dei diritti LGBTQ+.

È ormai evidente come Viktor Orbán rappresenti un ostacolo significativo alle ambizioni geopolitiche e strategiche dell’UE sia sul piano esterno quanto quello interno, come è stato evidenziato in due lettere inviate dal Consiglio UE al Presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Questo avviene in un contesto dove si ridiscute sempre più la revisione dei Trattati comunitari, specialmente per quanto riguarda il voto all’unanimità in seno al Consiglio, che non solo paralizza la politica europea, ma tiene in ostaggio un intero continente di un governo che rappresenta soltanto il 2,2% della popolazione UE. Le posizioni di Budapest sono sempre più interpretate alla luce della relazione tra l'Ungheria e il Presidente russo Vladimir Putin, delineando così un alleato prezioso per quest'ultimo nel destabilizzare la politica europea dall’interno.  Il Ministro degli Affari Esteri della Lituania, Gabrielius Landsbergis, al margine dell’ultimo Consiglio Affari Esteri ha commentato: “L’unico modo in cui posso leggere la posizione ungherese, non solo sull’Ucraina ma su molte altre questioni, è che sono contro l’Europa e tutto ciò che l’Europa rappresenta”.


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Alessandro Alloro

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