L'embargo energetico imposto alla Russia sta funzionando?

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  Leonardo Di Girolamo
  24 gennaio 2024
  4 minuti, 57 secondi

All'invasione del 24 febbraio 2022 da parte della Russia nei confronti dell’Ucraina, la condanna dell’Unione Europea è stata rapida, seppur non sempre unanime, ed è giunta spesso sotto forma di sanzioni che hanno interessato principalmente il settore energetico russo, il vero carburante della macchina bellica di Putin.

Le sanzioni e l'embargo energetico

Le sanzioni imposte dall'Unione Europea a seguito dell’invasione dell’Ucraina hanno colpito soprattutto il settore energetico russo. Innanzitutto, il blocco delle importazioni di qualsiasi tipo di carbone proveniente da Mosca ha colpito circa il 25% delle esportazioni russe di carbone a livello globale, comportando una perdita di entrate pari a circa 8 miliardi di euro per la Russia.

Inoltre, una misura molto discussa ed importante è stato il divieto di importazione di petrolio greggio e di prodotti petroliferi raffinati trasportati per via marittima dalla Russia. Per comprendere di quanto valga economicamente questa sanzione, bisogna dare un’occhiata al valore di questo mercato prima dell’invasione: nel 2021, l’Unione Europea ha importato un totale di 71 miliardi di euro di petrolio (suddivisi in 48 miliardi di euro di petrolio greggio e 23 miliardi di euro di prodotti petroliferi raffinati). Sempre nei confronti del petrolio russo è in atto anche un massimale di 60 dollari al barile concordato con i paesi del G7+, per limitare ulteriormente i profitti della Russia provenienti dal mercato energetico.

Ovviamente, anche il gas russo ha subito numerose sanzioni, nonostante le lunghe discussioni in Europa e le forti difficoltà nel limitare una risorsa largamente importata dai paesi membri prima della guerra (nel 2021, le importazioni di gas russo rappresentavano il 40% del gas utilizzato in Unione Europea). Il Consiglio dell’Unione Europea riporta che “la quota di mercato della Russia (…) è diminuita rapidamente, mentre hanno cominciato a crescere le quote di mercato di altri fornitori”. A novembre 2022, il gas russo rappresentava il 12,9% delle importazioni europee: cifra certamente diminuita, ma forse non quanto avrebbero voluto i leader europei più schierati contro la Russia.

Altre misure energetiche messe in atto dall'Unione Europea riguardano il divieto di importazione di GPL, dal valore di circa 1 miliardo di euro annui; blocco di nuovi investimenti comunitari nel settore minerario russo (fatta però eccezione per alcune materie prime); divieto di esportare specifiche tecnologie di raffinazione del petrolio, allo scopo di rendere più difficile e oneroso potenziare l’industria di raffinamento del petrolio in Russia; divieto parziale di nuovi investimenti da parte dei paesi membri nel settore energetico russo.

Vecchi partner, nuovi partner

La prima e forse ovvia conseguenza delle sanzioni europee è stata la riorganizzazione da ambo le parti del mercato energetico: se da una parte i paesi membri dell’Unione Europea si sono ingegnati per trovare nuovi partner commerciali per sostituire le importazioni energetiche dalla Russia, anche Mosca ha dovuto mettere mano alle proprie esportazioni per trovare nuovi mercati per le proprie risorse energetiche o, meglio, rimodulare quanto alcuni mercati fossero importanti per la Russia. India, Cina e Turchia sono diventati partner fondamentali della Russia per quanto riguarda il settore energetico: circa il 70% delle esportazioni marittime russe di petrolio sono dirette proprio verso questi tre paesi. L’incremento più importante è stato proprio verso l’India, passando da poche migliaia di barili al giorno nel 2022 a quasi 1,5 milioni di barili al giorno nel 2023. È inoltre interessante sottolineare come, seppure la tendenza europea sia stata verso la riduzione della dipendenza dalle risorse energetiche russe, ci sono ancora Stati pesantemente dipendenti da Mosca, come la Slovacchia e l’Ungheria.

Quindi, le sanzioni stanno funzionando?

Comprendere se e quanto le sanzioni europee nei confronti della Russia siano state efficaci non è semplice, ma alcuni studi in materia sono stati già pubblicati. Secondo il CREA (Centre for Research on Energy and Clean Air), un’organizzazione di ricerca indipendente che si concentra sulla scoperta di tendenze, cause, impatti sulla salute e soluzioni relative all’inquinamento atmosferico, le sanzioni europee stanno costando alla Russia circa 160 milioni di euro al giorno. Il CREA evidenzia anche che, nonostante l’incremento dei prezzi dei combustibili fossili nel 2022 abbia beneficiato la Russia, questo effetto sta iniziando a svanire e che “ulteriori tagli alle entrate del Cremlino indeboliranno in modo significativo la capacità del paese di continuare la sua offensiva”. Sempre secondo il CREA, le misure europee possono essere molto più efficienti se vengono rivisti i parametri utilizzati (ad esempio, avvicinando il tetto del prezzo del petrolio al costo di produzione del petrolio russo) e vi sono altre opzioni che l’Unione Europea potrebbe considerare per colpire la Russia più duramente.

In conclusione, nonostante sia difficile avere una chiara analisi dello stato delle cose, diversi elementi sembrano dare adito alla visione europea che ha spinto per sanzioni rapide ed efficaci, nonostante le aspettative di Bruxelles erano forse troppo ottimiste. La Russia sta soffrendo le conseguenze delle sanzioni volute dall'Unione, certo, ma non quanto si sperava. E inoltre, vi sono alcune conseguenze delle sanzioni che non vanno tanto a favore dei paesi membri. Innanzitutto, stiamo osservando un rafforzamento delle relazioni fra paesi avversari del blocco Occidentale, che va a ledere quella posizione egemonica che sta ormai pian piano svanendo. Non solo; queste sanzioni stanno colpendo anche i mercati europei ed è ancora difficile stimarne gli effetti. Ad esempio, un report pubblicato dalla Banca d’Italia nel novembre 2023 sostiene che a differenza degli shock legati al petrolio (con conseguenze spesso nel breve termine), le conseguenze a lungo termine degli shock legati al mercato del gas sono molto più gravi e difficili da stimare, e che, a quanto pare, ci porteremo avanti per ancora molto tempo questi strascichi. 

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