Megalopoli asiatiche tra crescita economica e collasso urbano

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  Adele Mutti
  12 maggio 2025
  3 minuti, 40 secondi

Nel cuore dell’Asia, le grandi città crescono a ritmi vertiginosi. Ma dietro lo sviluppo economico si cela un intreccio sempre più fragile tra urbanizzazione, crisi climatica e disuguaglianze sociali.

Negli ultimi quattro decenni, le economie in via di sviluppo dell’Asia hanno registrato una crescita significativa, accompagnata da un’urbanizzazione di portata e velocità senza precedenti.

Terreni agricoli, zone costiere e aree ecologicamente sensibili sono stati sacrificati per fare posto a nuovi insediamenti. La cementificazione massiccia altera gli equilibri idrologici, aumentando la vulnerabilità a inondazioni e ondate di calore. La crescita urbana, anziché essere pianificata, spesso risponde a logiche speculative che accentuano le disparità territoriali.

Allo stesso tempo, sul fronte demografico, queste città attraggono forti flussi migratori interni, alimentati da promesse di lavoro e progresso. Tuttavia, il costante afflusso di nuovi abitanti si scontra con una realtà fatta di occupazione precaria, salari bassi e condizioni di vita spesso degradate. Le periferie si riempiono di insediamenti informali dove la pressione demografica esaspera l’impatto ambientale: mancanza di servizi igienico-sanitari, gestione inefficiente dei rifiuti e vulnerabilità estrema agli eventi climatici.

Questa combinazione di degrado ambientale e tensioni demografiche genera un circolo vizioso: più cresce la popolazione urbana, più si consuma suolo e si deteriorano le risorse naturali. In assenza di una pianificazione sostenibile, aumentano le disuguaglianze e peggiorano la qualità della vita.

In particolare, Tokyo, Delhi, Shanghai e Dhaka sono città che rappresentano il cuore pulsante dello sviluppo economico dell’Asia, ma dietro le quali si celano sfide sempre più complesse legate al cambiamento climatico, all’invecchiamento della popolazione e allo sviluppo urbano non pianificato. Secondo un nuovo rapporto della Commissione Economica e Sociale per l’Asia e il Pacifico (ESCAP) delle Nazioni Unite, le megalopoli asiatiche rischiano di trasformarsi da simboli di progresso a fattori di retrocessione economica.

Uno dei sintomi più evidenti della crisi climatica è il caldo estremo che colpisce le metropoli asiatiche. L’urban heat island effect, o effetto isola di calore, trasforma interi quartieri in forni soffocanti, con impatti devastanti per gli anziani e per chi vive in insediamenti informali.

Nel solo periodo tra il 2000 e il 2019, quasi la metà delle morti globali legate al calore si è verificata in Asia e nel Pacifico. E la situazione è destinata a peggiorare: con la progressiva perdita degli spazi verdi e le temperature in aumento, molte città rischiano di diventare invivibili.

Alcune, però, provano a reagire. A Shanghai, ad esempio, è stato introdotto un sistema di monitoraggio in tempo reale delle inondazioni in un’area di oltre 1.200 km², per migliorare la risposta delle autorità locali.

Contrariamente alla narrativa che descrive l’Asia come una regione giovane e dinamica, molte delle sue grandi città stanno invecchiando rapidamente. In Giappone, Corea del Sud e Cina, il calo della natalità e l’aumento dell’aspettativa di vita stanno modificando radicalmente la demografia urbana.

Entro il 2050, si stima che il numero di over 60 nell’area Asia-Pacifico raggiungerà 1,3 miliardi. Questo pone sfide complesse: adattare i trasporti pubblici, garantire servizi sanitari adeguati, e proteggere economicamente una popolazione sempre più vulnerabile.

Il problema è reso ancora più urgente dal fatto che il 40% degli anziani non riceve alcuna forma di pensione, una condizione che colpisce soprattutto le donne, spesso escluse dal lavoro formale. Molti anziani sono così costretti a lavorare oltre l’età pensionabile, spesso in settori informali e privi di tutele.

Inoltre, mentre i centri si espandono, le periferie esplodono. L’aumento dei prezzi delle abitazioni, combinato alla stagnazione dei salari, sta spingendo milioni di persone verso insediamenti informali. Questi quartieri, spesso esclusi dalla pianificazione ufficiale, mancano di infrastrutture, servizi essenziali e protezioni contro eventi climatici estremi.

Le disuguaglianze urbane non sono solo sociali, ma ambientali: chi vive nelle aree più povere è anche il più esposto ai rischi.

Le grandi città asiatiche sono specchi anticipatori del futuro urbano globale. Se ignoriamo gli attuali segnali di stress - ambientali, demografici e sociali - ci troveremo a fronteggiare crisi sempre più difficili da contenere. Ma le soluzioni esistono: innovazione urbana, pianificazione sostenibile, inclusione sociale.

Con le giuste scelte, queste città possono diventare laboratori di resilienza. In caso contrario, rischiano di trasformarsi da motori di crescita a epicentri di instabilità.

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Adele Mutti

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