Milei al potere in Argentina tra promesse di ripresa economica e diritti a rischio: verso un nuovo futuro, ma quale?

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  Laura Rodriguez
  26 novembre 2023
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Milei al potere in Argentina tra promesse di ripresa economica e diritti a rischio: verso un nuovo futuro, ma quale?

Sarà davvero Javier Milei l’uomo in grado di sradicare lo status quo politico e rispondere al malessere economico che da anni affligge la seconda economia del Sud America? È questa la speranza dei sostenitori dell’anarco capitalista (così si è autodefinito lo stesso) che si insedierà il 10 dicembre e si porrà alla guida di un Paese ormai allo sbaraglio.

Con un tasso d’inflazione che supera il 142% e un debito pubblico di oltre 400 miliardi di dollari, l’Argentina si appresta ad accogliere il nuovo capo di governo: il populista 53enne, talvolta definito il “Trump di Buenos Aires”, risultante vincitore delle elezioni tenutesi il 19 novembre. Tra le fila dei suoi sostenitori, spiccano i volti di molti giovani, forse la categoria che si è sentita più toccata dal collasso dell’economia che ha interessato lo stato argentino negli ultimi anni e che è cresciuta passando da una crisi all’altra. Di fronte a problemi monumentali come mancanza di lavoro, inflazione e povertà, il percorso è chiaro: non c’è posto per le mezze misure. È probabilmente questa risolutezza a generare tanto la speranza quanto il timore in chi ha assistito alla vittoria dell’ultraconservatore Milei.

La sua vittoria ha di fatto spezzato l'egemonia delle due principali forze politiche di destra e di sinistra ormai radicate: i peronisti che dominano la politica argentina dagli anni '40 e la sua principale opposizione, il blocco conservatore Juntos por el Cambio. I sussidi forniti dall’ormai ex capo di governo Fernandez non sono stati in grado di rispondere all’iperinflazione e la siccità che hanno spinto circa il 40% della popolazione a vivere in condizioni di povertà, forse questo uno dei motivi che ha portato la maggioranza degli argentini a votare un personaggio così controverso come quello di Milei.

La svolta non è da poco e due sono le parole chiave che faranno da traino all’attività politica di Milei: "deregulation" e Stato minimo, due imperativi che il populista a capo di un partito di estrema destra (Libertad Avanza) ha posto come base del suo mandato, promettendo agli argentini di garantire loro benessere ed un’economia solida. Questo disperato tentativo di qualcosa di nuovo porta però con sé molti rischi per le libertà costituzionali e la paura più grande è proprio quella che la tutela dei diritti umani possa essere messa in pericolo da misure estremamente libertarie. Se infatti da un lato la rabbia nei confronti del suo rivale Sergio Massa (nonché ministro dell’Economia) e del suo partito peronista che ha spinto il Paese ad indebitarsi possono sembrare validi motivi per chiedere qualcosa di diverso, dall’altro non manca l’apprensione verso un regime che appare tutt’altro che rassicurante in termini di salvaguardia dei diritti fondamentali.

Tra le prime azioni, Milei ha dichiarato di voler chiudere la Banca Centrale nazionale e procedere alla sostituzione della moneta argentina, il peso, provvedendo poi a privatizzare la sanità, le scuole e i trasporti. La soluzione potrebbe essere quella di accedere ad una nuova tipologia di risorse finanziarie, in particolare quelle fornite dalla New Development Bank dei Brics, che ha condizioni sicuramente meno stringenti rispetto alle politiche di austerità richieste dal Fondo Monetario Internazionale.

Dichiaratamente anti-antiabortista (con l’aborto che è pratica legale in Argentina dal 2020), il nuovo capo di governo si è mostrato a favore di leggi meno severe per quel che riguarda il commercio di armi, sostenendo al tempo stesso la vendita degli organi, considerati come una “risorsa economica” a cui qualcuno può essere costretto ad accedere. "L'Argentina ritornerà al posto che non avrebbe mai dovuto perdere nel mondo”, queste le parole che hanno risuonato nei suoi comizi e che, si presume, hanno dato speranza a quel 56% del popolo argentino che lo ha sostenuto alle elezioni.

In diverse battute, egli ha definito i cambiamenti climatici come una “farsa della sinistra”, mentre sul piano delle relazioni interstatali si è dimostrato molto critico nei confronti di Cina e Brasile, lasciando intendere di non voler avere a che fare con regimi comunisti. Allo stesso tempo, si è invece dimostrato favorevole ad intensificare i rapporti con gli Stati Uniti, ricevendo anche un augurio da parte dell’ex-presidente americano Donald Trump, convinto che Milei possa essere l’uomo giusto per riportare l’Argentina al suo antico splendore.

Chi lo definisce “il male minore”, chi “l’uomo del cambiamento”, certo è che la dolorosa medicina economica di Milei contro il rancore verso il partito peronista, per una crisi che ha portato il Paese ad essere incapace di attingere ai mercati globali del credito, lascia un velo di paura sulla popolazione sudamericana e sul resto del mondo.

"Non sono venuto per guidare gli agnelli, sono venuto per risvegliare i leoni", così Milei si appresta a prendere le redini del Paese, lasciando intendere di avere un obiettivo ben chiaro e figurando già gli strumenti con cui intervenire. Di certo non mancano le sfide a cui deve far fronte, prima fra tutti la scarsa rappresentanza di cui gode all’interno del parlamento: Libertad Avanza controlla infatti solo 38 dei 257 seggi della Camera bassa e 8 dei 72 del Senato.

Tra dichiarazioni provocatorie e scatti d’ira, la figura di Milei lascia perplesso il pubblico mondiale, mentre anche all’interno del Paese i dubbi non mancano. Il suo profilo da ultraliberale e figura antisistema ha iniziato ad attirare l’attenzione cinque anni fa quando è emerso per la prima volta sulla scena politica del Paese, con un discorso con cui si è schierato contro l’intervento statale nell’economia e contro i diritti LGBTQ+.

Da vero e proprio outsider, il nuovo capo di governo non ha nemmeno una sede di partito che possa definirsi tale, tanto che, per il momento, continuerà ad usare l’hotel Libertador come base.

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Laura Rodriguez

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Diritti Umani

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