Oppenheimer: cult ancora prima di essere proiettato

Un'esplorazione intorno ai fattori che lo renderanno un classico moderno

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  Jacopo Cantoni
  22 marzo 2024
  5 minuti, 3 secondi

I film che, nel corso degli anni, diventano così significativi nel gusto e nelle conversazioni degli spettatori, tanto da essere considerati "cult", sono numerosissimi. Si trasformano in qualcosa che va oltre il semplice essere un film, diventando un fenomeno culturale e sociale capace di influenzare la vita e le tendenze delle persone.

Ma cosa rende un film, un cult? Creare una tabella di valori non è un compito facile ed è strettamente legato a un periodo specifico, il che potrebbe rendere tale compito praticamente impossibile. Un esempio lampante e unico è Oppenheimer. 

I fattori che contribuiscono a questo fenomeno sono molteplici. Per evitare di creare confusione partirò dagli elementi imprescindibili fino ad arrivare a quelli meno evidenti: si sa che la macchina cinematografica ha bisogno anche del più piccolo elemento per funzionare.

Innanzitutto, la narrazione, che si traduce in sceneggiatura e infine nelle immagini, un processo all’apparenza lineare, ma in realtà molto più complesso. Bisogna partire dal presupposto che il regista e lo sceneggiatore sono due ruoli distinti, sebbene a volte possano coincidere; pertanto, non tutti sono capaci di scrivere una sceneggiatura né tutti possono tradurre la scrittura in immagini.

Ricostruire veramente la vita di un uomo che ha avuto un ruolo così determinante nella storia, durante la Seconda Guerra Mondiale, come J. Robert Oppenheimer, interpretato da un magistrale Cillian Murphy, è un compito estremamente complesso, anche se si dispone di molti mezzi tecnici. Christopher Nolan, Kai Bird e Martin Sherwin sono riusciti a descrivere la psiche dello scienziato in modo estremamente imparziale, evidenziando le numerose responsabilità che ha dovuto affrontare e le conseguenze che ancora oggi il mondo intero subisce: per esempio, la paura di una guerra nucleare imminente.

Ma il film non è solo Oppenheimer: è anche Lewis Strauss, per cui, finalmente, Robert Downey Jr. si è aggiudicato il premio Oscar per il miglior attore non protagonista, è Kitty Oppenheimer, la moglie tanto devota e tanto abile nel gestire un uomo così problematico, interpretata da Emily Blunt. E tanti altri sono gli attori di altissimo livello che costellano il cast incredibile a disposizione del regista inglese: Matt Damon che veste i panni di Leslie Groves, il generale di brigata statunitense che ha lavorato a stretto contatto con lo scienziato per l’operazione, dirigendo il lato militare; Florence Pugh, interprete di Jean Tatlock, ci permette di scoprire il lato fragile e più umano dell’inventore dell’arma più devastante della storia. 

Insomma, il secondo tassello per diventare cult l’abbiamo aggiunto: il cast, chi la storia la racconta mettendosi nei panni di coloro che in prima persona l'hanno vissuta. Oltre alla bravura di ognuno, il regista, in questo caso Christopher Nolan, svolge il fondamentale ruolo di coordinare e dirigere l'intero processo cinematografico. Un maestro entrato di diritto nell’Olimpo dei registi al fianco di tutti i grandi, un maestro che dopo 25 anni di carriera ci ha regalato pellicole del calibro de La Trilogia del Cavaliere Oscuro, Following, Memento, Insomnia, Inception e tutti gli altri lungometraggi da binge-watching forzato. Direi che non serve aggiungere altro.

In terza istanza, l’immagine, i costumi, il trucco, il parrucco, il colore, le luci, la fotografia, la composizione, le scelte di bianco e nero e colore, tutto ciò che si vede. Già pensare a Oppenheimer ci permette di ricreare nella mente quelle precise immagini. Questo è sicuramente uno degli obiettivi che l’audiovisivo cerca di perseguire: creare la propria memoria nell’immaginario comune. Il sonoro, dissociante, “fuori tempo”, una costruzione che il nostro orecchio non si aspetterebbe mai di ricevere, la bomba esplode ma le particelle adiacenti che dovrebbero vibrare insieme a lei, sono ancora più spaventate di noi e si bloccano, non vibrano, devono realizzare la situazione e poi boom, tutto esplode, tutto diventa realtà e anche Oppenheimer se ne rende conto.

The Zone of Interest, come già ho descritto in altri articoli, utilizza il sonoro in maniera magistrale. A ripensarci bene, Oppenheimer sicuramente gli dà del filo da torcere, attaccandosi con le unghie alle tempie di ognuno di noi, lasciandoci tenere aperti gli occhi e spaventandoci le orecchie poi.

Molti dei meriti, del successo planetario del film vanno alla comunicazione e al fenomeno Barbienheimer: l’uscita dei due film nello stesso giorno in USA (in Italia, infatti, verranno proiettati al cinema con circa un mese di differenza) crea una sana competizione e lo schieramento del pubblico dall'una o dall’altra parte. 

Purtroppo per Greta Gerwig, Margot Robbie e Ryan Gosling il protagonista di questo articolo ha non una ma settanta marce in più da molti punti di vista: la cerimonia degli Oscar ci regala infatti dei momenti simpatici legati a questo tema in cui Ken e Kitty, come dice Emily Blunt, litigano amorevolmente. Tutti questi elementi, a eccezione dell'ultimo, emergono durante la visione del film, quando la pellicola scorre attraverso la macchina da presa e prende vita sullo schermo. Tuttavia, è proprio l'ultimo elemento a scalare la classifica per importanza. Giornalisti e direttori di testate hanno ammesso di aver trascorso notti insonni, determinati a non sbagliare nella scelta della copertina: Oppenheimer o Barbie? Per questo i due film, più il primo che il secondo, sono da considerare cult prima ancora della loro distribuzione, un fenomeno senza precedenti.

L’Academy of Motion Picture, a cui quest’anno non ho nulla da rimproverare, premia la storia dello scienziato che ha cambiato il mondo per ben 7 volte, come è accaduto per Everything, Everywhere, All at Once l’anno scorso:

  • Miglior Film a Christopher Nolan, Emma Thomas e Charles Roven
  • Miglior regista a Christopher Nolan
  • Miglior attore a Cillian Murphy
  • Miglior attore non protagonista a Robert Downey Jr.
  • Miglior montaggio a Jennifer Lame
  • Migliore fotografia a Hoyte van Hoytema
  • Migliore colonna sonora originale a Ludwig Göransson

Oppenheimer, Cillian Murphy, Robert Downey Jr. e tutti gli altri tornano nelle sale ancora per un po’, che lo abbiate già visto o meno: riempite le sale perché questo è davvero Cinema.

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L'Autore

Jacopo Cantoni

Laureato in Cinema presso l'Alma mater Studiorum di Bologna, mi cimento nella scrittura di articoli inerenti a questo bellissimo campo, la Settima Arte. Attualmente frequento il corso Methods and Topics in Arts Management offerto dall'università Cattolica del Sacro Cuore.

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