Foto di Michael Kariuki
Il 18 giugno è il giorno in cui in Kenya sono cominciate le rivolte contro l’approvazione del Finance Bill, la nuova legge finanziaria presentata dal Governo. Queste rivolte hanno attraversato l’intero Paese, scuotendo alcune delle città più importanti, come Nairobi, Mombasa, Migori, Kisumu, Nakuru, Meru, Embu, Kakamega. A protestare sono principalmente i giovani lavoratori e studenti, anche se il sentimento di malcontento per il nuovo disegno di legge finanziario è dilagato in tutte le generazioni.
Il testo del Finance Bill 2024 manifesta delle intenzioni chiare: gravare sulla popolazione con tasse più elevate permetterà al Paese di rimborsare, già dal mese di luglio, ingenti prestiti e interessi ad altri Paesi e a diverse istituzioni finanziare, come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, la Exim cinese (una Banca di import export) e quella statunitense. Secondo quanto dichiarato dal Ministro delle finanze Ndung’u, la legge finanziaria dovrebbe raccogliere 346,7 miliardi di scellini, circa 2,3 miliardi di dollari, di entrate aggiuntive per il Paese e permetterebbe la ripresa economica di quest’ultimo con una crescita stimata al 5,5% per l’anno 2024/2025.
Tra le disposizioni più significative previste inizialmente nel Finance Bill possono essere citate: la previsione di un aumento della già esistente tassa imposta sul carburante, la Road Maintenance Levy, del 36%, un aumento del 16% della tassa sui trattamenti sanitari per il cancro, che, secondo l’UNFPA, sarebbe il terzo motivo di morte in Kenya, un’imposizione di un’IVA sempre del 16% sul pane e una nuova tassa annuale del 2,5% sulle automobili. Il disegno di legge propone anche l’introduzione di un’ecotassa sui prodotti considerati dannosi per l’ambiente – come plastica e pneumatici – e su altre tipologie di beni ritenuti necessari, come pannolini, computer e telefoni cellulari. Tra questi, anche gli assorbenti, di cui il costo era già aumentato nel 2022, provocando problemi gravi per l’autostima e l’istruzione di molte ragazze, costrette ad abbandonare la scuola per via dell’imbarazzo e del disagio procurato dall’impossibilità di prendersi cura della propria igiene mestruale. Altre tasse previste nel disegno originale includevano anche l'IVA al 16% su alcuni servizi finanziari e sulle transazioni in valuta estera, oltre che una tassazione dei redditi derivanti dalla gestione dei mercati digitali e dei contenuti digitali. Per via delle proteste, le misure più controverse del Finance Bill sono state riviste in Parlamento, eliminando la tassa sul pane, quella sui mezzi privati e sui servizi di trasferimento del denaro online. Ciò, però, non era l’obiettivo finale dei protestanti, i quali pretendono un annullamento assoluto del disegno di legge.
Infatti, considerando che in Kenya, il 10% della popolazione detiene oltre metà della ricchezza nazionale, mentre circa il 50% dei kenioti sopravvive con un dollaro al giorno, è evidente che anche la metà di queste tasse metterebbe in ginocchio la popolazione locale.
Le proteste sono cresciute così tanto da portare un generale caos nel Paese, al quale vi è stata un’immediata risposta repressiva e violenta da parte del Governo. Infatti, nonostante in Kenya, secondo gli artt. 33 e 37 della Costituzione, sia consentito il diritto ad esprimere la propria opinione e a manifestare in maniera pacifica, il Presidente William Ruto ha deciso di schierare le forze di polizia contro i manifestanti, rafforzate poi anche dall’apparato militare. Ciò ha innescato un processo di violenza statale, aumentata ancor più negli ultimi giorni dopo l’assalto, e la successiva occupazione momentanea, al Parlamento keniota da parte dei protestanti. Nel centro di Nairobi, dove i dissensi sono stati più forti, il dispiegamento delle forze armate e il loro correlato uso della forza, ha portato a un bilancio di 22 morti, circa 200 feriti e 200 arrestati. Come riportato da Amnesty Kenya, sembrerebbero esserci stati anche 21 rapimenti e sparizioni dei manifestanti da parte di agenti in uniforme, e anche questo rappresenterebbe una violazione dall'articolo 29 della Costituzione che garantisce il diritto alla libertà e alla sicurezza della persona. Il fuoco è stato aperto anche contro i volontari della Croce Rossa, il che costituisce un atto illegale in base al diritto umanitario internazionale, e contro personale medico che stava curando i feriti durante le proteste.
Ma anche in periferia la polizia ha usato un pugno di ferro: quest’ultima, stando a quanto riportato dal giornale nazionale keniota Nation, avrebbe usato 740 proiettili a salve, 18 proiettili veri e 958 bombolette di gas lacrimogeno contro gli abitanti di Githurai, località a nordovest di Nairobi, provocando, secondo quanto dichiarato dalla ONG Commissione Nazionale per i diritti umani del Kenya (KNHRC) almeno 30 morti e 100 feriti. Anche per gli abitati di Ongata Rongai, nella contea di Kajiado, 17 chilometri a sud di Nairobi, è stata utilizzata la stessa repressione da parte della polizia e per ora il numero di morti ammonterebbe a tre, anche se è un dato ancora in fase di verifica da parte delle ONG presenti sul territorio. La situazione sembrerebbe la stessa anche nelle altre località dove si sono accesi i dissensi.
Non sembrerebbe esser servito a niente il comunicato del Presidente William Ruto in cui dichiara di respingere integralmente il controverso disegno di legge finanziario: la sua opposizione, ai fini dell’approvazione della legge, è pressocché superflua, in quanto in Kenya per essere approvato un disegno di legge è necessaria esclusivamente che vi sia la maggioranza parlamentare.
La popolazione keniota non appare intenzionata a porre fine alle rivolte che sembrano aver inglobato un disagio più grande, quello proprio verso il loro Presidente, tanto che nelle strade ora si grida “Ruto must go”.
Si prevedono tempi difficili per il Presidente Ruto, in cui, da una parte, dovrà cercare di mantenere una stabilità politica e sociale all’interno del Paese, soprattutto se il Finance Bill dovesse davvero essere approvato, e dall’altra, sarà impegnato a trovare una soluzione alternativa per rimettere in sesto l’economia del Kenya.
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L'Autore
Ludovica Raiola
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