Acqua, Sicurezza e Conflitti: il Ruolo dell’Acqua nella Guerra Civile Siriana (2011)

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  13 January 2022
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Abstract

L’idea che fattori ambientali possano avere gravi ripercussioni sulla sicurezza di un paese, o di intere regioni, provocando disordini e instabilità, è ad oggi ampiamente accolta dalla comunità internazionale. Prendendo in esame la Siria, quest’analisi descrive come la principale sfida ambientale del paese sia legata alla scarsità d’acqua, ed evidenzia come le conseguenze di una problematica severa come la crisi idrica non possano essere ignorate nello studio delle radici e le dinamiche della guerra civile del 2011. Facendo riferimento ai dati raccolti dalla Water Conflict Chronology del Pacific Institute, l’analisi approfondisce come l’acqua abbia giocato un ruolo significativo nel conflitto siriano in quanto causa, strumento di guerra e vittima di violenza, al fine di rimarcare la necessità di prendere misure per combattere questa grave problematica per evitare che la crisi idrica possa avere ripercussioni su l'insicurezza e l’instabilità del paese anche in futuro.

A cura di: Margherita Camurri - Junior Researcher Area Politica, Mondo Internazionale GEO

Introduzione

Per comprendere le cause, le dinamiche e gli sviluppi di ogni scontro, guerra o conflitto è necessario esaminare a fondo l’interazione di una pluralità di aspetti apparentemente distinti, ma fortemente correlati tra loro. È infatti fondamentale annettere allo studio di fattori economici, politici e sociali, l’analisi di contesti militari, religiosi, ma anche ambientali. Per quanto riguarda questi ultimi, negli scorsi anni, la comunità internazionale ha posto una crescente attenzione sulla relazione tra ambiente e sicurezza, osservando come, in molteplici contesti, le crisi ambientali rischiano di provocare veri e propri episodi di violenza, inasprendo le tensioni tra diversi paesi e minacciando dunque la stabilità di intere regioni.

Prendendo in esame il Medio Oriente, oltre alle tradizionali fonti di tensioni, diverse questioni ambientali contribuiscono ad aggravare o ad alimentare conflitti in una regione già profondamente instabile. In particolare, la maggiore sfida ambientale che ha da sempre contraddistinto la regione è la scarsità d’acqua. Il Medio Oriente infatti continua ad essere classificato come il territorio più povero d’acqua al mondo, insieme al Nord Africa. In particolare, ad oggi, quasi due terzi della popolazione del Medio Oriente vive in aree prive di risorse idriche rinnovabili sufficienti e oltre il 60% vive in aree con un elevato stress idrico (Golmohammadi, 2021). Inoltre, negli ultimi anni, gli impatti del cambiamento climatico e il crescente consumo d’acqua dovuto all’aumento della popolazione hanno peggiorato considerevolmente lo stress idrico della regione, costringendo moltissime persone a migrare verso altri paesi. A complicare ulteriormente la situazione, le importanti risorse idriche transfrontaliere della regione, come i bacini fluviali del Tigri-Eufrate e del Giordano, non vengono gestite in modo efficiente e sono spesso soggette ad uno sfruttamento eccessivo e diseguale. In particolare, vi è una forte tendenza dalla maggior parte dei paesi del Medio Oriente ad attuare misure unilaterali come la costruzione di dighe volte a sostenere solo i propri interessi individuali, invece di cercare accordi multilaterali che consentirebbero una maggiore equità ed efficacia nella spartizione dell’oro blu. Per questo motivo, nel corso degli anni, le limitate risorse idriche della regione sono diventate una fonte di instabilità e tensioni.

In generale, dunque, la scarsità d’acqua che colpisce il Medio Oriente influisce negativamente sull’economia e sulla sicurezza alimentare ed idrica dei paesi dell’intera regione, provocando disordini e malcontento sociale che spesso si traducono in un aumento della violenza. In particolare, vi sono diversi modi in cui l’acqua può assumere un ruolo decisivo in un conflitto: le risorse idriche possono essere la causa dello scoppio della contesa, possono diventarne il bersaglio oppure essere usate come arma. Un esempio recente di un conflitto le cui dinamiche presentano complesse relazioni con l’acqua, sia nelle sue cause che nei sui sviluppi, è la guerra civile siriana, iniziata nel 2011.

Il contesto idrico siriano antecedente alla guerra

Come l’intera area del Medio Oriente, anche il territorio siriano è caratterizzato da una forte scarsità d’acqua, che lo rende uno dei paesi più aridi al mondo. In particolare, dagli inizi del ‘900, la popolazione siriana è stata colpita da sei periodi di siccità, dove il livello medio mensile di precipitazioni invernali è diminuito di circa un terzo. Sebbene queste siccità non si siano prolungate per più di una stagione, più recentemente, appena prima dello scoppio della guerra civile, il paese ha dovuto fare i conti con un periodo di siccità lungo quattro anni (dal 2006 al 2010), definito oggi come la più grave crisi idrica ad aver colpito la Siria in circa un secolo (PNAS, 2015). Oltre ai sempre più evidenti impatti del cambiamento climatico (temperature elevatissime e riduzione delle precipitazioni annue), un fattore che ha contribuito ad aggravare le conseguenze di questa siccità pluriennale è stata la rapida crescita demografica che ha visto la popolazione siriana passare da un totale di 3 milioni di persone nel 1950 a circa 22 milioni nel 2012. Ciò ha infatti causato un forte incremento del consumo idrico del paese, provocando una diminuzione della disponibilità d’acqua rinnovabile per capita da più 5500 m3, a circa 760 m3 nel 2012 (Gleick, 2014). Inoltre, a causa della scarsità d’acqua, tra il 2006 e il 2011, la quantità di raccolti e di bestiame è crollata drasticamente, privando circa due milioni di siriani del loro sostentamento alimentare di base e lasciando numerose persone senza lavoro. Questa situazione ha dato inizio ad un forte fenomeno migratorio interno al paese, che ha visto circa 1 milione e mezzo di agricoltori ed allevatori trasferirsi dalle campagne alle principali città.

Oltre alle drammatiche conseguenze provocate dalla siccità iniziata nel 2006, vi sono altri aspetti problematici riguardanti il contesto siriano che hanno contribuito ad accrescere l’insicurezza idrica della popolazione negli anni antecedenti alla guerra. Innanzitutto, è importante sottolineare che le risorse idriche più preziose della Siria provengono da bacini fluviali transfrontalieri (il Tigri e l’Eufrate, l’Oronte, il Yarmouk ed il Giordano), la cui gestione non è ancora regolata da efficaci accordi multilaterali che garantirebbero un’equa spartizione delle loro acque (FAO, 2008). Di conseguenza, nel corso degli anni, le misure unilaterali adottate al fine di massimizzare lo sfruttamento di questi bacini e la mancanza di norme volte a combattere il consumo eccessivo d’acqua, oltre ad alimentare tensioni ed instabilità nella regione, hanno diminuito il flusso delle risorse fluviali su cui la popolazione siriana può fare affidamento. Infine, un’altra problematica risiede nel fatto che le istituzioni siriane responsabili della gestione delle risorse idriche risultano deboli, molto centralizzate e non dispongono di strumenti adeguati ad adottare ed implementare misure decisive. Per questo motivo, i tentativi di riforma volti ad ottimizzare il consumo delle scarse risorse d’acqua sono stati per lo più fallimentari (FAO, 2008).

Il contesto idrico della Siria presenta dunque numerose criticità strutturali che sono state esasperate durante la siccità pluriennale iniziata nel 2006. Essendo l’acqua la risorsa più importante per la vita e per lo sviluppo della civiltà umana, le conseguenze di una problematica severa come la scarsità d’acqua non possono non essere esaminate quando si analizzano le radici e le dinamiche della guerra civile siriana.

Il ruolo dell’acqua nella guerra civile siriana

Per esaminare la connessione tra l’acqua ed il conflitto siriano iniziato nel 2011, quest’analisi farà per lo più riferimento alla Water Conflict Chronology, un database realizzato dal Pacific Institute che monitora e raccoglie in modo esaustivo tutti gli episodi di violenza legati alle risorse idriche, verificatisi in tutto il mondo a partire dal 3000 a.C. ad oggi. In particolare, il Pacific Institute classifica gli eventi del proprio database a seconda dell’uso e degli impatti che l’acqua ha avuto all’interno di ogni conflitto, identificando tre diverse categorie: causa, arma e vittima. Il primo caso comprende i contesti in cui delle controversie riguardanti risorse d’acqua scatenano o amplificano la violenza. L’acqua come arma di conflitto, invece, contrassegna tutti i casi in cui le risorse idriche vengono usate come vero e proprio strumento di violenza. L’ultima categoria infine indica le circostanze in cui le risorse idriche diventano vittime intenzionali o accidentali di un conflitto (Pacific Institute, 2019).

In merito al contesto siriano, dallo studio della Water Conflict Chronology emerge che, dal 2010 al 2019 si sono verificati 23 conflitti legati all’acqua, ricadenti in tutte le categorie sopra-citate, anche se la maggior parte di essi (18) sono registrati come casi in cui le risorse idriche sono diventate vittima del conflitto (Pacific Institute, 2019).

  • Acqua come causa

Il conflitto siriano ha diverse radici, che hanno a che fare con fattori di tipo politico, religioso ed economico, ma anche ambientale. Infatti, secondo diversi analisti, alcuni fattori legati all’acqua, tra cui la siccità pluriennale e l’incapacità del governo siriano di attuare riforme idriche efficienti, hanno contribuito ad alimentare l’instabilità e la violenza che hanno infine portato allo scoppio della guerra civile.

In particolare, come già precedentemente illustrato, le conseguenze del grave periodo di siccità iniziato nel 2006 hanno privato circa due milioni di siriani del loro sostentamento alimentare di base e hanno lasciato numerose persone senza lavoro. Oltre agli impatti della siccità e del cambiamento climatico, il contesto idrico siriano è stato aggravato ulteriormente dalla cattiva gestione delle risorse idriche del regime di Bashar al-Assad e dall’eccessivo sfruttamento del bacino Tigri-Eufrate da parte della Turchia. Secondo diverse valutazioni condotte dalla FAO, in questo contesto, la scarsità d’acqua non ha fatto che aumentare, portando la povertà e l’insicurezza alimentare del paese ad aggravarsi in modo drammatico negli anni antecedenti allo scoppio della guerra civile (FAO, 2012).

Questo contesto ha causato l’inizio di un forte fenomeno migratorio interno al paese, che ha visto circa 1 milione e mezzo di agricoltori ed allevatori trasferirsi dalle campagne alle principali città in cerca di un lavoro più produttivo. Già nel 2008, il rappresentante siriano della FAO Abdullah bin Yehia aveva espresso preoccupazioni riguardo agli impatti della siccità, osservando come il conseguente fenomeno migratorio potesse “agire come un moltiplicatore delle pressioni sociali ed economiche già in gioco e minare la stabilità in Siria” (Friedman, 2014). Effettivamente, questo avvertimento fu premonitore, poiché i primi disordini politici iniziarono a Dara’a, città che fu particolarmente colpita dalla siccità e che vide arrivare un numero altissimo di agricoltori in cerca di un’occupazione in seguito al fallimento dei propri raccolti. In generale, dunque, le mobilitazioni di dissenso che cominciarono a manifestarsi nelle principali città nel Nord della Siria furono, non univocamente, anche causate da fattori legati alle risorse idriche: dal malcontento delle comunità dipendenti dall’agricoltura e dall’incapacità del regime di adottare riforme per alleviare gli effetti della siccità (Saleeby, 2012). Infine, secondo diversi studi, il forte fenomeno migratorio interno ha contribuito ad inasprire le divergenze etniche e socio-politiche esistenti, arrivando ad alimentare l’estremismo militante. Infatti, le aree in cui la siccità ha indebolito il potere delle istituzioni sono presto diventate un luogo sicuro per i membri dello Stato islamico, che è cresciuto reclutando sempre più membri. Infatti, considerando le province più colpite dalla siccità (a nord-est della Siria), esse corrispondono ai territori su cui lo Stato islamico è riuscito a mantenere un controllo costante dall’inizio del conflitto (DuBois King, 2016).

  • Acqua come arma e vittima

Oltre ad aver alimentato le tensioni e dissenso politico che hanno poi causato lo scoppio della guerra civile, l’acqua è diventata allo stesso tempo un’arma ed un bersaglio fatale all’interno del conflitto siriano, provocando conseguenze catastrofiche anche per i civili.

Effettivamente, nell’ultimo decennio, l’uso delle risorse idriche come arma è diventata una pratica comune, impiegato da tutte le parti coinvolte nel conflitto. Sono stati registrati, infatti, un numero sempre maggiore di casi in cui i diversi attori coinvolti nella guerra civile hanno cercato di trarre vantaggio dalla vulnerabilità del paese dovuta alla scarsità d’acqua, utilizzando quest’ultima come strumento per colpire il nemico o dimostrare il proprio potere. Ciò è avvenuto principalmente tramite l’assalto, la distruzione o la contaminazione intenzionale di strutture idriche necessarie al sostentamento dei gruppi nemici e della popolazione locale (DuBois King, 2016). Dando uno sguardo per esempio ad alcuni degli eventi riportati dalla Water Conflict Chronology, già nei primi anni del conflitto, dei gruppi ribelli siriani privarono la capitale Damasco del 90% delle sue risorse idriche, interrompendo il flusso della sorgente di Ain al-Fijah, e minacciando di distruggerla completamente qualora le forze del governo entrassero nel loro territorio (Reznick, 2016). Nel 2014, invece, lo Stato islamico contaminò le riserve di acqua potabile di diversi governatorati siriani con del petrolio greggio. Infine, nel 2018, le forze turche riuscirono ad assicurarsi il controllo della diga di Afrin e di Maydanki, provocando disastrose interruzioni di rifornimento di acqua e di elettricità nelle comunità dipendenti da esse (Pacific Institute, 2019).

Tuttavia, è importante sottolineare che, in molteplici casi, gli attacchi alle strutture idriche sono avvenuti anche in modo accidentale, facendo delle risorse d’acqua siriane esclusivamente delle vittime della continua violenza in atto. Per esempio, già nel 2012, la principale condotta d’acqua che arriva ad Aleppo fu danneggiata a causa dei continui scontri, incrementando lo stress idrico degli abitanti della città. Inoltre, nel 2016, diversi attacchi causarono gravi danni alle stazioni di trasmissione di elettricità di Damasco, interrompendo il pompaggio d’acqua in gran parte della città (UNICEF, 2016). Più recentemente, nel 2019, la continua violenza nel nord-ovest del paese ha provocato il danneggiamento e, in alcuni casi, la distruzione di quasi 29 stazioni idriche, da cui dipendevano più di 600 mila persone (USAID, 2019).

Conclusioni

L’idea che fattori ambientali possano avere gravi ripercussioni sulla sicurezza di un paese o di intere regioni, provocando disordini e instabilità, è ad oggi ampiamente accolta dalla comunità internazionale. Prendendo in esame il Medio Oriente, quest’analisi ha evidenziato come la principale sfida ambientale della regione sia legata alla scarsità d’acqua, che nel corso degli anni non ha fatto che aumentare, a causa degli impatti del cambiamento climatico, della forte crescita demografica, dell’insufficiente cooperazione per lo sfruttamento delle risorse transfrontaliere e della cattiva gestione delle risorse idriche nazionali. La problematica della scarsità d’acqua non è da sottovalutare, poiché influisce negativamente sull’economia e sulla sicurezza alimentare ed idrica dei paesi, portando disordini e malcontento sociale che spesso si traducono in un aumento della violenza. Inoltre, in una regione profondamente segnata dalla siccità, l’oro blu, che secondo le Nazioni Unite è un “diritto umano universale e fondamentale”, diventa un oggetto di contesa ed uno spaventoso strumento di guerra, usato per indebolire il nemico, ma che spesso ha impatti drammatici anche sui civili. Da questo punto di vista, la guerra civile siriana del 2011 è un esempio di come le dinamiche di un conflitto possano presentare complesse relazioni con l’acqua, sia nelle sue cause che nei suoi sviluppi. Infatti, dal momento che il contesto idrico della Siria presenta numerose criticità strutturali che sono state esasperate durante la siccità pluriennale iniziata nel 2006, le conseguenze di una problematica severa come la scarsità d’acqua non devono essere ignorate nello studio delle radici e le dinamiche del conflitto. L’analisi ha dunque illustrato, grazie ai dati raccolti dalla Water Conflict Chronology, come l’acqua abbia giocato un ruolo significativo nel conflitto non solo in quanto causa delle tensioni che hanno provocato lo scoppio della guerra, ma anche strumento e vittima di violenza.

Per concludere, l'obiettivo della presente analisi era di illustrare la pluralità e la complessità degli impatti che la scarsità d’acqua può avere all’interno di un conflitto, al fine di evidenziare l’importanza di prendere misure per combattere questa grave problematica. Infatti, sebbene limitarsi a combattere l’insicurezza idrica della Siria non sia la soluzione alla drammatica guerra in atto, per il futuro è importante considerare che è impensabile arrivare ad una completa ripresa e stabilità del paese senza prima aver assicurato alla popolazione siriana un sufficiente ed equo accesso alla risorsa più importante per la vita e lo sviluppo della civiltà umana. L’attuazione di riforme idriche è dunque di notevole importanza, poiché qualora non si compisse alcuno sforzo per attenuare la scarsità d’acqua ed il conseguente stress idrico, non solo della Siria, ma dell’intero Medio Oriente, è probabile che questa problematica continui ad alimentare l’insicurezza e l’instabilità della regione anche in futuro.


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Saggistica

  • DuBois King (2016). “The Weaponization of Water in Syria and Iraq”, The Washington Quarterly, 38(4), 153–169. (C-2)

Sitografia



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