Il rallentamento dell'economia cinese: cause e implicazioni.

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  18 January 2024
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Il rallentamento dell'economia cinese: cause e implicazioni.

A cura di Sara Galetta – Junior Researcher MI G.E.O. Economia

Abstract

La crescita dell’economia cinese negli ultimi quattro decenni è stato uno dei più grandi eventi di trasformazione avvenuti su scala globale negli ultimi secoli. Dal 1978, anno in cui il paese si è aperto agli scambi commerciali e alla globalizzazione, l’economia si è trasformata radicalmente da una forma agraria ad una dominata dal settore industriale e dal settore dei servizi. Ciò ha portato la Cina a diventare una nazione con uno dei migliori commerci internazionali.

Tuttavia, recentemente il “miracolo della crescita” ha iniziato a mostrare segni di debolezza. Ancora prima dell’emergenza pandemica del Coronavirus, il quale ha comportato chiusure forzate e l’arresto di gran parte delle economie mondiali, il paese si era imbarcato in una fase di stallo nella crescita economica, insieme ad una situazione demografica sfavorevole, un rallentamento considerevole del settore immobiliare e il ritorno ad un ruolo più centralizzato dello stato, con una politica economica guidata da quest’ultimo. Questa centralizzazione del potere ha causato un peggioramento delle relazioni con i partner occidentali della Cina che minaccia ulteriormente le prospettive di crescita del Paese (Fang, 2023).

La grande crescita economica della Cina dal 1978.

In meno di quattro decenni, la Cina è passata da essere uno dei paesi più poveri al mondo, a raggiungere livelli di reddito medio-alti, con un PIL pro-capite attuale di 12.720 dollari. Questa crescita è stata molto sorprendente, considerando la grandezza della popolazione del paese.

Il passaggio da un reddito medio-basso a medio-alto è avvenuto in particolare nel periodo tra il 2001 e il 2010. La notevole crescita si può osservare nel seguente grafico.

Figura 1-Crescita del PIL pro-capite in Cina dal 1978 al 2022. Source: World Bank.
Figura 1-Crescita del PIL pro-capite in Cina dal 1978 al 2022. Source: World Bank.

Comparando il PIL pro-capite reale della Cina a quello degli Stati Uniti a parità di potere d’acquisto, la prima è cresciuta dal 4,1% nel 1990 al 28,4% rispetto al livello degli Stati Uniti nel 2022.

Il miracolo economico cinese è stato il risultato dell’adozione da parte del Paese di riforme di politica estera orientate verso i mercati internazionali e alla globalizzazione.

L’apertura ai rapporti commerciali internazionali è stata favorita e appoggiata dall’instaurazione di relazioni diplomatiche formali con gli Stati Uniti a partire dal 1978. Contemporaneamente, una serie di riforme interne introdotte nel paese ha permesso ulteriormente l’aumento del commercio internazionale e cambiamenti orientati al mercato.

Queste condizioni favorevoli hanno portato l’adesione della Cina all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) nel 2001, impegnando ancora di più il Paese nella liberalizzazione del mercato e nell’integrazione nell’economia globale.

Tra il 1990 e il 2007 la produttività cinese è cresciuta ad un tasso medio del 4,5% all’anno. I periodi di maggiore crescita di quest’ultima hanno coinciso con la rapida crescita delle cosiddette “town and village enterprises” (aziende designate ad operare nella campagna o in città di piccola o media grandezza) nel 1980, con la riforma delle imprese statali a metà degli anni ’90 e con l’esplosione del commercio estero cinese e degli investimenti esteri dopo l’ingresso della Cina nell’OMC nel 2001 (Fang, 2023).

I fattori del rallentamento dell’economia cinese.

1. Crescita del Pil inferiore alle aspettative

Figura 2-Crescita annuale del PIL reale cinese, dal 1979 al 2018. Source: IMF, World Economic Outlook Database.

Come si può osservare dal grafico 2, dal 2007 l’economia cinese ha subito un calo. Infatti, a partire dall’anno considerato, la crescita della produttività cinese si è bloccata per circa 1% ogni anno. Questo andamento può essere ricondotto in primis alla crisi finanziaria del 2007-2009, la quale scosse profondamente la fiducia della Cina nel sistema finanziario occidentale, ed è stato il fattore che probabilmente ha portato alla rinascita delle imprese statali. Diverse ricerche hanno sottolineato che la politica industriale cinese a partire da questi anni, sempre più prescrittiva, non ha aiutato a promuovere la produttività; infatti, i vari sussidi pubblici non hanno portato progressi, bensì hanno reso sempre più difficile attrarre investimenti stranieri da parte delle imprese cinesi (Hannam, 2023).

Nel 2023 l’economia cinese ha registrato un’espansione del 6,3%, dati che farebbero pensare ad un andamento positivo. Tuttavia, la crescita registrata è stata al di sotto delle aspettative, in quanto gli economisti avevano previsto un’accelerazione della crescita al 7,3%. La discrepanza di un punto di percentuale è dovuta molto probabilmente alla domanda di esportazioni, che è rimasta “tiepida”, e al crollo dei prezzi degli immobili, andando ad intaccare la fiducia dei consumatori.

Tra aprile e giugno 2023 la seconda economia del mondo ha raggiunto solo lo 0,8% rispetto ai tre mesi precedenti. Paragonandoli ai dati del 2022, quando le più grandi città cinesi erano chiuse per il Covid con effetti pesanti sulla produzione industriale, servizi e consumi, in cui la Cina era quasi in stagnazione (+0,4%), ci si aspettava che nell’anno successivo la crescita sarebbe stata di gran lunga maggiore vista la riapertura totale del paese e dell’economia.

Tra le principali cause che hanno portato al calo del PIL, vi è sicuramente la diminuzione delle esportazioni, che a giugno 2023 sono scese del 12,4% rispetto a giugno 2022. Questo calo continuo desta preoccupazione sul futuro della Cina, visto che non si è ancora riusciti a trovare un equilibrio tra l’eccesso delle sue capacità produttive e i consumi interni (Santevecchi, 2023).

Inoltre, la disoccupazione giovanile ha raggiunto un nuovo record negativo: 21,3%. Nonostante il governo abbia puntato il dito contro i milioni di giovani che non coglierebbero le occasioni per lavorare, le condizioni lavorative in Cina disincentivano i giovani cinesi a cercare occupazione: spesso 70 ore di impiego settimanale vengono retribuite circa 400 euro al mese.

Secondo diversi economisti internazionali, una volta chiusa la politica “Covid-Zero”, la classe dirigente cinese avrebbe dovuto rilanciare l’economia del paese attraverso misure massicce. Ma ciò è stato ulteriormente difficile anche a causa del grande indebitamento che la Cina sta attraversando.

2. Il settore immobiliare in crisi

Un secondo fattore che desta particolare preoccupazione è la situazione del settore immobiliare cinese, tra i maggiori elementi trainanti dell'economia, che sta affrontando una fase critica. La bolla immobiliare, alimentata da un'eccessiva speculazione e indebitamento, ha portato a una diminuzione degli investimenti e sta avendo impatti sull'intera catena di produzione e distribuzione.

Il fallimento di Evergrade nel 2021, l’impresa immobiliare cinese tra le più indebitate al mondo, ha inaugurato una nuova fase per il settore immobiliare cinese. Questo evento ha incarnato le turbolenze di un settore che rappresenta circa un quarto dell’attività economica cinese, ed è la componente più importante per la ricchezza dei nuclei familiari. Ciò è stato dimostrato dal calo del 5% dei prezzi degli immobili tra il terzo trimestre del 2021 e il primo trimestre del 2023.

Gli sviluppatori immobiliari hanno faticato e tutt’ora faticano a riprendersi da questa ampia mancanza di fiducia nel settore (Li, 2023).

È comprensibile la perdita di fiducia in questo settore, soprattutto da parte di quelle famiglie che vedono spazzata via la loro ricchezza a causa dei crolli dei mercati immobiliari e azionari. In situazioni del genere, bisogna ripensare alle proprie priorità monetarie, ritirando degli investimenti o vendendo attività per avere maggiore liquidità.

La causa della crisi di questo settore risiede nello sviluppo alimentato dal debito, dalla mancanza di alternative di investimento per le famiglie in un’economia di mercato socialista, e da una rete di sicurezza sociale molto sottile; questi fattori si sono combinati e hanno iniziato a creare una bolla immobiliare già prima del 2020.

Tuttavia, la situazione non sembra migliorare, in quanto si prevede che il valore del settore abitativo potrebbe ridursi fino al 16% del PIL cinese entro il 2026, rispetto all’attuale 20%. Ciò metterebbe in rischio circa 5 milioni di persone, accrescendo il rischio di disoccupazione e riducendo il reddito (Bloomberg, 2023).

3. Il problema demografico

Ad aprile 2023 l’India ha superato la Cina in termini di popolazione, un risultato molto importante per l’India stessa, considerando che la Cina è stata per secoli il paese più popoloso.

Il problema non è solo attuale, bensì studi e ricerche dimostrano che la popolazione cinese è destinata a diminuire sempre più rapidamente nei prossimi decenni. I cinesi, infatti, stanno scegliendo di fare sempre meno figli, una situazione del tutto opposta a quando venne introdotta la “politica del figlio unico”. Il tasso di natalità è sceso dal 2021 al 2022, dal 7,52 al 6,77 per ogni 1000 persone. Inoltre, l’invecchiamento della popolazione sta causando la diminuzione della popolazione in età lavorativa, scesa dello 0,5% tra il 2021 e il 2022.

Si prevede che la popolazione cinese diminuirà al di sotto del miliardo nel 2080, e sotto gli 800 milioni per il 2100 (O’ Hanlon, 2023).

Figura 3-Popolazione totale cinese dal 1950 al 2100. Fonte: World Population Prospects

Una conseguenza diretta del calo demografico è la perdita di capitale umano. Ciò significa avere meno imprenditori, innovatori e lavoratori qualificati per stimolare la crescita economica. La carenza di lavoratori giovani potrebbe rendere difficile per le imprese trovare la manodopera necessaria a soddisfare la domanda. Questa contrazione della forza lavoro andrebbe a colpire maggiormente quelle aziende che si basano maggiormente sul lavoro fisico, come le industrie manifatturiere. Questo calo potrebbe portare anche ad un aumento del costo del lavoro, rendendo più difficile per le aziende cinesi la competizione sul mercato globale.

Inoltre, il calo demografico potrebbe determinare una contrazione del mercato, con un numero inferiore di clienti, andando ad avere un impatto diretto sulle dimensioni dello stesso. Insieme ad esso si potrebbe verificare una discesa della domanda di beni e servizi, dannoso per la crescita delle imprese del Paese. Perdipiù, l’invecchiamento della società potrebbe comportare una diminuzione della spesa dei consumatori, in quanto gli anziani generalmente sono meno propensi a spendere denaro rispetto ai giovani.

4. Tensioni Commerciali Internazionali

Vista l’apertura dell’economia cinese al commercio internazionale dalla fine degli anni Settanta, anche le crescenti tensioni commerciali con gli Stati Uniti e altri paesi hanno contribuito all'incertezza economica. Le dispute commerciali e le restrizioni tariffarie hanno influito negativamente sulle esportazioni cinesi, portando a un rallentamento delle attività manifatturiere. Ciò ha portato la leadership cinese a orientarsi verso un processo decisionale più centralizzato e ha rallentato l’attuazione del programma di riforme orientate al mercato.

Dal 1978 al 2008, gli Stati Uniti e la Cina hanno avuto rapporti “amichevoli” tra di loro. Le sporadiche situazioni di tensione son state gestite diplomaticamente, senza danneggiare le relazioni bilaterali a lungo termine. Oggi, invece, le relazioni tra Stati Uniti e Cina sono arrivate al punto più basso degli ultimi 40 anni, a partire dal “Pivot to Asia” del presidente Obama nel 201, intensificandosi con la retorica anticinese del presidente Trump e la guerra commerciale iniziata nel 2018.

Gli Stati Uniti hanno istituto una serie di restrizioni sia sugli investimenti in uscita dalle imprese cinesi, sia sui flussi di capitale in entrata dalla Cina per proteggersi dal furto di proprietà intellettuale da parte di quest’ultima.

Tra le interruzioni causate della pandemia e le crescenti tensioni, il totale degli investimenti esteri diretti esteri bilaterali è sceso a 15,9 miliardi di dollari nel 2020. Perdipiù queste restrizioni, insieme all’embargo degli Stati Uniti sui beni tecnologici chiave come i semiconduttori e i processi per smartphone, hanno ostacolato ulteriormente la crescita delle imprese cinesi, in particolare dell’azienda “Huawei” (Fang, 2023).

La base di queste tensioni tra le due maggiori potenze mondiali è la presenza di un ordine internazionale quasi bilaterale, in cui il comando è tenuto dagli Stati Uniti da una parte e dalla Cina dall’altra. Con l’ascesa della Cina come attore egemonico internazionale e la possibilità di contendere il primato tecnologico agli USA, quest’ultimo ha preso la decisione di avviare un processo di allontanamento da essa.

La situazione con l’Unione Europea è leggermente diversa, ma rimane tuttavia complessa. Dopo il ventiquattresimo vertice presieduto a Pechino da Ursula von der Leyen, Charles Michel e Li Qianq il 7 dicembre 2023, la presidente della Commissione Europea ha ribadito la complessità delle relazioni bilaterali tra Unione Europea e Cina, a causa dell’attuale panorama internazionale.

Nel confronto con la leadership cinese, ci si è concentrati sui gravi squilibri che contraddistinguono le relazioni commerciali, ormai ritenuti “insostenibili” da Bruxelles. Il deficit commerciale è particolarmente alto, a causa delle difficoltà per le potenze europee di accedere al mercato cinese, visto il trattamento preferenziale della Cina verso le proprie imprese e la sovrapproduzione a livello nazionale, che generano “ripercussioni anche sui mercati esteri”.

Durante questo vertice la presidente Von der Leyen ha ribadito l’importanza del “de-risking”, ovvero la diminuzione della dipendenza dell’Occidente dall’economica cinese, un aspetto che non entusiasma la Cina.

Implicazioni Globali

Nonostante le preoccupazioni per l’andamento dell’economia cinese siano rilevanti, è difficile fare delle previsioni sulle implicazioni globali.

La decrescita economia di cui si è parlato fino ad ora, sembra essere ancora lontana in termini di effetti economici in larga portata. Sebbene il calo del GDP faccia preoccupare, ciò non sembra poter essere in grado di comportare “effetti distruttivi” sull’economia mondiale.

Tuttavia, non si può dire che l’andamento non del tutto positivo non stia causando qualche preoccupazione tra alcuni economisti e leader mondiali. Lo stesso presidente Joe Biden ha definito che i problemi economici cinesi potrebbero diventare una “bomba a orologeria” (Bloomberg, 2023).

Un rallentamento prolungato dell’economia cinese potrebbe danneggiare piuttosto che aiutare il resto del mondo. Un’analisi del Fondo Monetario Internazionale fa capire quale sia la posta in gioco: quando il tasso di crescita della Cina aumenta di un punto percentuale, l’espansione globale aumenta di circa 0,3 punti percentuali.

Sono molteplici le ripercussioni che il rallentamento dell’economia cinese potrebbe avere sulle econome e sui mercati finanziari.

1. Crollo del commercio

Molti Paesi, soprattutto quelli asiatici, considerano la Cina come il loro principale mercato di esportazione.

Considerando che negli ultimi 9 mesi il valore delle importazioni cinesi è sceso, ciò non è rassicurante per queste economie. Il valore delle importazioni dall’Africa, dall’Asia e dall’America del Nord ha subito, appunto, un calo nel mese di luglio 2023 rispetto allo stesso mese nell’anno precedente.

L’Africa e l’Asia sono stati i più colpiti, subendo un calo del valore delle importazioni del 14% nei primi mesi del 2023.

2. La preoccupazione della deflazione

I prezzi della produzione cinese si sono contratti negli ultimi 10 mesi; ciò significa che il costo delle merci esportate sta diminuendo. Questa notizia dovrebbe essere gradita da quei paesi che sono ancora alle prese con un’inflazione elevata.

Il prezzo delle merci cinesi esportati negli Stati Uniti è sceso ogni mese del 2023. Secondo gli economisti di “Wells Fargo & Co.”, questo andamento potrebbe ridurre l’inflazione degli Stati Uniti di 0,7 punti percentuali nel 2025, portandola all’1,4% (Bloomberg, 2023).

3. La lenta ripresa del turismo

I consumatori cinesi, dopo la pandemia e lo smantellamento delle restrizioni imposte dal governo, non sono tornati a viaggiare agli stessi ritmi di qualche anno fa. La pandemia e la debolezza dell’economia cinese hanno frenato i redditi cinesi, mentre il crollo del mercato immobiliare fa sì che i proprietari delle case si sentano meno ricchi rispetto a prima.

4. L’impatto valutario

I problemi economici cinesi hanno fatto scendere la valuta oltre il 5% rispetto al dollaro nel 2023, e lo yuan ha sfiorato la soglia di 7,3 ad agosto.

Secondo “Barclays Banl Plc”, la debolezza dello yuan potrebbe pesare su altre valute, come il dollaro di Singapore, il baht thailandese e il peso messicano. Inoltre, la debolezza del settore edile potrebbe far soffrire le valute delle economie legate alle materie prime, come il peso cileno e il rand sudafricano.

5. Il calo di interesse verso le obbligazioni

I tagli d’interesse effettuati dalla Cina nel corso del 2023, hanno ridotto l’attrattiva delle sue obbligazioni per gli investitori stranieri, i quali hanno ridotto la loro esposizione al mercato e cercano alternative nel resto della regione.

Secondo i calcoli di Bloomberg, la quota di titoli cinesi detenuti all’estero è la più basse del mercato totale dal 2019.

Conclusioni

Il miracolo della crescita cinese è stato determinato da riforme orientate al mercato e dall'apertura al mondo di un'economia precedentemente chiusa. Oggi la Cina si trova ad affrontare importanti problemi strutturali, come il rallentamento della crescita della produttività e l'invecchiamento della popolazione, che minacciano le prospettive di crescita future, al di là della ripresa dagli shock indotti dalla pandemia e dalla grave contrazione del settore edilizio. Tuttavia, questi problemi strutturali potrebbero essere affrontati in modo più efficace con riforme più profonde del mercato. Tuttavia, la possibilità che la Cina riesca a realizzare questo potenziale di crescita dipenderà in larga misura da come i leader gestiranno la sua politica economica interna - in particolare se lo Stato continuerà a svolgere un ruolo importante nel processo decisionale economico - e dal rapporto tra la Cina e l'Occidente guidato dagli Stati Uniti, che determinerà l'accesso della Cina alla tecnologia, alle finanze e ai mercati stranieri. Se i leader continueranno ad abbandonare le riforme orientate al mercato a favore di un processo decisionale centralizzato, di un'allocazione delle risorse pianificata dall'alto verso il basso e dell'emarginazione delle imprese private, la produttività e la crescita economica potrebbero deteriorarsi ulteriormente. Da questo non solo la Cina, ma il mondo intero ne risentirebbe.

Le attuali ripercussioni del rallentamento dell’economia cinese, sebbene inizino a preoccupare diversi leader, sono ancora circoscritte e non rappresentano minacce imminenti. Certo è che se l’economia cinese dovesse continuare questo andamento di decrescita, l’intera economia mondiale potrebbe risentirne maggiormente e gli effetti potrebbero essere critici.

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